Quattordicesima Lettera.

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Troye stava decisamente meglio il giorno dopo, tanto che sua madre lo trovò saltellante mentre si pettinava davanti allo specchio.

"Per chi ti prepari?" gli chiese appoggiata allo stipite della porta, con un sorrisetto vago e per niente rassicurante.

"Per Tyler" rispose il ragazzo, non pensando minimamente alla risposta

"Scherzavo" alzò le spalle e sotto lo sguardo perplesso della madre prese lo zaino, ci gettò i libri che erano accatastati sulla scrivania e uscì di casa, non prima di aver cacciato una mano nella dispensa per prendere una merendina.

Quando arrivò a scuola, notò di essere decisamente in anticipo, stranamente, così per non rimanere al freddo entrò nella struttura sotto lo sguardo confuso del guardiano.

"Sivan ti hanno buttato giù dal letto?"

Troye scrollò le spalle, prima di dirigersi in palestra, tanto per fare qualcosa. Non era amante dello sport, anzi, odiava la sensazione dei capelli impregnati di sudore e, generalmente, muoversi.

Però amava il calcio.

Amava sentire le urla d'incitamento, la grinta di stare in mezzo al campo, l'adrenalina che gli scorreva in corpo mentre faceva goal e l'esultanza dei compagni quando vincevano. 

Quando, appunto.

Era da un bel po' che non ci giocava e gli mancavano quelle sensazioni con tutto il cuore.

Venne interrotto dalle sue riflessioni quando la porta della stanza si aprì rivelando dietro di essa un Tyler intento a fuggire da qualcuno. 

Troye non vedeva molto della scena, anzi, non ci vedeva un accidente.

Sentiva solo delle urla ,ed evidentemente il ragazzo biondo aveva aperto per sbaglio la porta quando ci si era appoggiato contro mentre scappava da quella persona che stava dando spettacolo con la sua voce.

Attese un po', giusto per dare della privacy ai due, ma quando dopo cinque minuti le urla non cessarono, Troye si alzò da una delle tribune e molto cautamente si avvicinò alla porta, per poi sbirciare fuori.

L'unica cosa che riusciva a scorgere era un Tyler tremante e il moro, senza un attimo di esitazione, lo tirò dentro la palestra, lasciando la persona al di fuori della porta che poi venne bloccata da un scopa trovata là vicino incastrata nella maniglia.

"T-Troye? Perchè mi hai portato dentro? E che ci fai qui?" chiese il ragazzo biondo, una volta calmato.

"Uno ti ho portato qua dentro perchè credo che la persona lì fuori sia parecchio arrabbiata con te.

Due sono arrivato un po' prima e viato che non volevo morire di freddo sono entrato dentro la scuola"

Tyler annuì, prima di mordersi il labbro. In quel momento gli venne in mente la scena del giorno prima, quando Troye lo aveva baciato e poi gli aveva fatto intendere che tutto quello gli aveva fatto schifo.

"Io credo che dovremmo parlare, mh?" disse Troye, concedendogli un sorrisetto, prima di prenderlo per il gomito e portarlo seduto in un angolo della palestra, sopra un materassino blu.

Tyler tacque, mentre con le braccia si stringeva le gambe al petto e il viso gli pendeva in basso. Cosa doveva dirgli?

Doveva sputargli un'altra volta in faccia di essere gay?

Sicuramente era così, anche perché Troye era stato fin troppo calmo fino a quel momento e la cosa era stranissima.

Di solito a quell'ora lo avrebbe già insultato pesantemente per poi ridicolizzarlo.

"Tyler? Ti hanno tagliato la lingua?"chiese Sivan, sfiorandogli il braccio e provocandogli mille brividi, che finirono per concentrarsi nello stomaco dove si trasformarono in farfalle agitate.

"No"rispose il ragazzo, continuando a guardare le scarpe che improvvisamente trovava interessanti.

"Allora mi guardi? Per favore?"

Tyler dovette faticare a lungo per capire cosa c'entrasse il fatto della lingua ma, quando il moro gli posò la mano sulla guancia per farlo girare non fece opposizione. 

"Come va?" chiese, sfiorandogli la mano.

Quando Ty si staccò, straordinariamente, per primo, si ritrovò a tentennare sul posto, indeciso se alzarsi o no, prima di venir stretto nell'abbraccio del più grande che gli sussurrava un

"Va tutto bene".

Perché Troye lo sapeva cosa stava provando l'altro, quel senso di smarrimento quando si scopre qualcosa di nuovo ma di straordinario, e che ti provoca un indecisione temporanea su cosa fare.

Tyler si limitò a sorridere sul petto dell'altro mentre si lasciava cullare.

E, in quel momento, si dimenticò completamente di quel biglietto che aveva attaccato sul banco nell'aula di storia.

"Caro Troye,questa è la quattordicesima lettera e non so cosa scrivere.

Sono triste (come sempre) e mi manchi (come sempre).

É strano no?Come ti possa mancare una persona anche se la vedi ogni giorno, ma forse quello di cui necessiti è solo che tutto ritorni come prima.

Chiedo troppo?

x."

30 Letters From Nobody × Troyler.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora