Dodicesimo capitolo

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Nella fan fiction c'è presente di violenza, droga e sesso esplicito.
Se siete suscettibili sull'argomento: non leggete.


Dodicesimo capitolo.

Venni strattonato, dal corpo senza vita di Peers, dal cappuccio. Guardai le mie mani e le trovai macchiate di sangue, sangue del mio amico. Attorno a me sentivo solo urla, Red continuava a strattonarmi e in pochi minuti fummo fuori dal capannone. Rimasi bloccato e senza fiato, era la prima volta che una persona mi moriva fra le braccia. No! Era la prima volta che vedevo qualcuno morire.
Ero scioccato, camminavo barcollando e a fatica riuscì a salire in auto. Appena fummo tutti nell'abitacolo, il mio amico partì, sfrecciando per la strada. Notai di non essere l'unico disorientato, anche Rich era agitato. Il senso di colpa mi colpì all'istante. Peers è morto per colpa mia, continuavo a pensare.
«Zayn» Continuò a urlare Red, cercando di attirare la mia attenzione, ma invano. Rimasi a fissare un punto morto fuori dal finestrino, guardavo senza guardare realmente. La testa mi rimbombava e l'ansia saliva momento dopo momento.
Scossi la testa e parlai «Cosa facciamo adesso? Non possiamo lasciare il corpo così...» Non ebbi il tempo di finire che Red mi parlò sopra.
«Invece si, stanotte noi andremo a prendere il suo corpo, lo nasconderemo. Tu dovrai startene nell'istituto!» Mi indicò, fissandomi minaccioso.
«E' colpa mia se è morto, devo esserci!» urlai.
«No, è colpa di Jared. Lui ha premuto il grilletto, non tu!» Mi venne contro, facendomi zittire.
In effetti era vero, non ero io l'assassino, ma nonostante questo mi sentivo colpevole. Peers era in quel posto per me, tutti erano lì per me. In un certo senso era colpa mia.
«Sono i rischi di ciò che facciamo, Zayn. È normale morire» spiegò, senza farmi rilassare.
No, niente era normale. Questa vita non era normale. Una vita normale l'avevano i miei compagni di scuola, non io. Dopo tutte le notizie assimilate in meno di dodici ore, la morte del mio amico fu troppo da sopportare. Volevo esserci io al suo posto, nessuno merita una fine simile.

Rimasi in silenzio per tutto il percorso, non perché non avessi nulla da dire, ma perché non ne avevo le forze. Volevo ritrovarmi in camera al più presto, addormentarmi e dimenticare tutto, se solo fosse possibile.
«Eccoci» Parcheggiarono e in un baleno mi ritrovai fuori dall'auto «Zayn» Richiamarono la mia attenzione, «Non fare cazzate, non farti notare finché non ti contatteremo noi» disse Rich velocemente.
Annuì e li salutai, entrando senza far troppi rumori nell'istituto. Salì le scale e corsi in camera mia, la prima cosa che feci fu nascondere la pistola nell'armadio. Mi tolsi la felpa e mi sedetti sul letto, prendendo il viso fra le mani. Respirai profondamente, un secondo dopo mi ritrovai a prendere a pugni il muro, gemendo dal dolore. Continuai finché il male fisico non fu insopportabile e mi bloccai, appoggiando la testa sulla parete. Non potevo rimanere solo, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse, che mi capisse.
Mi morsi il labbro e repressi l'impulso di correre fuori dalla mia stanza e andare in quella di Debbie. Se avessi ascoltato il cuore, sarei stato peggio. Mi sarei fatto schifo più di quanto già me ne facessi.
«Fanculo tutto e tutti» sbottai e uscì dalla stanza. L'unico sentimento che conoscevo era l'odio, quello vero, ma ero anch'io un essere umano, necessitavo di amore, gioia, felicità come tutti.
Deglutì e bussai un paio di volte sulla porta di Debbie, per la prima volta ero imbarazzato: non sapevo quale scusa usare. Meritava di sapere perché ero sparito così.
In pochi minuti la porta si aprì e trovai la ragazza in pigiama, assonnata e con i capelli arruffati. Era la prima volta che vedevo una persona in quello stato, specialmente una ragazza che generalmente usavo per scopare.
«Zayn» mormorò, strofinandosi un occhio con il pugno chiuso. La trovavo adorabile.
La guardai ancora per qualche secondo ed entrai nella sua stanza, prendendola in braccio. La strinsi al mio corpo e l'adagiai sul letto, sentendo le sue lamentele.
«Ti prego, ho bisogno di te» mormorai, abbassando lo sguardo e la feci impietosire. Le sue piccole mani mi accarezzarono il viso, portandolo alla sua altezza. Mi sorrise sincera e avvicinò il mio corpo, permettendole di baciarmi il collo, come la prima volte che feci io a lei.
Rimasi basito dalla sua iniziativa, ma mi lasciai andare senza pensarci sopra. Socchiusi gli occhi, stringendomi al suo corpo. Premetti la mia intimità sulla sua, mentre Debbie mi morse il collo facendomi quasi gemere. Aveva ragione Rich, mi piaceva tutto questo.
Mi sollevai di poco e mi tolsi la felpa, lasciandola cadere vicino al letto. Non sapevo come si facesse l'amore ero abituato ad altro. Volevo che Debbie capisse che questa volta non era la solita scopata, questa volta lo volevo con tutto me stesso.
«Non sarai più una delle tante» sussurrai, leccandole il collo. Ero carico al massimo, sarei potuto durare per ore. Strusciai su di lei e vestito dopo vestito, ci ritrovammo nudi sotto le coperte. I nostri corpi erano caldi, si desideravano l'uno all'altra. E anche il mio cazzo desiderava entrare in qualcuno, ma questo era implicito.
«Ti voglio...» Debbie morse il mio lobo, facendo incontrare la sua intimità contro la mia. Gesto che mi fece gasare come da prassi. Senza aspettare altro mi posizionai e con un unico colpo, le entrai dentro fino in fondo, facendola rimanere senza fiato per secondi. Il suo corpo si era irrigidito e presi a baciarle il collo, facendola rilassare, mentre con il bacino indietreggiavo e rientravo in lei.
Ansimammo tra le spinte, una più forte dell'altra. Il sudore mi colava sulla fronte, mi sentivo in ecstasy. Vedere Debbie sotto il mio corpo, ansimante e presa dagli spasmi era impagabile.
«Ti s-sfonderei di continuo...» Morsi ripetutamente il suo collo, sentendo il suo godere aumentare ad ogni mia frase che sussurravo. Era sporca nel sesso e mi piaceva come poche.
Sentì i suoi muscoli contrarsi e spinsi rude, uscendo prima di venirle dentro. Mi svuotai sulla sua pancia, mentre Debbie inarcava la schiena per l'orgasmo. Dio sei era bellissima.
Baciai la sua testa e mi sdraiai al suo fianco, stringendola. Entrambi respiravamo faticosamente, ci servirono vari minuti per riprenderci del tutto.

Fu lei a parlare per prima «Mi è piaciuto tantissimo» ammise, girandosi verso il mio petto e mi abbracciò.
Non dissi nulla e la strinsi, annuendo. Rimanemmo stretti a coccolarci, senza dire una parola. La cosa strana era che mi piaceva tutto questo, quasi mi stavo abituando ai suoi tocchi e alle sue parole.
«Zayn, vorrei sapere dove sei stato...» disse timorosa per la mia reazione.
La guardai «Non vuoi davvero saperlo» Debbie annuì, invitandomi a parlare «Se sapesti tutto, non mi vorresti più».
«Rimarrò sempre al tuo fianco» Accarezzò la mia guancia, dandomi coraggio.
Mi morsi l'interno della guancia e dissi «E' morto il mio amico, Peers, fra le mie braccia» mormorai, spiegando il perché dei miei vestiti insanguinati, «E' morto assassinato dalla stessa persona che ha ucciso mio padre».
Trattenne il respiro «So che fai parte di brutti giri, Zayn» mormorò «Vorrei che la smettessi, lascia al passato ciò che è passato».
Rimasi colpito da quelle sue parole, era la verità. Debbie sapeva sempre dire le cose al momento giusto.
«Papà è stato ucciso, perché voleva uscire da quei giri. Era entrato per pagare la mia assicurazione, feci un brutto incidente da bambino che nemmeno ricordo. È morto per colpa mia» Fissai il soffitto.
Si sedette di scatto «Non è stata colpa tua, eri solo un bambino. Se vuoi vendicare tuo padre, fai arrestare l'assassino. Non rendere tutto il più complicato» disse cercando di farmi ragionare.
«La mia vita è sempre stata una merda, non ho mai...».
Mi anticipò «Hai me ora, non sei solo. Non ti lasciò andare. Puoi ricominciare, lasciare tutto alle spalle, rendere tua madre orgogliosa» Rendere mia madre orgogliosa era ciò che volevo da sempre, ma che non ero mai riuscito a realizzare, «Lascia tutto, stai con me».
«Non so se sia possibile».
«Se vuoi, puoi» Mi fissò intensamente «Hai diciassette anni, davvero vuoi avere quel futuro? Hai bisogno di vivere, di essere felice. Ogni adolescente deve vivere i suoi anni e non avere tutto quello schifo. Tuo padre non avrebbe mai voluto questo, avrebbe voluto che tu studiassi e che crescessi come ogni ragazzo. Avrebbe voluto un figlio sano e felice di vivere, non uno che pensa che ogni giorno sia l'ultimo».
Mi portai le mani sul viso, mio padre era un punto debole che cercavo sempre di nascondere a tutti. Non ero un sentimentale, ma poco a poco stavo diventando più umano. Stavo distruggendo il muro che mi ero creato attorno.
«Mi sento colpevole, mi sento colpevole di tutto» Presi fiato per non piangere, dovevo risultare forte e non un rammollito «Le persone accanto a me muoiono».
Debbie rimase ad ascoltarmi, senza giudicarmi. In un certo senso ero sorpreso che non fosse ancora scappata.
«Ognuno di noi commette errori, eri solo e spaventato. Pensavi che quella fosse vita, ma lo è davvero?» Scossi la testa piano «Dimmi, cosa vorresti fare della tua vita?».
Mi grattai la testa «Sicuramente diplomarmi e trovare un lavoro onesto, per aiutare anche mamma» Ed era la verità «Ma non succederà mai» Riuscivo a deprimermi da solo.
«Può succedere se lo vuoi davvero, devi solo lasciare tutto quello schifo. Definitivamente».
Sarei stato in grado di lasciare tutto quanto? Sarei riuscito a lasciar scorrere tutto e di non mettermi ancora nei casini?
«Posso provarci» La guardai «Ma solo se tu rimani al mio fianco, se tu davvero non mi lasci come tutti» dissi con un filo di voce.
Debbie sorrise, arrossendo «Credo che sia possibile».
Risi e mi sedetti al suo fianco, stringendola al mio corpo. Ebbene era questa la felicità? Stare bene con una persona e non pensare alle schifezze della vita? Se tornassi in dietro di mesi, non avrei mai pensato che mi sarei ritrovato in questa situazione. Forse c'era ancora una speranza per me. Vorrei che fosse davvero così, non dovevo subire tutta questa merda, ero solo un ragazzo e potevo lasciarmi tutto alle spalle, ricominciando da zero. Avrei riconquistato la fiducia di mia madre e anche quella in me stesso.
Mamma diceva che ero un bimbo felice, avrei fatto di tutto per riesserlo.
«Basta con quella merda, ti giuro che lascerò tutto quello» Ero deciso.
Strinse la mia mano, sorridendo «Sarai la persona più bella e migliore di questo mondo. Credo in te» Era la prima volta che sentivo quelle tre parole dirette a me.
«Non ti deluderò» Era una promessa a lei e a me stesso. Sarei diventato una persona migliore, affidabile e meno spericolata. Sarei cambiato in meglio.
Sorrisi e la guardai «Fidati di me» Presi il suo mento con due dita e avvicinai i mio viso al suo. Fiorai più volte il suo naso e le sue labbra, scrutavo ogni sua movenza e perfezione. Non aspettai altro e la baciai, assaporando tutta la dolcezza che poteva darmi.
Mi staccai dopo poco e Debbie sorrise «Non baciavi solo se provavi amore?» Risi e unì ancora le nostre labbra, rispondendo con quel bacio alla sua domanda.

Continua...

Spazio d'autrice

Buon pomeriggio splendori.
Inizio con un grazie per le 4000 visualizzazioni, sono felicissima.
Spero che la storia vi stia piacendo.

Cosa pensate di Zayn in questo capitolo? Vi sempre più umano?

Se vi piace la storia, vi prego, votate e commentate. Vorrei sapere le vostre opinioni.

Se mi cercate su Twitter sono @myloverismalik
Baci Valentina.

The Bad Boy || Zayn Malik||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora