Quattordici

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-"Allora, cosa vi siete detti? Raccontami ogni dettaglio. Voglio sapere anche come ti guardava", esordì Mia appena ci incontrammo nel viale per andare a scuola.
Non sapevo se raccontarle tutto o nasconderglielo, come mi aveva chiesto di fare Alan. Non ero brava a mentire, ma ci provai.
-"In realtà, non è passato", dissi solamente.
-"Come?!".
-"Non urlare! Non è venuto. Mi ha scritto un SMS e ha detto che ci saremmo incontrati un altro giorno", inventai.
-"E quando? Fammi vedere! Sono curiosa!", insistette.
-"Ho resettato il cellulare ieri sera, si era bloccato", risposi.
-"Ah. Peccato. E cosa ti ha scritto?", chiese curiosa.
-"Niente, ha detto che non sarebbe potuto venire e che ci saremmo incontrati un altro giorno. Non ha specificato quando".
-"Beh, appena ti scrive voglio saperlo! E' stato maleducato a non presentarsi ma almeno ti ha avvertito. E' proprio un bravo ragazzo, visto?".
Ero riuscita a convincerla, per fortuna. Alan mi aveva chiesto di non dirlo a nessuno, probabilmente perché sarebbe finito nei guai se l'avessero scoperto i suoi fratelli. Avevo fatto la cosa giusta con Mia e non vedevo l'ora che arrivasse la sera, così l'avrei incontrato di nuovo.
La giornata trascorse lentamente: a scuola mancava qualche insegnante e passammo alcune ore da soli. Io preferii fare i compiti di fisica che la sera prima non avevo terminato, mentre Mia si divertiva a girovagare per la scuola con Mike.
-"Allora, come va?", sentii pronunciare alle mie spalle.
Mi voltai di scatto e vidi lui: il ragazzo con gli occhi azzurri che disturbava le mie notti, il mio sonno.
-"Scusa?", chiesi stupita dalla sua domanda. Quindi, lo conoscevo? Ma chi era?
-"Hai bisogno di una mano per i compiti? Ti vedo in difficoltà, stranamente", disse.
-"Non ho idea di chi tu sia. Non ti ho mai visto qui".
-"Non è importante questo. Vuoi una mano per i compiti? Prendere o lasciare, a te la scelta. Ma ti avverto: sono piuttosto bravo in fisica", annunciò e si sedette accanto a me.
-"No, scusami, forse non mi sono spiegata bene: io non ti conosco e non ti ho mai visto da quando sono tornata. A quanto pare tu mi conosci, perciò o mi dici chi sei o inizio a urlare. Prendere o lasciare, a te la scelta". Rise di gusto alla mia provocazione e la sua risata era così bella.
-"Va bene, va bene. Me ne vado, così non ti disturberò. Mi dispiace per i tuoi compiti, il professor McLoudy non sarà contento".
-"Ho ancora qualche minuto per risolvere gli esercizi. Non è un problema tuo".
-"Assolutamente. Ci si vede Jefferson!", disse e se ne andò dall'aula con un gran sorriso stampato sul viso.
Non l'avevo mai visto da quando ero tornata eppure aveva un non so che di familiare. Quegli occhi così azzurri, così freddi, mi ricordavano qualcosa, ma non avevo idea dove l'avessi incontrato prima. Non sapevo chi fosse, ma nei miei sogni comparivano degli occhi gelidi come i suoi. Com'era possibile? Forse era qualcuno che conoscevo prima di quella sera al ballo? Ma non ricordavo nessuno, nemmeno la mia famiglia, la mia migliore amica, eppure ricordavo i suoi occhi o, meglio, mi tormentavano nei miei incubi notturni. Non capivo. Dovevo parlarne con Alan che sembrava l'unica sicurezza di tutta una vita nonostante i suoi discorsi mi sembrassero senza senso.
-"Lia! Lia!", sento chiamare. Era Mia allarmata, correndo verso di me.
-"Dimmi!", risposi altrettanto preoccupata vedendo la sua espressione.
-"C'è uno dei Murray a scuola!".
-"C'è Alan? Non l'ho visto, dov'è? Devo parlargli".
-"No, non è Alan. E' un altro".
-"Non farmi stare sulle spine. Parla!".
-"E' Sean, quello dagli occhi azzurro ghiaccio, nel caso dovessi incontrarlo. Così potrai chiedergli spiegazioni, poiché alla Festa c'era anche lui".
Era un Murray? Ero confusa e mi sedetti. Avevo parlato con uno dei Murray? Quel ragazzo misterioso e gentile era Sean? Non mi ricordavo di lui ma mi sembrava di conoscerlo. Forse ricordavo qualcosa. Dovevo saperne di più. Dovevo parlare con Alan.
-"Jeff, stai bene?", chiese Mia scuotendomi la spalla.
-"Sì, scusa. E' solo che non me l'aspettavo. Non l'ho nemmeno riconosciuto".
-"Cosa? L'hai incontrato? Cosa ti ha detto? Ti ha dato fastidio?", si preoccupò.
-"Sì, è entrato qualche minuto fa e si è offerto di aiutarmi con i compiti di fisica, ma non ho accettato. Non si è presentato nonostante gli abbia chiesto chi fosse e se n'è andato. Ma non è stato scontroso", riassunsi.
-"Che cafone!", commentò Mia.
-"Devo saperne di più. Scusami ma esco prima oggi. Avverti tu gli insegnanti. Inventati qualcosa. A più tardi", dissi e mi avviai verso l'uscita.
Avevo incontrato uno dei Murray e non ero riuscita a capire chi fosse per chiedergli spiegazioni sulla mia amnesia. Dovevo sapere. Mentre camminavo verso il parco del centro, chiamai ripetutamente Alan al cellulare ma non rispose. Così gli scrissi un SMS dicendogli che sarei rimasta al parco per qualche ora e che l'avrei aspettato. Gli dissi anche che avevo incontrato uno dei suoi fratelli, senza specificare quale, forse avrebbe capito che avevo davvero bisogno di lui.

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