Capitolo 6

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Un'uomo brizzolato mi era davanti, era seduto composto sul divano, era vestito bene, la cravatta dai disegni stravaganti rompeva quel completo troppo serio.
Sorrideva e mi parlava, non riuscii a comprendere il senso di quelle parole, quasi mi parlasse in una lingua a me del tutto sconosciuta.
<<Auri, andrà tutto bene,devi fare la brava, io torno presto>>
In quel momento vidi l'immagine da fuori, come se stessi guardando la tv e non come se ci fossi dentro.
La bambina seduta affianco a lui continuava a chiedergli di restare e per quanto piangesse lui continuava a ripetergli la stessa e identica frase.
Lui si alzò, le bacio la fronte piccina, e gli disse sussurrando <<Ti voglio bene>>
La piccola seduta sul divano scuro non smetteva di piangere, si attaccò perfino alla sua gamba per farlo rimanere, ma l'uomo se ne andò comunque.
La porta si chiuse dietro di lui.


Aprii gli occhi ansimando, li richiusi di nuovo e respirai forte, sognare mio padre era sempre straziante, mi lasciava una sensazione strana, come se avessi mangiato qualcosa di talmente amaro che sembrava non volersi andare, neanche bevendo litri di acqua o di succo di frutta.
Era tanto tempo che non lo vedevo, non ricordavo neanche quanto ormai, ci aveva lasciate sole e mia madre aveva dovuto occuparsi di me,farmi anche da padre quando tornava a casa stanca morta dal lavoro.

Balzai seduta quando mi accorsi di non essere a casa mia, mi guardai affianco: ero sola, non era successo niente.
Sospirai, togliendomi un ciuffo di capelli che mi era caduto sul viso, la borsa era sul comodino, mi sporsi leggermente, le scarpe erano vicine ai piedi del letto.
Il mal di testa sembrava sempre più forte e c'era troppo sole in stanza, cercai di prendere la borsa senza spostarmi troppo e cercai il telefono per vedere l'ora, ovviamente era spento da ieri sera.
Mi alzai, e vidi un orologio: le sei del mattino, troppo presto.
Chiusi le tende e in camera tornò il buio,non volevo andare a casa,era ancora presto e volevo solamente dormire, non avevo un antidolorifico con me, la miglior cura era dormire, e se il barista doveva fare qualcosa mi avrebbe sicuramente svegliata.
Mi stesi nell'angolo del letto, mi girai un paio di volte, era strano dormire a casa di qualcuno.
Abbracciai il cuscino e chiusi gli occhi, cercando di non pensare troppo al mal di testa.

La storia di un'escortDove le storie prendono vita. Scoprilo ora