Uno

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-"Dai, Jeff! Non essere sempre così musona! Vedrai che è andata benissimo", disse Mia cercando di consolarmi e di tirarmi su di morale.

-"Ma che dici Mia? Non ho risposto a una domanda perché era scaduto il tempo e in un'altra, o forse due, ho scritto troppo poco! Non capisci Mia. È andata malissimo", quasi piagnucolando. Mi ero rassegnata al brutto voto che avrei preso in quel test di biologia. Sono sempre stata la più brava in tutte le materie, tranne Educazione Fisica che non considero una materia. Un brutto voto in biologia, la mia materia preferita, sarebbe stato orribile per me, per i miei genitori e per il mio insegnante, il professor Michael Nolan.


-"Su, Jeff. Il signor Michael non ti ammirerà meno se prenderai A-" ironizzò Mia.


-"Non m'interessa quello che pensa il professor Nolan. Sono preoccupata per la mia media e per quello che diranno i miei genitori. E se non mi lasciassero andare in biblioteca per una settimana? Oh no, Mia, non potrei sopportarlo", dissi in un lamento.


-"Jefferson Malia, smettila di dire stupidaggini. Il tuo voto sarà quel che sarà, ma la stima che tutti abbiamo di te non cambierà mai. Tu sei un genio!", urlò.


In qualche modo, Mia riusciva sempre a sollevarmi il morale. Trovava sempre le parole giuste per confortarmi e per spronarmi a non abbattermi. Lei non era una gran mente a scuola, infatti, spesso la vedevo copiare da qualche foglietto o allungare il collo verso il mio banco. La facevo copiare qualche volta e altre insistevo perché studiasse di più. Mi premeva la sua cultura quanto la mia. Gli unici corsi in cui Mia era migliore di me era Educazione Fisica, ovviamente. Non ho mai sopportato il sudore sulla fronte e sui vestiti, la fatica e il fiatone. Lo sport è bello, ma non fa assolutamente per me.


Quel giorno c'era molto movimento in mensa: erano arrivati dei ragazzi nuovi che facevano parte delle squadre di Baseball e Football.

-"Wow", fu quello che disse Mia appena ne vide uno passarci davanti senza notare minimamente la nostra presenza.
-"Hai visto?", chiese con gli occhi sgranati e la bocca aperta.


-"Sì, l'ho visto. Li ho visti. Ma chiudi la bocca o vedrò dell'altro", le risposi.

Mia è la solita ragazza a cui piacciono i palestrati e quei ragazzi erano proprio così: tutto muscoli e niente cervello. Io preferisco, invece, i ragazzi intelligenti che non misurano il valore di una persona dall'altezza dei tacchi o dalla lunghezza di una minigonna. Preferisco quelle persone che sanno essere e non apparire, che apprezzano se stesse così come sono.


Ci sedemmo nel nostro solito angolino "riservato" dove nessuno ci potesse disturbare e dove c'era più silenzio. Aveva ragione Mia, anche da lontano quei ragazzi erano davvero belli. Erano alti, magri ma non troppo, con dei muscoli perfetti, una carnagione perfetta, dei capelli perfetti, degli occhi perfetti. Avevano qualcosa d'irresistibile, ma ero sicura che fossero dei rammolliti ignoranti. Quindi decisi che sarei stata lontana da quelli individui, almeno finché non avessi scoperto che erano dei geni. Mia, invece, era determinata a conquistare il cuore di quello con gli occhi verde smeraldo e i capelli castano chiaro.


-"Ma non ti piaceva Brian?", le chiesi confusa quando mi disse della sua intenzione.


-"Brian? Hai detto bene, mi piaceva. Ora mi piace quel ragazzo dagli occhi verdi", disse con convinzione e gli occhi che brillavano.


-"Ma, Mia, non sai nemmeno come si chiama", la informai.


-"Questo è l'ultimo dei miei problemi", affermò.


-"E se non ti piacesse il suo nome?", chiesi cercando di dissuaderla.

-"Inventerò un nomignolo, non vedo quale sia il problema", rispose convinta.

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