Ventiseiesima Lettera.

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L'estate era passata e così anche l'autunno, l'inverno e la primavera per quattro volte.

Ormai sia Tyler sia Troye avevano 23 anni; si erano stabiliti in una casa a Londra e avevano due gatti.

La vita era trascorso molto velocemente,tanto che entrambi si erano stupiti di quanto tempo fosse passato da quando erano dei 18enni. Cinque anni.

Cinque anni in cui, tra complicazioni e indecisioni, i due avevano capito che alla fine non sarebbero potuti stare mai separati.

Troye era diventato alto, tanto che Tyler doveva alzarsi in punta di piedi per baciarlo.

Quest'ultimo aveva ancora le sue due profonde fossette, la bocca rossa e grandi e curiosi occhi azzurri.

Troye era rimasto praticamente lo stesso, tranne per un accenno di barba sulle guance e per i capelli, più lunghi e disordinati.

Ma loro continuavano ad amarsi comunque ed era quello che bastava, no?

In realtà per i primi tempi erano messi male.

Si erano appena trasferiti nella loro villetta a schiera, quando avevano capito che non ce l'avrebbero fatta a mantenersi con solo il lavoro nella panetteria di Tyler.

Jackie e suo figlio infatti, avevano ristrutturato una piccola bottega e l'avevano fatta diventare un negozietto, dove tutti potevano trovare pane, dolcetti e tè caldo.

Quindi anche Troye cercò lavoro.

Quando finalmente lo trovò, in un negozio di abbigliamento poco fuori dal centro città, entrambi dichiararono che la vita sarebbe andata bene anche così.

Certo,

c'erano ancora le loro liti ma in quanto a situazione finanziaria erano a posto.

Tornava a casa solo la sera e i due non si rivolgevano nemmeno la parola.

Dopo circa un mese il biondo crollò.

Scoppiò a piangere, quando per l'ennesima volta Troye non l'aveva salutato dopo essere entrato in casa, ma era andato direttamente a mangiare.

Il più grande lo aveva sentito e lì capì di aver sbagliato tutto.Ma, oltre a questo, la loro vita sembrava quasi una fiaba.La mattina si svegliavano e facevano colazione insieme, poi andavano a lavoro.

Se era mercoledì, si incontravano e pranzavano in un McDonald o si compravano un panino. Tornavano a casa verso le sette e mezza e mangiavano.

Durante i giorni di riposo si dedicavano a loro stessi o mettevano a posto la casa.

Beh, quest'ultimo era più un lavoro da Tyler.

Troye lo osservava mentre lui puliva, spolverava e cucinava.

Al più piccolo andava bene così anche perché l'unica volta che il moro aveva provato a lucidare il pavimento di marmo della cucina, era scivolato all'indietro e si era fatto male alla testa, con conseguente visita all'ospedale.

Insomma: Troye non sembrava fatto per sfacchinare ai fornelli o per abbassarsi e pulire il pavimento.

Ecco perché il suo lavoro come commesso non era tanto impegnativo, si limitava a sistemare vestiti sulle stampelle o a piegare magliette.

Pochissime volte dava consigli sui capi d'abbigliamento, anche perché le clienti (per la maggior parte femmine) si rivolgevano alle commesse.

In effetti molto spesso Troye si sentiva in imbarazzo, anche se cresciuto in una famiglia popolata per la maggior parte da elementi femminili.

Le clienti giovani gli rivolgevano sempre un occhiolino malizioso e molte volte si ritrovava con numeri scritti su dei foglietti misteriosamente comparsi nella sua mano, dopo aver preso i soldi alla cassa. Tyler se la cavava abbastanza bene a lavoro, invece.

Dato il suo carattere timido molte volte si imbarazzava, ma con le clienti che conosceva di più si dimostrava simpatico, gentile e a volte malizioso.

Sua madre non commentava, era felice di vedere suo figlio contento del proprio lavoro che se, anche piuttosto misero e inusuale per un ragazzo 23enne, lo faceva sentire a suo agio.

Quindi, se erano felici perchè non farlo?Perchè non sposarsi?Se lo chiedeva spesso, Troye.

Da un parte non si sentiva pronto, a 23 anni, con ancora una vita davanti.

Ma ormai cosa c'era da perdere?

Vivevano insieme, mangiavano insieme, amavano insieme.

Erano diventati due anelli incastrati di un'unica catena.

Facevano parte entrambi della quotidianità dell'altro.Quindi, cosa avrebbe cambiato il matrimonio?Niente.

Però quella del matrimonio era ormai una promessa definitiva, una delle promesse che a suo parere devi mantenere per tutta la vita.

Ma sarebbe stata una cosa giusta?

Non lo sapeva.

In realtà aveva paura di farsi consigliare, paura che sua madre, quando le avrebbe posto il quesito del "Lo faccio o non lo faccio?" gli avrebbe riso in faccia.

Però sentiva il bisogno urgente di chiedere consiglio al suo ragazzo, così almeno non avrebbe comprato l'anello per niente.

E così, come ogni volta, decise di scrivere una lettera.

"Caro Tyler,è da parecchio che non ci scriviamo e devo ammettere che mi era mancato.

Prendere carta e penna e raccogliere i pensieri.

Beh, sai che di solito non sono molto bravo in questo, però ci provo e devo dire che certe volte mi stupisco di me stesso.

Visto che non voglio riempire il foglio con parole inutili inizierò questo discorso subito.

In realtà non ne abbiamo mai parlato e non so se tu sia disposto a farlo, o se tu me lo volessi chiedere da tempo.

Ma credo che alla fine devo sempre io a fare la mossa decisiva, no?

Non cambierà niente se mi dirai di no, non ti metterò pressione.

Forse tireremo il discorso fuori più in avanti.

Ma, sinceramente, se devo immaginare un "sempre" io lo immagino insieme a te.

Quindi Tyler, mi vuoi sposare?"


30 Letters From Nobody × Troyler.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora