CAPITOLO 3

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Sbam.
Il rumore di un oggetto che cade per terra mi fece aprire gli occhi. Era ancora notte, e non vedevo a un palmo dal naso. Con la mente impastata dal sonno, mi fornii la spiegazione più ovvia.
"Sarà stata zia Meg mentre andava a fare il suo spuntino delle tre." E poi ha ancora il coraggio di dare la colpa a me per quelle incursioni notturne...
SBAM!
"Di nuovo?! Che delicatezza, zia." A malincuore, decisi di andare a dare un'occhiata in cucina. Mi consolai pensando alla soddisfazione di coglierla con le mani nel sacco, o meglio, nella dispensa.
La cucina si trovava dalla parte opposta della casa, e per raggiungerla dovevo passare davanti al salotto e alla camera di zia Meg, ma qui mi bloccai. Perché zia Meg era sulla poltrona che russava?
"Ma allora... chi c'è in cucina?"
Zampettai il più silenziosamente possibile fino alla mia destinazione, e rimasi impietrita davanti a ciò che mi trovai davanti.
Illuminata dalla luce fioca della luna che entrava dalla finestra, la cucina era stata messa completamente a soqquadro. "Che disastro...la zia stavolta mi uccide sul serio."
Spostai lo sguardo sul tavolo, e vidi una figura rannicchiata mentre rosicchiava qualcosa che teneva tra le mani.
La cosa che mi colpì di più, però, fu la sua schiena, da cui spuntavano due lunghe ali trasparenti, simili a quelle di una libellula. Forse avvertì la mia presenza, perché interruppe lo spuntino e girò la testa di profilo, fiutando attentamente l'aria.
I capelli scuri coprivano parte del viso, e un leggero spostamento d'aria ne scostò una parte appena sufficiente perché potessi scorgere i lineamenti del volto del misterioso visitatore.
Spiccavano sulla pelle candida due labbra rosse e sottili, un naso a punta e due occhi vuoti, scuri, spenti e da cui partivano strane righe nere, simili a lacrime.
Avevo già visto quel volto.
Trattenni il fiato, il sangue che pulsava nelle orecchie, assordante, e sperai che non mi avesse sentita. Ma non fui così fortunata.
《Chi c'è dietro la porta? Ssu, vieni fuori e ffatti vedere. Posssiamo giocare insssieme. Ti andrrebbe di giocare con me?》chiese cercando di sembrare rassicurante. Peccato che i suoi buoni propositi furono mandati in fumo dalla pronuncia sibillina delle parole, che vanificava ogni tentativo di inganno.
Terrorizzata, mi appiattii contro il muro, cercando una nicchia o qualcosa in cui nascondermi. Le mie dita incontrarono ciò che stavo cercando: un piccolo spazio tra le tende e la mensola. Grata di quella scoperta, mi ci infilai senza troppe cerimonie benedicendo la mia bassa statura e il corpo minuto, lasciando una piccola fessura per vedere il corridoio.
Giusto in tempo. Con la luce delle stelle come testimoni, vidi un'ombra allungarsi sul pavimento.
《Piccola gemma, vieni fuori, fatti vedere da un vecchio amico. Non ti ricordi di me? Oh, forse eri troppo piccola.. Hai paura di me, piccola Elodie? Hai davvero paura del tuo amico Salem..?》disse con tono ferito, continuando a fiutare l'aria.
Salem...perché mi suonava familiare? Era come riconoscere una melodia ma non ricordarne il titolo.
E sapeva il mio nome. "Chi è questo, un indovino? Un mago? Una libellula gigante travestita? Voglio delle risposte, accidenti. "
L'inquietante tizio - libellula svolazzava per il corridoio come una falena vicino a una luce, canticchiando una canzoncina che mi suonava familiare. (Coincidenze? Mah, possibile)
《Piccolo fiore nero e rosa,
la tua corolla riposa
sullo stelo sottile,
perché non sarà facile
fare il tuo dovere...》
No, aspetta. Il mio dovere? Ma cosa...
La tenda si spostò bruscamente, e mi ritrovai faccia a faccia con l'uomo libellula. Con un sorrisetto soddisfatto, esclamò battendo le mani, felice come un bambino davanti ai regali di Natale:
《Eccoti, finalmente, piccolo fiore. Ti ho trovato! E quando verrà il momento, verrai a giocare con noi. Vero, piccola?》
Gridai con tutta l'aria che avevo in corpo, e un energico ceffone mi riportò alla realtà.
《Piccola disgraziata! Mi hai fatto prendere un infarto, lo sai? Cammini per la casa e ti metti pure a urlare! Ma stavolta non la passi liscia, stanne certa...》La voce roca della zia Meg mi perforava le orecchie e, oltre alla puzza del suo alito, mi arrivava persino qualche schizzo di saliva, ma non ero mai stata così contenta di vederla. È stato un sogno, solo un sogno....mi guardai intorno. Ero nella nicchia, ma era mattina e Salem se ne era andato.
Che sollievo...

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