Capitolo V

50 4 1
                                    

18 Aprile 2013 ore 21:35
Mi ha colpito molto il significato che alcune tribù aborigene davano alla parola medicina. Non si riferiva soltanto alla disciplina che studia e cura le malattie. Era medicina tutto ciò che contribuiva al benessere del gruppo. Parecchi componenti delle tribù possedevano la medicina della musica. La parola aborigena si potrebbe tradurre anche come talento. Questo tipo di talento per la musica era importante sia per sistemare ad esempio ossa rotte, ma non era meno importante per sentire alcune affinità di coppia o per avere sintonia nel linguaggio o nella ricerca del cibo e dell'acqua.

Sono rimasto colpito dalla leggerezza che questi individui davano ad alcuni termini. Mi sembra che usassero la parola in modo del tutto diverso e con un peso minore, rispetto a come siamo abituati noi. Per loro era molto più importante sentire. Sentire nel cuore, sentire il suono dell'esistenza e percepire la vita che batte dentro ogni cosa. Essere, prima di dire di essere.

Se ci facciamo caso alcuni di noi stanno prendendo questa direzione. Alcuni con ottimi risultati, altri meno. Stiamo tornando all'origine. Stiamo sentendo di più e ci domandiamo sempre di meno.

I nostri occhi guardano la realtà in modo diverso. Una pioggia non è più solo un buon motivo per cercare riparo, ma anche per bagnarsi e ballare la danza della vita.

Molti si lasciano trasportare da questo grande battito, altri combattono ancora troppo. Si sentono legati e costretti dentro un corpo fisico e vorrebbero solo volare. E poi c'è chi vola e pensa di guardare il mondo dalla migliore posizione. Ma cosa davvero conta? Cosa possiamo veramente fare? Io direi di iniziare a scoprire chi siamo. Quali sono i nostri talenti. Anzi qual è il nostro talento.

Senza farvi troppi esempi, faccio immediatamente una considerazione con me stesso, portandovi la mia personale risposta al quesito.

Il mio talento: è sicuramente trasportare delle emozioni. Badate bene, trasportare e non trasmettere. E' una definizione precisa che provo a spiegavi. E' un modo che ho da sempre di prendere queste sensazioni che ho dentro ed iniziare a scriverle, appunto trasportandole su un foglio di carta.

Detta così potrebbe sembrare passione per la scrittura, ma non è così. Bisogna analizzare molto bene tutto ciò che ci sembra semplice.

Devo dirvi che chi mi ascolta parlare e poi legge ciò che scrivo, si stupisce dell'enorme differenza di linguaggio che uso in una e nell'altra forma. Perché? Per prima cosa perché quando scrivo sento di liberare sul foglio una parte profonda di me che con il linguaggio non riesco. Per me vedere che le mie emozioni prendono forma mi fa comprendere di aver espresso in modo completo ciò che sono. Il linguaggio è qualcosa di molto meno concreto. Le parole volano e si disperdono nell'etere come qualcosa che sembra non far parte di te. Non puoi riprendere una frase e capire ciò che sei se l'hai solo pronunciata. Ma soprattutto quella non ti rappresenta quanto invece una frase scritta con volontà sopra una foglio in un preciso momento. Questa posso dire che è la mia medicina. Ciò che scrivo è terapeutico per me e mi da la possibilità di conoscere meglio una parte che prima poco riuscivo ad ascoltare. Per ora questo posso dire del mio talento. Poi so che crescerò ancora e scoprirò cosa posso essere in grado di essere per me e per gli altri più in la.

E voi? Qual è il vostro? E cosa molto più importante, che cosa ne fate di questo talento?

Definite questa vostra medicina.

La musica della mia AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora