In Seattle

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"Ecco a lei il compito" dissi al signor Andrew, impegnato a correggere qualche verifica di fine semestre.

"Grazie signorina Brawn,faccia buone vacanze" replicò cordialmente.

Il primo semestre qui alla Yale era terminato, ora non mi restava altro che recarmi in aeroporto per raggiungere mio padre a Seattle. Sistemai le ultime cose in valigia e la chiusi iniziando a vestirmi in fretta dato che l'aereo era previsto tra esattamente un'ora.
Gli studenti della Yale erano tutti indaffarati, chi doveva partire, chi doveva recuperare alcuni esami o addirittura c'era chi restava al campus a studiare per puro piacere e divertimento.
Anticipare gli esami non era una cattiva idea ma di certo non lo avrei fatto durante la festività che amo.
I ragazzi erano partiti tutti insieme in Florida dove viveva Chad, io li avrei raggiunti più tardi. Justin ha deciso di venire con me, almeno avrebbe reso questa vacanza più bella.

Il vento freddo di New York soffiò leggermente sul mio viso appena uscii dal campus trasportandomi dietro le valigie. Aspettai con ansia l'arrivo di Justin, nel frattempo mi diressi verso la caffetteria per comprarmi un caffè. Mi avvolsi nella mia giacca,tirando fuori dalla borsa una sciarpa dato che sentivo più freddo del previsto.
Sorseggiai il mio caffè picchiettando con i miei stivali i sassolini presenti per terra, non avendo niente da fare.

Quando due braccia mi avvolsero da dietro capì che Justin era arrivato. Entrai in contatto col suo calore e mi sentii all'improvviso bene. Mi lasciai cullare dal suo profumo mentre mi lasciava delicati baci sul collo. Sentivo il bisogno di approfondire il bacio che mi stava dando ma mi trattenni dato che rischiavamo di perdere l'aereo.

"Un aereo ci aspetta" dissi allontanandolo da me prima che andassimo oltre un semplice bacio.

Il mio cuore stava perdendo mille battiti dall'eccitazione ed era tutta colpa del ragazzo dagli occhi color miele che avevo affianco a me in questo momento. Sorrise mettendo in risalto i suoi bianchissimi denti iniziando a prendere le valigie aiutando il taxista a metterle nel portabagagli dell'auto.

"È il nostro primo viaggio insieme" disse una volta saliti in macchina. Si avvicinò a me azzerando le distanze per poi sussurrarmi un "sarà divertente" all'orecchio. Se continuava così non avrei resistito a lungo dal saltargli addosso, la doveva seriamente smettere di provocarmi.

Le sensazioni che provavo erano innumerevoli, felicità nel stare vicino alla persona che amo, ansia perché non sapevo come sarebbe andata il mio breve soggiorno a Seattle.
Avrei conosciuto la nuova famiglia di mio padre e non sapevo come mi sarei sentita al riguardo, sicuramente non sarei stata felice. Detestavo tutto questo, sarebbe stato fantastico passare una settimana da sola con Justin. Ci saremmo divertiti molto di più che con mio padre.
In tutto questo provavo fastidio, rabbia e gelosia e proprio non riuscivo a essere felice per mio padre.

"Piccola a cosa pensi?" chiese Justin allacciandosi la cintura di sicurezza. L'aereo sarebbe decollato tra pochi minuti.

"A niente" tagliai corto.

"Odio quando non mi dici le cose" ribatté appoggiando la sua testa sulla mia spalla.

"Odio andare da mio padre" dissi irritata.

"Andrà tutto bene,ci sono io con te" mormorò rassicurandomi.

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A Seattle faceva sicuramente meno freddo rispetto a New York. Eravamo stanchi morti dal viaggio. Le strade erano affollate di persone che dovevano andare a lavorare, tutti vestiti rigorosamente in giacca e cravatta, peggio di New York. Non ci avrei messo molto ad abituarmi a questa città dato che era simile da dove venivo. Caotica e affascinante esattamente come New York.
A fianco Justin stava osservando esattamente come me. Solo adesso penso a quanto io conosca poco della sua vita lavorativa. Lui conoscerà Seattle meglio di chiunque altro dato che suo padre aveva imprese per tutto il mondo e lui era costretto ad aiutarlo.
Appena ne ebbi la possibilità mandai un messaggio a mio padre per avvisarlo che eravamo atterrati a Seattle. Gli assicurai che tra non meno di due ore sarei stata davanti alla sua porta e che non c'era bisogno di venirmi a prendere.
Diedi l'indirizzo a un taxista e per la seconda volta in questa giornata saliammo nel taxi il quale ci avrebbe dovuto portare a casa di mio padre.
L'uomo guidava silenziosamente mentre noi eravamo impegnati a guardare fuori dal finestrino osservando ogni minima caratteristica di questa fantastica e misteriosa città.
Fummo catapultati nella realtà solo quando il taxista, non troppo giovane, spense il motore incitandoci a pagare e scendere dalla sua auto.

Save me  ||Justin BieberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora