Capitolo 3

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<< Svegliati, stupida umana >> sentì dire da una voce profonda.
Ancora mezza addormentata, Gea credette che si trattasse soltanto di un sogno, così si girò su un lato e sistemò il cuscino sopra la testa.
<< Be', l'hai voluto tu. Odio ripetermi >> continuò a dire quell'odiosa voce, adesso con una nota di divertimento.
La ragazza avvertì il materasso inclinarsi, dopodiché un sonoro "zac" risuonò per la stanza.
Che cose strane che succedevano nel suo sogno... Addirittura riusciva a sentire una risata cristallina accanto al suo orecchio, come se fosse reale... Aprì gli occhi di colpo e lanciò il cuscino a terra, facendo volare con esso delle ciocche di capelli.
Si bloccò ad osservare quella scena agghiacciante, senza trovare la forza di constatare cosa fosse successe ai suoi stupendi capelli dorati.
<< Che... che cosa hai fatto? >> chiese con un filo di voce. Non riusciva a staccare gli occhi dai suoi fili d'oro riversi sul pavimento.
Alzò una mano e si sfiorò la testa, per poi scendere fino a quando avrebbe trovato qualcosa da toccare. Poco sotto la spalla le sue dita scivolarono nel vuoto. Non c'era più nulla. Fino a pochi minuti prima i capelli arrivavano a toccarle i gomiti, adesso si sentiva come spogliata e denudata. Priva di protezione.
<< Sei un maledetto! >> urlò voltandosi a guardare Deimos. Il ragazzo era assolutamente a suo agio, con un sorriso maligno pennellato sul viso ed un'espressione soddisfatta.
Alla vista di una tale faccia da schiaffi, Gea scattò con l'intenzione di sferrargli un pugno, ma fu prontamente bloccata ed atterrata.
Deimos le bloccò le mani ai lati della testa e sorrise divertito. << Pensavi di potermi picchiare? Poverina. >>
La ragazza strinse i denti e cercò inutilmente di liberarsi. Ogni sforzo era vano, ogni strattone uno spreco di forze. Le faceva ancora male il braccio, perciò i suoi movimenti risultavano più lenti e faticosi.
<< Levati >> ordinò incatenando gli occhi a quelli del ragazzo.
Deimos mosse la bocca in una smorfia compiaciuta. << Se no che mi fai? >>
<< Ti faccio saltare tutti i denti con una testata >> ringhiò Gea, chiudendo le mani a pugno.
<< Sei davvero spassosa. >>
<< Mai quanto te >> ribatté rapidamente. << Ti ho detto di toglierti. >>
Il giovane scosse la testa senza far scomparire quel sorrisetto indisponente dalle labbra. << Perché non provi a spostarmi? >> le domandò con aria di sfida. << Il tuo allenamento comincia da ora. >>
<< Sei uno... >> Gea si morse il labbro, arrestando in tempo l'offesa che stava per rivolgergli. Sapeva bene che se solo lo avesse provocato la situazione sarebbe degenerata a suo sfavore.
<< Si? Stavi per dire qualcosa? >> la stuzzicò stringendo le mani attorno ai suoi polsi. << Sono tutt'orecchi. >>
<< Nulla, non stavo dicendo nulla >> tagliò corto Gea, furiosa come solo in quei due giorni si era ritrovata ad essere.
<< Allora agisci, sto aspettando. >>
La ragazza abbassò lo sguardo sul corpo di Deimos. Non si era ancora accorta di come fosse vestito, non che gliene importasse più di tanto. Aveva una maglietta a maniche corte nera e dei pantaloni del medesimo colore, per concludere indossava gli stessi stivaletti pece del giorno prima. Ma non era questo ciò che interessava a Gea... Il suo ginocchio si trovava molto vicino al punto X del ragazzo. Avrebbe potuto colpirlo e poi ribaltare la situazione, sferrandogli un pugno in pieno viso.
Rialzò lo sguardo ed incontrò gli occhi blu notte del ragazzo. Solo in quel momento Gea si ritrovò a pensare che avesse dei lineamenti perfetti: duri, ma delicati. Il tutto incorniciato da dei capelli color ebano: scompigliati, ma ordinati. In quel ragazzo tutto appariva essere in contraddizione. Non c'era nulla di preciso in lui, era tutto un'incognita.
Senza interrompere il contatto visivo, la ragazza piegò rapidamente la gamba e lo colpì. Gli occhi di Deimos si spalancarono per un nano secondo dal dolore. Non si era aspettato un attacco così... basso.
Gea approfittò di quel momento di debolezza per spingerlo di lato e sedersi a cavalcioni su di lui. Caricò il pugno e lo fece partire in direzione del viso del giovane, contratto in una smorfia di dolore.
L'impatto delle nocche di Gea con lo zigomo di Deimos arrivò poco dopo. Il ragazzo fu costretto a piegare la testa di lato e Gea ritrasse la mano, sfregandosi subito dopo le dita. Finalmente ci era riuscita. L'aveva colpito per ben due volte senza che lui se l'aspettasse. Le facevano male le nocche, ma il dolore era niente in confronto alla soddisfazione che stava provando.
Sorrise beffarda e si spostò dal corpo del ragazzo, che era rimasto immobile e con gli occhi chiusi. Che si crogiolasse pure nel suo dolore, a lei ne aveva fatte patire di peggiori.
Si alzò dal letto e mosse un passo, ma prima che il suo piede destro potesse toccare il pavimento si ritrovò a battere la testa contro l'anta dell'armadio.
La ragazza lanciò un urlo non appena avvertì un braccio di Deimos avvolgerle la vita rudemente e spingerla contro una parete, facendole picchiare un'altra volta la fronte.
<< Regola numero tre? Te la ricordi, stupida umana? >> le ringhiò il ragazzo nell'orecchio.
Mai abbassare la guardia, si ripeté Gea nella mente. Strinse i denti, in collera con se stessa per non averci pensato prima.
Deimos le tirò i capelli e la ragazza fu costretta a reclinare la testa all'indietro, finendo per incontrare i suoi occhi incolleriti. Sullo zigomo aveva una striscia rossa, il ricordo che gli aveva lasciato poco prima delle sue nocche.
<< La pagherai cara >> le alitò sul viso con aria minacciosa.
<< E per cosa, di grazia? >> domandò furibonda Gea. << Sei stato tu a dirmi che dovevo liberarmi, io ho solo fatto quel che hai detto. >>
Un sopracciglio di Deimos scattò verso l'alto. << Infatti, dovevi liberarti, non colpire. >>
<< Non avevi specificato, la prossima volta fallo >> tagliò corto Gea, afferrando il braccio del ragazzo attorno alla sua vita per allontanarlo.
Deimos le lasciò andare i capelli, ma continuò a tenerla stretta al suo corpo.
Il silenzio piombò pesantemente nella stanza e Gea si ritrovò ad abbandonare le mani sul braccio del giovane, ponendo dunque fine a qualsiasi tentativo di staccarlo.
Che cosa stava succedendo? Perché il pazzo assassino non si muoveva o non le faceva del male?
Quell'atmosfera era surreale e priva di logica. Un minuto prima stavano lottando, mentre adesso lui la teneva vicina al suo petto senza proferire parola. Che stesse architettando qualcosa? Non c'era da fidarsi, eppure... il cuore di Gea cominciò a battere più velocemente, ma non per la paura.
Avendo abbassato la testa non riusciva a guardarlo negli occhi per capire quali intenzioni avesse, l'unica cosa che vedeva era il muro davanti a sé.
Sentì il respiro del ragazzo sulla spalla e subito dopo il braccio attorno alla sua vita era sparito.
<< Vestiti, e fai presto >> le disse prima di uscire fulmineo dalla camera.
Gea rimase immobile sul posto, incapace di spiegarsi cosa fosse successo in quei secondi interminabili. Era stata solo una sua impressione o... il respiro che aveva sentito sulla sua spalla era... accelerato? Non era possibile, insomma, stava parlando di Deimos non di un tipo qualunque.
Scosse la testa e, dopo aver preso dei vestiti dall'armadio, si diresse in bagno.

I poteri del tetraedroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora