𝐞𝐢𝐠𝐡𝐭

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La prima cosa di cui si accorse non appena aprì gli occhi fu di non riuscire a mettere a fuoco e di avere un mal di testa invalidante. Vide il soffitto come prima cosa e si rese conto di non essere a casa sua.


Si stropicciò gli occhi confusa, assonnata e stordita. Ricordava poco della sera prima e se si sforzava di ricordare vedeva solo piccoli frammenti confusi. Ricordava di essere stata fuori dal cancello, ricordava il sapore dello Jager che le scendeva in gola, ricordava le narici che bruciavano, e poi più nulla.

Si guardò intorno e si accorse di essere sicuramente a Figue Eight. La prima ipotesi che le balenò in mente fu di trovarsi a casa si Kiara, ma era sicura non avessero una dependance nel giardino.

Cercò di muovere il braccio ma un dolore pungente la colpì nell'interno del gomito. Quando pose il suo sguardo sul suo braccio, notò un ago collegato ad una flebo e gettò di nuovo la testa sul cuscino chiedendosi se fosse andata in coma etilico o in overdose.

Tuttavia qualcosa non le tornava, nell'aria sentiva ci fosse qualcosa che non andava. Si mise a sedere e si tolse la flebo con delicatezza per poi alzarsi. Notò come le finestre fossero sbarrate da delle grate esterne che non sarebbero potute essere aperte con nessuna chiave in quanto mancasse una serratura.

Si guardò intorno e vide un borsone strapieno di suoi vestiti ed effetti personali posto in un angolo della stanza e il panico iniziò a farsi sentire. Di corsa aprì la porta ed uscì dalla stanza per ritrovarsi in un breve corridoio che sfociava in un salone.

Rafe, che l'aveva sentita uscire dalla stanza, la aspettava seduto sul divano con un braccio a penzoloni dal bracciolo e l'altro appoggiato sulla coscia. Vanya lo notò subito e, quando lo fece, rallentò il passo per lo stupore e la confusione. Svoltò l'angolo e si ritrovò di fianco al divano.

«Come ti senti?» Le chiese con tono pacato.
«Dove cazzo siamo? Perché ci sono i miei vestiti in camera? Come sono finita qua? Che è successo ier-»
«Rallenta, rallenta, sennò ti esploderà il cervello»
«Rafe, spiegami» Ordinò lei imperativa.
Rafe si alzò dal divano ed iniziò a parlare «Overdose da cocaina, in più ci hai bevuto sopra, quindi hai peggiorato la situazione. Non pensavamo neanche ti svegliassi oggi. Sei svenuta mentre ti portavo a casa, ci ha pensato lei a te e io sono andato a prendere le tue cose a casa tua»
«Pensavamo? Lei?»
«Io e Rose»
«Ma che cazzo-? Stiamo a casa tua?»
«Nella depandance, e resterai qua per ancora un po'»
Vanya alzò le sopracciglia ed iniziò a ridacchiare nervosamente «No, non hai capito, io ora prendo le mie cose e torno a casa»
«Non penso proprio, V, no»
«Vogliamo scommettere?!» Sbottò lei camminando a grandi falcate verso la camera.

Afferrò il borsone, se lo mise in spalla, e si diresse verso la porta della depandance convinta di riuscire ad aprire la grata, ma questa non si mosse di un centimetro. Rimase a provarci per un minuto intero, la spinse, la prese a calci, sotto lo sguardo rassegnato di Rafe, che giocava con le chiavi nella tasca.

«Apri questa cazzo di porta!» Ordinò sbattendo un piede per terra.
«No, non lo farò»
«Rafe...» Esordì lei gettando il borsone a terra e mettendosi faccia a faccia con lui «Apri questa cazzo di porta» Ripeté scendendo ogni singola parola.
«No, resterai qui dentro fin quando non ti sarai disintossicata»
Vanya gli scoppiò a ridere in faccia «Ma senti da che pulpito parte la predica!» Esclamò per poi tornare seria «Apri quella cazzo di porta, Rafe»
«No»
Lo sguardo di Vanya saettò dal suo viso alla mano nella sua tasca «Che hai in tasca?»

Cercò di afferrargli il polso per tirarlo fuori dalla tasca ma Rafe si oppose e non riuscì a smuoverlo di un millimetro.

«Fammi vedere che hai in tasca!» Insistette ai limiti dell'isteria.
«Ho le chiavi»
«Pezzo di merda, dammele»
«No»
«RAFE, DAMMI LE CHIAVI» Urlò per poi cercare di nuovo di prenderle.

Lui di nuovo si oppose e Vanya iniziò a prenderlo a pugni sul petto e a piangere, per poi cadere sulle ginocchia con le lacrime che le rigavano le guance.

«Apri la porta, Rafe, per favore»
«Vanya, ti rendi conto di come ti stai comportando?» Le chiese lui con lo stesso tono calmo che non aveva perso.
«NON ME NE FREGA UN CAZZO, APRI LA PORTA E FAMMI USCIRE» Sbraitò con così tanta violenza che la sua voce gracchiò.
«No»

Un lamento abbandonò le sue labbra e si incurvò chiudendosi seduta in posizione fetale con le braccia portate al petto mentre continuava a piangere più rumorosamente di prima.

«Uscirai quando sarò sicuro che ne sarai fuori»
«Chi sei tu... per dirmi cosa fare?» Domandò Vanya con voce tetra.
«Nessuno, ma so cosa è meglio per te»
«NON SEI NESSUNO PER DECIDERE»
«Urla quanto vuoi, non ti aprirà nessuno e non lo farò neanche io»
«Tu pensi che se mi mettessi a sbraitare Rose o Ward o Sarah non mi aprirebbero?» Lo provocò lei guardandolo negli occhi.
«No, perché ho detto a tutti di non farlo»
«Chiamo John B, ci metto un secondo» Disse lei per poi correre a cercare il telefono nel borsone.

Rovistò tra i vestiti per un po' e non trovò nulla, ma si voltò con sguardo assassino e vide Rafe sorreggere il suo telefono.

«No, no, NO!»
«Sì, invece, pensi che sono stupido?»
«Ridammi quel cazzo di telefono»
Rafe scosse la testa «Quando sarò sicuro che il peggio sarà passato lo farò, intanto hai la Playstation, la TV e i libri con cui passare il tempo»
«FOTTITI»
«Va bene...»

Vanya riprese a piangere, iniziando ad accettare di aver perso di nuovo. Rafe, per quanto gli piangesse il cuore nel vederla in quelle condizioni, sapeva di star facendo la cosa giusta. Voleva solo aiutarla, ma sapeva di doverlo fare in modo drastico.

«Io devo andare a giocare a golf, torno più tardi» Le disse «Distraiti, gioca, leggi, guarda la TV, disegna, impegna il tuo tempo facendo qualcosa sennò potresti impazzire»

Si fidò di lei e aprì la grata con le chiavi senza troppe precauzioni e, quando si rese conto che Vanya non aveva reagito, uscì e se la richiuse alle spalle. Rimase a guardarla per qualche secondo prima di andarsene e si augurò di star facendo la cosa giusta.

Vanya rimase da sola, pianse ancora un po', riesaminando e rivivendo ciò che era successo, chiedendosi come avesse fatto ad arrivare ad un punto così basso nella sua vita. Sapeva che Rafe lo stesse facendo solo per il suo bene, ma era proprio questo a spaventarla.

𝐡𝐚𝐮𝐧𝐭𝐞𝐝 | rafe cameronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora