Tredicesima Lettera.

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Troye aveva passato tutto il fine settimana tappato in camera sua, sordo alle varie chiamate che gli arrivavano da sua madre che voleva farlo scendere dal letto.Ma ogni volta che ci provava gli veniva un mal di testa atroce e, soprattutto, senza una spiegazione plausibile, tanto che Liz fu costretta a chiamare il dottore.

Alla fine la madre leggermente preoccupata, decise che per quel giorno sarebbe stato meglio saltare scuola, andando contro le lamentele del lisco che aspettava con ansia il tredicesimo biglietto.

Ma no, il lunedì mattina rimase in camera sua, assillato dai continui rintocchi dell'orologio sulla parete e fissando il vuoto con sguardo assente, finché non venne risvegliato dal ritorno di sua madre dal lavoro.

"Troye ho un'idea!"esclamò la donna apparendo dalla soglia della porta con un giornale in mano."Mi vuoi picchiare con quel coso?"

Liz sbuffò ed entrò nella camera per poi sedersi sul letto sotto lo sguardo confuso del figlio"Allora?"

"Allora, visto che questo pomeriggio dobbiamo andare a fare visita alla zia e tu sei moribondo, ho pensato di invitare Tyler a casa, per tenerti compagnia"

Troye spalancò gli occhi, prima di boccheggiare."Posso stare anche da solo... non ti preoccupare"

"Ma ormai ho chiesto ad Jackie!"

Okay, Troye era fottuto.Ammettiamolo, Tyler si era preoccupato quando non aveva visto Troye quella mattina come tutti i giorni, infatti non riuscì a seguire le lezioni.

"Mi spieghi cosa succede?" gli chiese Luke, mentre si dirigevano a pranzo.

Tyler scosse la testa, prima di sentite una vibrazione nella tasca. Prese il cellulare e lesse il messaggio che, a quanto pare era di sua madre.

"Tyler questo pomeriggio non tornare a casa nostra ma va a casa di Troye che sta male e ha bisogno di compagnia! Ci vediamo alle sette xx"

Non seppe il perché ma, nello stomaco, Tyler sentì uno strano formicolio, prima di iniziare a sorridere come un ebete, sotto lo sguardo confuso di Luke.

I due si sedettero poi, in un tavolo a mensa, dopo aver preso da mangiare."Perchè mi fissi?" chiese il biondo notando lo sguardo del rosso su di sé. "Perchè sei bello?"disse l'altro ridacchiando, notando il rossore imporporare le guance di Tyler.

"Oh, ehm, io, grazie, penso." 

Quando Tyler si trovò davanti la porta di casa Sivan, rimase per circa un minuto a fissare il pomello argentato insicuro se entrare o no. Più che altro aveva paura che Troye lo prendesse a schiaffi o, peggio ancora, lo insultasse, cosa che il biondo non avrebbe più sopportato.

Ma non fece in tempo a premere il campanello che la porta si aprì, rivelando un Troye spettinato che gli sorrise timido.

E, okay, era bellissimo come sempre e il cuore di Tyler poteva o non poteva aver fatto un salto vedendolo così. 

"Entri?" chiese il moro con la voce un po' graffiata, al quale il più alto annuì ed entrò in casa, notando fosse vuota.

Tyler si trovò in imbarazzo. Prima, quando ancora era in sintonia con Troye non si sarebbe mai vergognato di rimanere in casa da solo con lui ma dopo tutto quello che gli aveva fatto passare, la voglia di rimanere là dentro era sotto la suola delle scarpe.

I due si sedettero sul divano, in silenzio, mentre stuzzicavano dei salatini, fino a che stranamente il biondo parlò. 

"Allora, come stai?" chiese, lo sguardo basso.

"Un po' acciaccato" rispose l'altro.

"Te?"

"Io? Beh come al solito, diciamo" Tyler fece spallucce.

"Ti sono mancato?" chiese l'altro ammiccando.

In effetti...pensò il maggiore.

"Uhm, un po'...?"disse, insicuro se quella fosse la risposta che Troye si aspettava.

"Va tutto bene con Lu-Lo come cavolo si chiama?"

"Luke e penso di sì"

Troye guardò per la prima volta Tyler, quel giorno, e lo trovò adorabilmente bello mentre si torturava il labbro con i denti e con le gambe che ciondolavano fuori dal divano.

"Okay, bene. E dimmi ti piace essere un frocio o...?"

E Tyler se lo aspettava. Veramente, si aspettava quel comportamento da Troye: fingersi carino per poi sputargli in faccia il suo essere "diverso".

"Non-penso non mi piaccia" rispose, scosso."

Neanche a me sai? E soprattutto non mi piace chi lo è" lo beffeggiò Troye.

Tyler rimase in silenzio, fissando il pavimento. Incapace di rispondere.

"Che c'é ti hanno tagliato la lingua? O forse hai paura che ti tocchi, femminuccia?"

"Smettila" mormorò l'altro.

"Cosa?"

"Smettila"Tyler lo guardò e Troye notò per la prima volta quanto i suoi occhi potessero essere belli e profondi e quanto lui potesse essere così fragile.

"Smettila ti prego" aggiunse, tremante, mentre si accucciava dall'altra parte del divano.

"Io non-" cercò di dire Troye, ma venne interrotto dall'urlo di Tyler "Ho detto basta!"

E Troye non lo seppe il perché, ma non ce la fece più perché Tyler, il suo Tyler, stava piangendo per colpa sua. Sua.

Si alzò e, prima che entrambi se ne potessero accorgere, le labbra di Troye erano su quelle di Tyler, mentre le lacrime del biondo le bagnavano.

Tyler non si staccò, ma si lasciò guidare dall'altro, in un bacio casto e a stampo.Ma, quando si accorse di quello che stavano facendo, Troye sbarrò gli occhi e si staccò, prima di mormorare uno "Scusami...."

E Tyler lo vide, in mezzo alle lacrime, triste e scioccato, quindi decise di andarsene via da Troye e da quella casa, non prima di aver lasciato un biglietto sul mobiletto accanto all'entrata, che venne trovato solo poco tempo dopo da Troye.

"Il problema è che io ti amo ma tu non capisci come al solito un cazzo e allora mi lasci, mi lasci andare via.E mi insulti, senza spiegazione"

30 Letters From Nobody × Troyler.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora