capitolo 5

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Passai in banca e caricai i soldi sul conto di mia madre, dovevo trovare un nuovo modo per inviargli più soldi, ultimamente non avevo lavorato molto, ma forse era meglio così, spesso era sospettosa, ma non mi importava, l'importante era l'obbiettivo principale: mancava poco, i debiti erano quasi estinti,volevo togliergli questo peso al più presto, non se lo meritava, volevo per lei la miglior vita possibile, e lentamente si stava avvicinando.
Passai al centro commerciale, fare shopping mi rilassava, mi permetteva di tenere la testa un po' fuori dai soliti problemi, ero cosciente di essere la fonte di tutte le mie problematiche, ma non era così facile uscirne come rendertene conto.
Ieri Jane era stata con me per tutta la sera sopportando il mio umore che variava tra un assolutamente tristezza disperata e rabbia, grazie a lei questa mattina mi ero svegliata con qualche peso in meno.
Entrai da Lucy, un negozio molto grande di intimo, uno dei miei preferiti, guardai la nuova collezione, c'erano modelli classici, alcuni più sexy, altri più anonimi.
Uscii vittoriosa, comprai  un reggiseno rosso semi-trasparente e altra lingerie, comprai un regalo anche a Jane, come me adorava quel negozio, era il minimo che potessi fare visto quello che aveva fatto per me.
Vagai un per un po' senza meta, osservando le vetrine colorate dei negozi e la gente che mi camminava davanti, cercando di concentrarmi a pensare a cosa mi servisse visto che ero già qui, ma perlopiù per evitare di pensare a cose più scomode.
Incontrai Anna nel negozio dove andavamo a fare compere insieme, una volta.
Mi vide e subito guardò altrove, chissà come andavano le cose con Ryan, una parte di me sperava ovviamente che andassero male anche se mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto, mi ero dimostrata davvero immatura.
Mi sentii a disagio e uscii immediatamente, non stavo scappando da lei, ma dalle emozioni negative che mi trasmetteva, una volta non vedevo l'ora di vederla, sapeva tutto di me, pensieri, paure, di tutto, pensavo fosse l'unica al mondo in grado di capire come stavo.
Mi sbagliavo di grosso.

Oggi non avevo clienti, c'era una festa privata ed ero stata invitata da uno dei proprietari che conoscevo bene, svariate volte mi aveva chiamata per divertirsi un po'.
Andai a casa, per l'occasione indossai uno dei reggiseni comprati al centro commerciale, un abito elegante bianco perla e dei tacchi laccati di un colore molto simile.
Lasciai i capelli mossi, passai un filo di eyeliner e un sfumai un pò di ombretto ed ero pronta.
Avevo bisogno di cambiare aria e divertirmi un po'.
Presi un taxi, approfittai della distanza che non era poi molta, per sprofondare nel sedile e rilassarmi', ero stanca, volevo riposarmi, ma mi sarei pentita di non essere andata alla festa, ma forse no, ma non sarei riuscita a sopportare un'altra serata intera io e i miei pensieri e sensi di colpa.
Tom mi aspettava all'entrata con un drink in mano, era un tipo sulla quarantina, alto, magro e ben curato.
Non mi dispiaceva affatto, era sempre educato e molto gentile, era ''felicemente'' scapolo, o forse sposato con i suoi soldi e sembrava bastargli.
Mi accolse abbracciandomi
<<Auri mancavi solo tu, sei bellissima come sempre!>>
Sorrisi.
<<E tu sei troppo gentile Tom, grazie di avermi invitata>>
Gli sorrisi debolmente mentre osservavo le vetrate del locale, sicuramente un posto del genere non si preoccupava di ostentare troppo, anzi, proprio il contrario.
<<Vieni, andiamo a bere qualcosa>>
Il locale era affollato da gente ben vestita e dall'aria snob, la musica non era troppo forte, c'era un pezzo carino con una base elettronica che non avevo mai sentito.
Camminai dietro a Tom, fortunatamente non avevo bisogno di toccare le altre persone per passare, era una cosa che mi infastidiva molto, odiavo entrare in locali sovraffollati.
Chiesi al barista un gin tonic, mi chiese quale gin preferissi, il barista era davvero un bel tipo, muscoli scolpiti, biondo e bel sorriso.
Mi sorrise porgendomi il drink.
Ritornai più volte a chiedere da bere, non tanto per il gin tonic, anche se era davvero ottimo, ma più che altro per il ragazzo dietro bancone.

Alla fine della serata ero ubriaca marcia, ero andata più altre di quello che doveva essere la mia soglia limite.
Avevo passato una bella serata, avevo ballato tanto, avevo fatto due chiacchiere con Tom, e rivisto anche una vecchia conoscente promettendole che ci saremo riviste presto.
Rendendomi conto dello stato in cui ero e visto che il locale era in chiusura e semi-vuoto uscii, tenendomi ben stretta al corrimano della scalinata.
Le gambe mi sembrava andassero da sole, prestai particolare attenzione ai miei piedi e a come posizionarli, per evitare di inciampare e fare una figuraccia.
Mi si stavano chiudendo gli occhi,che ore erano?
L'aria fresca mi pizzicava sulle guance, e non capii se mi stava aiutando o meno.
Poco distante notai il camioncino illuminato, conoscevo bene Andrés, e gli andai automaticamente in contro.
C'era un po' di fila, e Andrés non c'era, solita fortuna, ma alla fine ero qui per i Churros, il mio stomaco stava brontolando violentemente, pregandomi di mangiare ( e forse anche il mio fegato di smettere di bere).
Gli chiesi una porzione piccola, e ne assaggiai un morso, il gusto dolce e delizioso mi invade le papille gustative, ne ingurgitai 3 in pochissimo tempo.
Ritornai davanti al locale, le luci erano tutte spente, era definitivamente chiuso.
Decisi che la cosa migliore era chiamare un taxi, notai degli scalini del negozio di fianco, anch'esso chiuso,e mi sedetti su uno di quelli perché facevo realmente fatica a stare in piedi.
La testa mi girava ancora, cercai il mio telefono nella borsetta, ci impiegai molto di più di quanto fosse consono.
Presi in mano il telefono e notai che il display non si accendeva,premetti il tasto per l'accensione: batteria scarica.
<<Cazzo!>>
Infilai con forza il telefono in borsa,mi sentii una mano sulla spalla, ero pronta a mettere in atto le migliori mosse di Karate che avevo imparato in 5 lezioni a 6 anni.
<<Tutto ok ?>>
Mi sentii un'idiota, ma un corso per la sicurezza personale non sarebbe stato una cattiva idea, era il barista di prima, quello bello da far paura😔.
<<Si,cioé no..>>
Non riuscivo neanche a parlare decentemente, ma nella mia testa aveva senso.
<<Hai bisogno di un passaggio?>>
Annuii, meglio non parlare.
<<Potevi dirlo subito>>
Mi sorrise di nuovo, chissà che faccia da ebete avevo in questo momento,mi alzai in piedi tornando un po' in me
<<Posso tornare da sola, vorrei solo chiamare un taxi>>
Lui mi aveva già voltato le spalle, per andare probabilmente verso la sua auto
<<Non fare complimenti, non sono uno che rapisce ragazze ubriache che trova in discoteca>>
Sorrisi guardando in basso
<<Non vorrei disturbarti>>
Cercai di stargli dietro ma camminava troppo veloce, o forse a passo normale, ma la mia ubriachezza e i miei tacchi a spillo non aiutavano la mia stabilità e coordinazione.
<<Principessa, ci porta la macchina, io non devo far niente praticamente se non guidarla, penso proprio di farcela.>>
Mi fece strada, e salii nella sua macchina, era sportiva e carina, sbattei leggermente la testa salendo, fortunatamente non lo notò.
<<Ok ci siamo>>
Si allacciò la cintura e mi passò il telefono
<<Se imposti l'indirizzo di casa tua su mappe facciamo prima>>
Annuii, digitai la via, da quando era così difficile scrivere? E il numero della casa.
<<Grazie>>
<<E di che>>
Mi svegliai quanto sentii lo sportello aprirsi,spalancai gli occhi di colpo e vidi il barista di prima.
<<Cosa c'è?>>
Cercai di essere il più seria possibile.
<<Questa è la mia macchina sai? Mi hai chiesto di portarti a casa>>
Stava ridendo, ed io ero un idiota, ero riuscita addirittura ad addormentarmi, la fortuna stasera era altrove.
Mi strizzó l'occhio e rise ancora.
<<Scusami..>>
Scesi con calma, il mio corpo non mi permetteva ulteriore velocità.
<<Grazie mille e scusami per il disturbo>>
<<Di niente, ti auguro una buona notte>>
Gli sorrisi, lo guardai un'ultima volta e mi avviai al portone.
Aprii la borsetta, cercai le chiavi, ma le chiavi non c'erano,presa dal panico topai tutto quello che avevo dentro, ma essendo una borsa piccola era impossibile non trovarle: le avevo perse.
Imprecai, l'unica persona che poteva farmi entrare era il padrone di casa che aveva ovviamente la chiave di riserva, presi il telefono per chiamarlo, ma imprecai una seconda volta quando ricordai che si era spento.
Probabilmente a quest'ora dormiva, non mi avrebbe aperto prima di domani mattina.
Mi voltai verso la strada e vidi che il barista era ancora in macchina
<<Che stai aspettando?>>
Gli chiesi.
<<Perché non entri?>>
Mi sentii una perfetta idiota.
<<Non lascerei mai una principessa indifesa prima di vederla entrare in casa, sono anche un cavaliere quando mi impegno>>
Risi della faccia convinta che stava facendo.
<<Ho perso le chiavi>>
Barcollai di nuovo fino alla macchina per sentirlo meglio.
Scosse la testa e fece un mezzo sorriso
<<Come hai fatto?! Comunque, cé qualcuno che può ospitarti per la notte di cui ti fidi?>>
Scossi leggermente la testa che prese a girare malamente.
Mia madre abitava lontano, e a quest'ora l'unica opzione era un hotel.
<<No, ma andrò in hotel, grazie mille ancora per avermi accompagnato, ci vediamo>>
Gli sorrisi e mi incamminai lungo la strada, a venti minuti da qui c'era un hotel.
L'auto che ormai era familiare arrivò pari a me in retro.
<<Dai sali, non ha senso pagare un hotel, vieni da me>>
Scossi la testa
<<Non posso davvero, già sono in debito con te per il passaggio>>
<<Dai muoviti e sali, domani penserai al debito>>
<<Si papà>>
Lo canzonai.
Risalii in macchina e chiusi gli occhi, respirando il profumo dell'abitacolo, poi li riaprii immediatamente, non volevo riaddormentarmi, basta figuracce per stasera.
<<Rapisci spesso ragazze che trovi in discoteca senza chiavi?>>
Mi guardò sogghignando e ritornò a guardare la strada.
<< È il mio hobby preferito>>
<<Ma in realtà no>>
Scossi la testa.
Mi stava venendo un po' d'ansia, non sapevo che dire, e pensare di dormire a casa sua, non ne capivo la motivazione ma mi faceva sentire in agitazione, avrebbe dovuto essere una cosa normale visto il lavoro che faccio, non capii, ma al cento per cento era L'alcool a pensare e ad agire per me.
Arrivammo molto in fretta, o almeno così mi era sembrato.
Arrivammo in un palazzo non troppo alto, uguale agli altri, molto simile al mio e come a tutti quelli di Londra.
Entrammo da un portone, casa sua era la prima davanti a delle rampe di scale, aprì la porta con attenzione a non far troppo rumore e io lo seguii in silenzio.
<<Ecco qua,scusa se c'è casino ma non aspettavo ospiti>>
Sbadigliai e scossi la testa, di nuovo scelta sbagliata.
La casa era carina,la cucina e il salotto erano in un unica stanza,c'era un pó di disordine,le tende erano spalancate e si riusciva a vedere un bel panorama della città, aveva un buon odore.
Sbadigliai di nuovo.
Barcollai in avanti, la nausea era insopportabile e la testa non ne voleva sapere proprio di smettere di girare.
Probabilmente lui notò il mio stato
<<Ti aiuto ad arrivare al letto>>
Mi prese in braccio, inizialmente volevo dirgli di mettermi giù, ma non avevo neanche la forza di parlare, appoggiai la testa nell'incavo del suo collo,aveva un buon profumo,lo stesso che avevo sentito in macchina.
Mi posò delicatamente sul letto, le coperte erano morbide sotto il mio peso, mi sentii immediatamente meglio.
<<Buona notte>>
Lo fermai afferrandogli la mano, cosa stavo facendo? Non lo sapevo nemmeno io.
<<Ti serve qualcosa?>>
Non sapevo cosa dirgli, presi un po' di tempo guardando altrove, continuando a tenergli la mano per non farlo andare via.
<<Niente>>
Lui annuì
<<Se ti serve qualcosa sono nella stanza accanto>>
Aveva i capelli scompigliati, era tremendamente bello, lo guardai uscire dalla stanza socchiudendo la porta.
L'alcool era ancora in circolo, non riuscii a togliermi nemmeno i vestiti, mi voltai di lato mettendo una mano sotto al cuscino e chiusi gli occhi.

La storia di un'escortDove le storie prendono vita. Scoprilo ora