Capitolo 40

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Kaelen non riusciva a smettere di sorridere.

Era un sorriso vero, autentico, uno di quelli che partono dallo stomaco e si allargano in tutto il corpo come un'onda inarrestabile. Era talmente di buon umore che persino la solita sfrontatezza si era trasformata in un'energia travolgente, difficile da contenere.

Si passò una mano tra i capelli, sentendosi più leggero. Aria era gelosa. No, era gelosa marcia.

Il pensiero lo elettrizzava più di qualsiasi vittoria in battaglia. Aveva visto il fuoco nei suoi occhi, la furia con cui l'aveva attaccato, la rabbia cieca per qualcosa che — doveva ammetterlo — era tutta colpa sua, anche se non era come sembrava. Ma oltre alla rabbia, oltre all'indignazione, c'era stato qualcos'altro.

Desiderio.

Un desiderio crudo, spontaneo, che lei stessa non sembrava in grado di controllare. E Kaelen aveva capito una cosa: non era il solo a perdere la testa.

"Per gli dèi, ma cos'hai?".

La voce di Janelle lo strappò via dai suoi pensieri. Lo stava fissando come se gli fosse spuntata un'altra testa.

Kaelen si girò verso di lei, cercando di rientrare nei ranghi della decenza, ma il sorriso non accennava a sparire. "Niente" rispose, beato. "Va tutto alla perfezione".

Janelle sbatté le palpebre, sempre più perplessa. "Alla perfezione? Sei talmente di buon umore che comincio a preoccuparmi".

"Non posso essere felice?".

"No" rispose lei senza esitazione. "Non tu".

Kaelen rise, poggiandosi allo schienale della sedia. La sala era piena dei massimi esponenti della città magica che continuavano a parlare, a discutere degli eventi della giornata, ma per lui erano solo rumori di sottofondo.

La sua testa era ancora lì, nel vicolo, con il corpo di Aria a un soffio dal suo, il respiro accelerato, il modo in cui aveva chiuso gli occhi un istante troppo a lungo quando lui le aveva sfiorato il viso.

Un brivido gli percorse la schiena.

Se non fosse scappata, sarebbe stata la fine.

Kaelen non avrebbe saputo fermarsi, non con lei così vicina, non con quella tensione che gli bruciava sotto la pelle. Ma per quanto avesse maledetto la sua fuga, in fondo era sollevato. Aria non era pronta. Forzarla a qualcosa che ancora non riusciva a comprendere sarebbe stato un errore.

Aveva intuito che lei non aveva mai avuto spazio per desiderare qualcosa. Per volere qualcosa.

E per una dannata volta, lui voleva che fosse libera di scegliere.

"Lo sai che stai sorridendo di nuovo, vero?". Janelle lo stava fissando con un sopracciglio alzato.

Kaelen si passò una mano sul viso, ma il sorriso non se ne andò. "Devo darmi una regolata".

Janelle sbuffò. "No, devi solo dirmi come è andata con la sventurata".

Lui ridacchiò, scuotendo la testa. "Sventurata? Più che altro, direi che sono io l'uomo morto".

Janelle lo osservò per un lungo istante, poi un sorriso furbo le increspò le labbra. "Dèi, sei spacciato".

Kaelen fece per rispondere, ma una cosa lo bloccò.

L'aria attorno a lui sembrava diversa. Come se qualcuno lo stesse osservando.

Alzò lo sguardo, scrutando la sala.

Ma Aria non c'era. E per quanto sapesse che fosse una follia, perché non poteva comparire ad una riunione del genere, sentì una fitta di delusione attraversarlo.

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