-"Che aspetto orribile, Jeff. Senza offesa, ma hai dormito stanotte?", disse Mia appena salì in macchina e mi vide.
-"Poco e niente", risposi brevemente. Non ricordavo nulla della notte passata, avevo solo una strana sensazione di disadattamento.
-"Beh vedi di rimetterti in forma per domani sera", mi avvertì e il discorso terminò.
Mia mamma odiava guidare, soprattutto per lunghi tragitti, ma quel giorno voleva che trovassi il miglior vestito che avessi mai visto, così fece uno sforzo.
-"Sono sicura che in una città come Eau Claire troveremo quello che stiamo cercando", annunciò mia madre contenta.
-"Ne sono certa", aggiunse Mia, con lo stesso entusiasmo di mia mamma.
-"Già", dissi rovinando la loro grinta.
-"Un po' di entusiasmo in più non sarebbe male, sai Jeff?", mi prese in giro Mia.
-"Finché non troverò il vestito giusto non sarò entusiasta quanto voi, lo ammetto".
-"Allora, Lilian, muoviamoci", suggerì Mia.
-"Sono d'accordo", rispose lei e accelerò.
Arrivammo al centro commerciale della città: un enorme complesso di negozi di ogni genere. Mia adocchiò subito un negozio con capi bellissimi, ma nessuno faceva al caso mio: troppi colori. Cambiammo negozio e ancora e ancora e ancora finché arrivammo al penultimo. Era un negozio con tantissimi abiti e la scelta era vasta. Mia mamma ne vide subito uno bellissimo, era grigio blu scuro con ricami e decori sullo scollo e sulla gonna.
-"Mamma, è bellissimo!".
-"Perché non lo provi?", mi esortò.
Andai in un camerino e lo provai. Era largo, troppo e mi stava male.
-"Non è giusto", dissi triste.
-"Prendiamolo. Ci penso io al resto", disse lei.
Mia guardava in silenzio e disse solo che sarebbe stato un bellissimo vestito se non mi stesse così largo. Così lo comprammo e andammo a casa.
-"Preparerai tu da mangiare stasera e domani. Io ho un lavoro importante da fare", esordì mia mamma al volante.
-"Cioè?", chiesi stranita.
-"Vedrai domani sera. Dobbiamo solo prendere le misure e sarai perfetta".
Mia nonna era una sarta e insegnò tutto quello che sapeva a mia mamma. Non aveva molto da lasciarle in eredità, ma il sapere che le aveva tramandato valeva più di qualsiasi cosa.
-"Ok!", risposi entusiasta.
-"Lilian, è di nuovo entusiasta! Ce l'abbiamo fatta!", disse Mia.
-"Si! Dammi il cinque", e alzò la mano verso Mia.
Arrivammo a casa quando il sole stava per tramontare e mio papà, al rumore della macchina, uscì curiose di vedere il mio vestito.
-"E' bellissimo!", disse.
-"Mi sta largo, ma la mamma ha detto che lo sistemerà".
-"Allora vado a prendere la macchina da cucire in soffitta", si offrì.
Era più felice di me e mia mamma messe assieme ed era bello vederlo così. Ora che avevo comprato l'abito mi restava solo da comunicarne il colore ad Alan, ma come? Sabato non ci sarebbe stata scuola quindi non l'avrei visto e non avevo il suo numero di telefono perché l'aveva scritto sull'invito strappato e cestinato ormai da giorni. L'unica soluzione era cercarlo sull'elenco telefonico. Preparai la cena con l'aiuto di mio papà e portai qualcosa da mangiare a mia mamma che era già all'opera col mio abito.
Terminata la cena, andai in camera con l'elenco telefonico e cominciai a cercare "Murray", ma di loro non c'era nessuna traccia. Così, accesi il pc e scrissi "Alan Murray" sulla barra di ricerca. Uno..due..tre..quattro..cinque.."Cinque risultati trovati". Bene, è un inizio, pensai. Guardai gli indirizzi dei cinque Alan Murray e uno abitava a Black River Falls: "Centro!", esclamai. Digitai il numero sul cellulare e, in ansia, premetti Invio.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.
-"Pronto?". Era lui.
-"Pronto?", ripeté.
-"Alan?", chiesi.
-"Sì? Con chi parlo?".
-"Sono Malia".
-"Ciao!". Sembrava sorridesse.
-"Scusami se ti chiamo a quest'ora, ma non riuscivo a trovare il tuo numero".
-"Nessun problema. Dimmi tutto".
-"Giacché domani non c'è scuola, ho dovuto chiamarti per dirti il colore dell'abito".
-"L'hai scelto? Benissimo! Dimmi, dimmi!". Sembrava impaziente di saperlo.
-"E' un grigio blu scuro. Penso starà bene col tuo smoking".
-"Perfetto! Lo penso anch'io. Quindi domani non c'è scuola?".
-"No. Non ti avrei chiamato a quest'ora altrimenti".
-"Bene! Domani mattina andrò a fare shopping. Allora questo con cui stai chiamando è il tuo numero di cellulare?".
-"Sì. E questo a cui chiamo io è il telefono di casa, no?".
-"Sì. Appena attacchiamo, ti faccio uno squillo col mio cellulare così hai il mio".
-"Va bene". Mi avrebbe dato il suo numero. Non stavo più nella pelle.
-"Allora, ci sentiamo via sms? Non voglio farti spendere credito".
-"Ho le chiamate gratis, ma non penso siano verso i telefoni fissi. Quindi ci sentiamo via sms".
-"A tra poco", e riagganciò.
Dopo due secondi mi arrivò uno squillo, poi un altro. Era una chiamata. Risposi.
-"Ehi". Era Alan.
-"Credevo fossimo d'accordo nel sentirci via sms".
-"Già, beh ho cambiato idea", ridacchiò.
-"Ok, va bene". Ero rossa in viso. Credo che se l'avessi avuto davanti sarei esplosa.
-"Allora, domani a che ora vengo a prenderti? La Festa inizia alle 21:00, vuoi mangiare fuori?".
-"Credo che mangerò a casa".
-"Allora anch'io. Alle 20:45?".
-"Direi che è perfetto".
-"Sarà tutto perfetto". Che cosa intendeva dire? Non glielo chiesi, ero troppo imbarazzata.
-"Allora a domani Alan. Buona notte".
-"Buona notte Lia. Sogni d'oro".
Riagganciai io per prima stavolta. Com'era possibile che la sua voce al telefono fosse ancora più bella che dal vivo?
Mi addormentai pensando al suono della sua voce, al suo viso perfetto, ai suoi occhi nocciola, espressivi e profondi, al suo naso e alla sua bocca. Un brivido sulla schiena mi percosse e il sonno mi travolse.
Quella notte non ricordo di aver fatto alcun sogno, tutto era buio e non c'erano più gli occhi azzurri di quell'orso. Quella notte mi riposai e fu un vero e proprio sonno rigenerante.
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Voglio ricordare
General FictionQuesta è la storia di Malia, una liceale che vive in un paesino alle porte di un bosco. Sarà protagonista di un'avventura che le sconvolgerà la vita, la sua intera esistenza. Sarà lei a voler ricordare. Non è la solita storia di lupi mannari e vampi...