27- Fuori controllo

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NICK ♡

L'aria nella stanza era densa, come se tutto, anche la luce che filtrava dalla finestra, fosse intriso di una tensione palpabile

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L'aria nella stanza era densa, come se tutto, anche la luce che filtrava dalla finestra, fosse intriso di una tensione palpabile. Non c'era più niente da dire. La conversazione con mio padre e Lucas, il padre di Harley, era ormai diventata un semplice scambio di parole senza più importanza. Quella discussione non stava risolvendo nulla. Il piano che avevamo in mente si stava sbriciolando, ed ero consapevole che avremmo dovuto cambiare rotta.

Eppure, non potevo togliermi dalla testa quella strana sensazione che qualcosa fosse fuori posto.

Mentre mio padre parlava, mi resi conto che non lo stavo ascoltando. L'attenzione era su altro. Ben presto mi ritrovai a cercare Harley con lo sguardo, in ogni angolo della stanza.

Era nel mio campo visivo fino a pochi attimi prima. Un velo di inquietudine mi avvolse come un cappotto pesante, ma non riuscii a capire subito cosa non andasse. Dov'è finita?

Non la sentivo più. Feci scivolare il cellulare che avevo in mano, nella tasca anteriore dei miei pantaloni scuri, per controllare nelle stanze, persino in bagno.
Il fruscio del suo vestito, il respiro trattenuto, zero.
La sua energia, che dal primo momento in cui ha messo piede in questa casa sembrava impregnare l'aria, ora si era dissolta. Il piccolo movimento che aveva sempre caratterizzato la sua presenza era svanito nel nulla.

Il mondo intorno a me stava collassando. La rabbia mi stava mangiando vivo, non era solo per il rischio che stava correndo. Era per me. Per il fatto che lei mi stava sfuggendo tra le dita, come un'emozione incontrollabile che non sapevo né come contenere, né come affrontare.

«Papà» la mia voce non era più quella controllata di sempre, ma forte, decisa, in modo che fosse impossibile non ascoltarmi «Dov'è Harley?»

La domanda, detta a mezza voce, era più una supplica che una richiesta. Sapevo che non c'era tempo da perdere. Il mio respiro era teso, ogni fibra del mio corpo si stava facendo più rigida. Mio padre mi guardò, come se stesse pesando le sue parole, ma anche lui sembrava smarrito, come se avesse capito troppo tardi cosa Harley stava cercando di fare.

Era incredibile come, nonostante tutta la sua esperienza, non fosse mai stato pronto per lei. Nessuno di noi.

«Merda.» mormorò Lucas, affacciato alla finestra.

«Sapevo di non dover abbassare la guardia. Cazzo.» ringhiò in risposta, sbattendo un pugno sul tavolino davanti a sé. Le sue parole mi colpirono come una doccia fredda, ma dentro di me qualcosa di oscuro si risvegliò. Cosa sta facendo? Pensavo. Cosa sta cercando di fare?

Per la prima volta, sentii la terra muoversi sotto di me. Io, che non avevo mai avuto paura di niente, mi ritrovai in un limbo oscuro. Il terrore che lei si stesse spingendo troppo oltre, mi consumava. Mi resi conto che, per quanto cercassi di tenerla lontana da me, di mantenere il controllo, non avevo mai voluto farla uscire da quella prigione — non se non ci fossi stato io.

Un pensiero mi attraversò la mente, e lo sentii come un colpo al cuore: è più coraggiosa di me. E io non potevo permetterlo. Non potevo permettere che fosse più forte di me. Che... non avesse bisogno di me.

Mio padre non stava facendo niente per fermarla, e questo mi dava ancora più fastidio. Ogni movimento, ogni secondo che passava, sembrava dilatarsi come se il mondo si fosse fermato in attesa.

«Dobbiamo fermarla» dissi, con tono più urgente di prima, e sentii la mia voce tradirmi, gonfia di frustrazione. La rabbia saliva, ma non solo contro Harley. Era contro me stesso. Contro il fatto che non riuscivo a gestirla, a controllarla come avevo sempre fatto con tutto.

Senza aspettare, mi voltai e uscii in fretta dalla stanza, mio padre mi seguiva a distanza. Non avremmo perso tempo a discutere su chi avesse ragione o torto. Sapevamo solo che, qualunque cosa stesse facendo, era troppo tardi per fermarla con le parole.

Scendemmo le scale rapidamente, e il freddo mi colpì come un pugno. Non era solo il gelo della notte, ma il gelo di quello che stavo sentendo dentro. La percezione di perderla stava diventando una realtà troppo concreta. Non riuscivo a scrollarmi di dosso l'idea che lei fosse ormai fuori. Senza nemmeno avvisarmi.

Un suono, poi una piccola ombra in lontananza. Era lei.

La corsa era frenetica, ma la mia mente stava correndo più veloce dei miei passi. Ogni centimetro di strada mi sembrava più lungo, come se ogni passo che facevo mi portasse più lontano da lei. Non capivo più niente. Non capivo più se fosse giusto inseguirla o se fosse un errore. La mia testa era un caos, ma il mio corpo non rispondeva al panico. Non c'era più controllo.

In fondo alla strada, la vidi. Era uscita completamente. Non stava guardando indietro. Le mani mi si strinsero, come se cercassi di fermare il battito del cuore che mi faceva sentire soffocato.

«Harley!» urlai, ma il suono della mia voce mi suonò distante. Era come se non fosse abbastanza.
E non lo era.

«Cosa sta facendo?» mormorò mio padre più in dietro, ma la sua voce tradiva una preoccupazione che non potevo ignorare. Eravamo entrambi fuori controllo.

Non avevamo mai pensato di inseguirla in questo modo. La sua impazienza era diventata la nostra. Eppure, mi sentivo come se stesse sfuggendo da me in ogni possibile modo. L'idea che potesse scegliere di agire da sola, senza che io fossi al comando, mi mandava fuori di testa.
Il problema non era solo questo, e la consapevolezza di averla ormai nel cuore mi faceva più male. Non sapevo neanche come, o perché... o quando fosse successo, ma non potevo permettermi di perderla.

Mio padre e Lucas mi lanciarono uno sguardo veloce. Poi, senza esitazione, iniziarono a correre verso l'auto. La determinazione nei loro occhi mi spaventava. Non era solo rabbia. Era l'implacabilità di chi sa di non poter tornare indietro. Mentre, quella determinazione in me si mescolava alla mia stessa inquietudine. Quella di non essere più in grado di proteggerla.

«Harley!» ripetei, a voce bassa, come se chiamarla ad alta voce non fosse più sufficiente.
Ormai di lei, non c'era più alcuna traccia.
Ed io, mi stavo perdendo.

"Out of control" - Gabriel Guevara FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora