capitolo 2

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Lasciai in banca un bonifico bancario per mia madre, aspettai pazientemente che le porte si aprissero e uscii, c'era un gran vento ma l'aria era calda, umida e fastidiosa era questo il bello/brutto di Londra, bastava un momento e il tempo cambiava quasi magicamente.
Aspettai un taxi, non fu un'attesa lunga, fortunatamente ne passavano molti, feci un segno all'autista che si fermò davanti a me e salii, avevo provato anni prima a prendere la metro, ma quegli spazi chiusi, pieni di persone mi infastidivano troppo, finché continuerò ad avere disponibilità economica, i taxi sarebbero stati i miei migliori amici, in caso contrario mi sarei dovuta nuovamente accontentare.
Mi diressi a casa tra il traffico snervante, il rumore assordante delle auto e delle persone, il caldo non agevolava sicuramente  la situazione.
Mi sentivo di cattivo umore oggi, avrei potuto dare la colpa al clima, al traffico, o ad altre mille piccole cose, ma spesso mi capitava, volevo starmene per le mie, in pace, ma sfortunatamente non potevo.
Tra meno di due ore avrei avuto un cliente, benché non ne avessi la minima voglia, entrai in casa, chiusi la porta dietro di me. Casa mia era confortevole, il mio angolo di mondo, in un piccolissimo appartamento poco arredato, la mia salvezza da tutto quanto.
Andai direttamente in bagno, mi guardai allo specchio facendo qualche smorfia, anche il mio viso oggi mi sembrava grigio, per conformarti bisogna prendere il bello e il brutto no? Mi infilai nella doccia e lasciai che il getto caldo dell'acqua mi sciogliesse un po' i nervi, i vicini di sotto sembravano star traslocando dal rumore che facevano.
Uscii, mi asciugai i capelli e arricciai le punte. Non avevo proprio un bell'aspetto, mi passai un bello strato di fondotinta che speravo potesse nascondere sia la stanchezza che il malumore, e optai per mettere un classico tubino nero e delle scarpe col tacco.
Mi passai una riga di eye liner e del mascara, quello della mia marca preferita.
Non era semplice in giorni come questo,dovevo anche studiare, cosa che ultimamente stavo lasciando molto andare, come tutto il resto della mia vita d'altronde. Nel tempo rimasto decisi di mangiare qualcosa, il frigo era vuoto ovviamente, se non facevo la spesa non potevo aspettarmi che si riempisse da solo.
Mangiai lentamente un sandwich che avevo comprato da un off-licence la sera prima, non sapeva di molto, ma riempiva lo stomaco che implorava cibo, quindi andava benissimo.
Mi accorsi che mi ero preparata troppo in fretta, avrei potuto rilassarmi qualche minuto in più, ma ormai era fatta, non aveva senso buttarsi sul divano.
Uscii dall'appartamento, mentre scesi le scale chiamai un uber, uscii dall'edificio e dopo qualche minuto salii sull'auto che mi portò all'hotel.

In un quarto d'ora arrivai, ringraziai l'autista e chiusi lo sportello uscendo.
Guardai l'hotel di fronte a me, era molto bello, qui tutti lo erano, molto alto, pieno di vetrate e balconi spaziosi, il colore dominante era sicuramente il bianco, c'erano piante rampicanti che pendevano dai balconi e si muovevano al ritmo della leggera brezza che vi era.
Probabilmente era uno di quegli hotel dove per passarci la notte come minimo dovevi spendere un'intero stipendio medio, o almeno, dava quell'impressione.
Entrai, dentro, come fuori, lo spazio era interamente di bianco, dal pavimento, alle tende, perfino la receptionist era vestita di bianco, poteva mimetizzarsi all'ambiente con l'unico difetto della chioma bionda platino, se si fosse appoggiata al muro avrei potuto non notarla.
Mi avvicinai al bancone, la receptionist mi salutò e io gli chiesi dove potevo trovare Carl Jonson, era un cliente abituale e penso un nome noto anche per lei visto che non consultò neanche sul computer, eravamo soliti a vederci in hotel, non gli avevo mai chiesto la motivazione e in fondo non volevo saperlo, immaginavo che più della metà dei miei clienti avesse moglie e figli e questa cosa mi pesava profondamente ogni volta che ci pensavo.
Cercavo di estraniarmi completamente mentre lavoravo, sia dalla mia vita che avevo al di fuori, che per la loro, forse i miei 'clienti' facevano lo stesso, ma la soluzione più semplice era quella di non pensarci.
La ragazza si girò e allungò una mano verso il telefono fisso.
<<Signor Jonson? La cerca una ragazza,può scendere, oppure posso farla salire?>>
Annuì due volte con la testa e attaccò poi si rivolse a me.
<<Arriva subito signorina, si può sedere se lo desidera>>
La ringraziai,mi avvicinai ai divanetti senza sedermici, aspettai un paio di minuti poi lo vidi scendere dall'ascensore e venirmi incontro
<<Carl>>
<<Aurora>>
Lo baciai sulla guancia.
<<Sei sempre bellissima>>
Mentre salimmo in ascensore mi porse le rose, ogni volta me ne portava un mazzo, era un gesto sicuramente dolce, ma onestamente lo trovavo un po' fuori luogo vista la situazione, anche se oramai sapevo che era solito a farlo, gli sorrisi.
<<Non ti piacciono?>>
Probabilmente il mio viso aveva lasciato trasparire ciò che pensavo, forzai un sorriso
<<Mi piacciono, davvero,sono bellissimi, come al solito, non dovevi>> mentii.
Non capivo la motivazione nel regalarmi qualcosa quando il nostro 'rapporto' non si spingeva oltre al rapporto sessuale, come era normale che fosse in fin dei conti.
Salimmo in stanza, la camera era spaziosa, con un letto imponente al centro, piuttosto spoglia e con un profumo molto forte, floreale.
Lui chiuse la porta dietro di se e mi saltò letteralmente addosso, mi chiese di spogliarmi velocemente, mi tolsi ogni cosa a parte i tacchi, lui era già steso a letto, che mi guardava.
Era sempre il solito.
<<Ti sto aspettando>>
Avanzai verso di lui, si tolse l'accappatoio con la quale mi aveva accolto, e avevo in bella vista la sua erezione,aveva indosso soltanto i boxer,gli salii sopra e lo torturai strusciandomi per un pó su di lui, e sussurrandogli all'orecchio quello che stavamo per fare.
Si allontanò qualche secondo per aprire e indossare un preservativo che aveva sul comodino, pronto per l'occasione,lo aiutai a sfilarsi i boxer e presi in bocca il suo membro, non passò neanche un attimo che mi spostò, mi aprii le gambe ed entrò velocemente in me,gemetti per il suo modo brusco,non mi piaceva affatto,era un controsenso con il suo aspetto e il suo carettere.
I suoi colpi si erano fatti decisi e veloci sotto i nostri gemiti,non  feci in tempo a dire nulla che si svuotò si di me,era durato poco,ed ero contenta di potermene già andare.
Mi rialzai lentamente andando a prendere il vestito,mi chiese di lasciargli le mie mutande e io acconsentii.
<<Vuoi rimanere? Ti pago il resto>>
Mi disse stiracchiandosi sul letto con una mano dietro alla testa, feci segno di no mentre mi sistemavano la giacca.
<<No,scusami tanto ma ho degli impegni>>
<<Non puoi proprio rimandare?>>
<<No Carl, davvero, ci sentiamo comunque>>
Lui annuì sconfitto, avevo tempo onestamente, ma volevo dedicarlo a me.
Presi le rose che precedentemente mi aveva regalato e mi avviai verso la porta,non avevo motivo di dilungarmi troppo,mi pagò,mi palpó il sedere e mi aprì la porta
<<Ciao Carl>>
<<Ci sentiamo Aurora,questa settimana sono in vacanza con mia moglie,appena torno mi faccio sentire>>
<<Non è un problema, a presto>>
Annuii presi l'ascensore e uscii dall'hotel in fretta,non volendo mi trovarmi a mettermi nei panni di una moglie ignara che suo marito andava a letto almeno cinque volte al mese con un'escort,non ci riuscii bene, ma sicuramente anche non avendolo vissuto non l'augurerei a nessuno di certo.
Oggi era stata davvero breve fortunatamente, girai l'angolo e buttai le rose in un bidone per la spazzatura.
Provai un pó di pena per quella donna,ma il lavoro era lavoro,l'avevo dovuto accettare tempo fa, il lavoro in se e le conseguenze che portava, e il senso di colpa era di gran lunga uno dei primi problemi in lista.
Una volta a casa tolsi le scomodissime scarpe, e mi buttai immediatamente in doccia, cosa che ogni volta mi rilassava e sembrava allontanarmi da tutto ciò a cui non volevo pensare.
Usai i miei shampoo e saponi preferiti,poi mi asciugai con calma i capelli e il resto del corpo, una volta finito mi buttai sul divano, ma come al solito in tv i programmi decenti scarseggiano.
Forse era il caso di studiare, presi il libro, e cercai di concentrarmi a imparare quello che stavo leggendo.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito, chiusi il libro. Accesi il mio secondo telefono, ne usavo due solitamente, una per la mia vita, e uno per il mio 'lavoro'.

La storia di un'escortDove le storie prendono vita. Scoprilo ora