capitolo 7

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«Incredibile! Incredibile!» la madre di Alessia è furibonda. Frena davanti alla scuola: «Adesso vai dentro o devo accompagnarti oltre il portone?» le chiede, aggressiva.

«Vado, vado. Tu torna al lavoro» risponde mogia Alessia.

«Ovviamente non credere di passarla liscia. Stasera discuteremo della faccenda. E dovrai spiegarmi ben bene. E dopo scuola guai se non ti trovo a casa, hai capito? Ti faccio una telefonata con il fisso»

«Stai tranquilla mamma. Vado a casa subito e ci resto»

Mentre scende, Alessia pensa: "È finita. Prima ero libera, adesso mi controllerà perfino quando respiro."

Si gira a salutare sua madre che la guarda corrucciata attraverso il parabrezza poi entra mestamente a scuola.

«D'altra parte me la sono voluta. Non dovevo fare quello che mi ha proposto Renata, quella stupida. Lo dovevo sapere che tutte le sue pensate finiscono sempre malissimo.»

Entra in classe e presenta la giustificazione – quella vera – e poi comincia una mattina che diventa sempre più angosciante a mano a mano che si avvicina l'ora di tornare a casa.

Il pomeriggio? Sarà ancora più angosciante perché si tratterà di aspettare la sera, quando arriverà sua madre. E lì saranno dolori.

Che cosa le dirà per giustificarsi di avere tagliato da scuola?

«Mi dispiace devo seguire gli stupidi sogni infantili di una mia amica e così non sono andata a scuola per vedere un ragazzo che non conosco»

Non sarà facile spiegare la situazione.

Meno male che davanti al Preside quel tipo, Mark, l'ha veramente aiutata.

«No, non è uno stronzo come pensavo» dice Alessia fra sé e sé mentre al di fuori di lei le ore vanno a lumaca in una noia mortale.

Poteva ancora andare peggio: all'inizio quel deficiente di preside – un barilotto alto un metro e mezzo che avrà pesato cento chili – l'aveva messa sul drammatico.

«Dovrò avvisare la sua scuola» aveva detto dandole del lei «E una sospensione non gliela leverà nessuno» poi aveva rincarato la dose: «E per essersi introdotta dolosamente in questo edificio, essendo sprovvista di qualsiasi tutela come assicurazioni ecc. dovrò anche infliggerle una multa. I suoi genitori non saranno contenti.»

A questo punto Renata era scoppiata in pianto: «Non è colpa sua, sono stata io a costringerla a venire»

Dora, che si era seduta sulla sedia a gambe incrociate, mantenendo un insopportabile atteggiamento da vamp, aveva alzato gli occhi al cielo: «Fatela smettere o mi verrà una crisi di nervi» aveva buttato lì con livore.

«Mi dispiace signorina... come si chiama...» disse il Preside senza alzare gli occhi da una serie di moduli che stava prendendo da un cassetto.

«Parenti. Renata Parenti.» singhiozzò quella.

«Sì, dicevo signorina Parenti la sua amica non doveva ascoltarla. È grande a sufficienza per evitare di commettere infrazioni come quella che ha fatto.»

Renata si era di nuovo messa a ululare. Dora aveva fatto un gesto di rabbia repressa mentre Alessia era rimasta senza dire una sola parola, mortalmente pallida, ben dritta davanti alla scrivania.

A questo punto Mark l'aveva squadrata, poi aveva sorriso e si era rivolto al preside: «Scusi, preside posso dire una cosa?»

«Lei è il testimone no? Come si chiama...» fece il Preside rivolgendosi all'insegnante corpulenta che era rimasta lì con loro.

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