Capitolo 21

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La ragazza parò il primo colpo abbassandosi sulle ginocchia. Ruotò il corpo e con un rapido scatto sollevò la gamba, ma un attimo prima che il suo calcio si abbattesse su Deimos, quest'ultimo si teletrasportò a metri di distanza.
Gea si asciugò la fronte madida di sudore e respirò affannosamente. Era già stanca, sebbene avessero appena cominciato l'allenamento. Il caldo soffocante del deserto nel quale erano giunti non faceva altro che contribuire alla sua spossatezza.
Si guardò attorno ancora una volta, sicura di poter riconoscere quel posto. Lo aveva già visto da qualche parte, forse in una foto, eppure non riusciva a dargli un nome.
La sua mente ricordava perfettamente quelle basse montagne di fine roccia, quelle infinite distese desolate, quel suolo sgretolato e intarsiato di crepe e quel cielo terso e azzurro che arricchiva l'ambiente, facendolo apparire vivo.
<< Dove siamo? >> domandò sempre più incuriosita.
<< Nevada >> rispose secco il giovane. << Deserto Black Rock. >>
Gea sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre la sua mente ripercorreva a frammenti la gita scolastica di qualche anno prima. Li avevano portati a visitare con mano il letto di un lago preistorico ormai prosciugatosi da migliaia di anni. Aveva amato quella giornata, si era sentita in simbiosi con la natura ed infinitamente minuscola difronte a tanta grandezza.
Si sentì afferrare i capelli dalle spalle e chiudere la gola con una mano. Reclinò la testa all'indietro ed incontrò due accesi occhi color cobalto che la osservavano freddamente. << Terza regola? >> le fiatò sul viso.
La ragazza strinse i denti per il dolore e scagliò un gomito contro il suo stomaco, senza però riuscire a colpirlo in quanto il suo colpo fu rapidamente intercettato.
<< Illusa >> la canzonò con un sorrisetto derisorio.
<< Ride bene chi ride ultimo >> ribatté Gea con uno sguardo di sfida. Gli agguantò il polso della mano con cui le teneva la gola e liberò una scossa elettrica. Deimos la lasciò immediatamente andare e si smaterializzò appena in tempo, prima che la ragazza gli mollasse un pugno in piena faccia.
Non ebbe neanche un minuto per cercare il giovane, che attorno alla sua figura si eresse un vortice di vapore caldo e soffocante. Gea girò su se stessa come un animale in gabbia, mentre il suo intero corpo si ricopriva di gocce di sudore.
<< Accidenti >> borbottò in difficoltà. Il vapore intanto continuava a salire verso il cielo, rendendole poco nitida la vista oltre il vortice che le si era creato attorno. Si sventolò con una mano in un disperato tentativo di respirare aria fredda, ma tutto ciò che ottenne furono delle pesanti ed umide ventate contro il viso.
Allungò un dito verso la parete, ma non arrivò nemmeno a sfiorarla dal momento che la pelle le si scottò prima. In preda alla disperazione si sollevò la maglietta, ormai appiccicata alla pelle, e provò a respirarci attraversò con scarsi risultati.
Si riabbassò la maglia e si piegò sui talloni, stanca e stremata per la mancanza di ossigeno e per la disidratazione alla quale stava andando in contro. Tastò il suolo con una mano e le calarono le palpebre, mentre nella mente immaginava che s'innalzassero delle mura di terra entro le quali avrebbe potuto ripararsi. Riaprì gli occhi con convinzione, sforzandosi di mantenerli aperti, e batté un pugno sul terreno. Un leggero tremito fu seguito dallo scaturire di quattro possenti muri di roccia che conversero sopra la sua testa, rinchiudendola in una sorta di gabbia di terra. Gea prese un grosso respiro, finalmente libera d'inalare aria pulita, e posò due dita su una parete, dalla quale immediatamente si estese un basso tunnel che l'avrebbe condotta oltre il vortice di vapore. Si mise carponi e si mosse rapidamente entro le strette mura che aveva generato, scorgendo la luce dopo solo un metro percorso.
Avanzò ancora più in fretta ed uscì dal passaggio, si sollevò in piedi e respirò affannosamente, godendosi la vista del cielo e del sole cocente.
Non le fu dato molto tempo per riprendersi, perché Deimos la colpì da dietro, facendole cedere un ginocchio e destabilizzando il suo equilibrio. Il ragazzo approfittò di quel momento per spingerla con forza e farla scivolare al suolo per qualche metro. 
Gea finì distesa supina con non pochi graffi sulle braccia. Ma senza darsi minuti di recupero, piantò i palmi per terra e si risollevò per cercare con gli occhi il giovane. Non lo vide da nessuna parte, segno che di lì a poco l'avrebbe nuovamente colpita.
Rimase ferma sul posto e si focalizzò sugli spostamenti attorno a sé. Se con Ninlil aveva la possibilità di concentrarsi sugli improvvisi movimenti dell'aria, con Deimos quella possibilità non esisteva. Lui si teletrasportava da un punto a un altro con una velocità sorprendente senza smuovere un filo d'aria, quasi come un fantasma.
La ragazza abbassò lo sguardo sull'asciutto terreno e lo esaminò senza un reale interesse. E fu in quei secondi che si rese conto di un particolare che fino a quel momento aveva sempre trascurato. Ad ogni teletrasporto Deimos non spostava l'aria, ma appoggiava i piedi per terra e ne muoveva i ciottoli o anche i più piccoli granelli di polvere. Sorrise trionfante e deviò la sua attenzione sul controllo completo del suo stesso elemento. Passò una mano sotto la maglia e seguì il percorso delle linee intrecciate attorno al suo ombelico col dito, inspirando a fondo. Avvertì un'onda d'energia risalirle fino al petto, spingere verso le spalle, diramarsi tra le braccia, e scendere fino ai piedi. Sbatté le palpebre più volte mentre la pura linfa vitale che le scorreva nelle vene la rendeva viva e piena di energie.
E poi, d'un tratto, percepì un infimo spostamento di terriccio alle sue spalle. Si volse di scatto, generando delle ulteriori crepe sul suolo, e scagliò un pugno verso il viso del ragazzo, ma questo prontamente piegò la testa d'un lato e lo scansò. Le rivolse un sorriso di scherno e le afferrò il mento tra le dita, costringendola ad alzare il viso.
Gea cercò di liberarsi con scarsi risultati, finché non abbandonò i suoi vani tentativi e puntò le sue accese gemme d'ambra negli zaffiri derisori di lui.
<< Ti sei trasformata >> notò Deimos, sollevando un sopracciglio.
<< Non posso dire lo stesso di te >> ribatté infastidita lei. << Sei il mostro di sempre. >>
Il ragazzo allargò il suo derisorio sorriso sghembo ed avvicinò il viso al suo. << Non ti conviene parlarmi così, umana >> la minacciò con un tono rauco. Le fissò intensamente le labbra, rosse come bacche di biancospino, mentre il cuore della giovane si muoveva ad un ritmo sostenuto.
<< Perché, se no che mi fai? >> gli domandò con un filo di voce.
Deimos si abbassò su di lei e le prese il labbro inferiore tra i denti, per poi stringerlo con forza. Gea mugolò di dolore e cercò di allontanarsi, ma lui le passò un braccio dietro la schiena e l'attirò contro di sé. Allentò la presa dei denti e li sostituì con la punta della lingua, spazzando via una piccola goccia di sangue dovuta al morso.
<< Non provocarmi >> le fiatò con un velo di minaccia ed una sfumatura di ammonimento. 
La ragazza si sollevò sulle punte ed allungò il corpo contro quello di lui, passandogli le braccia dietro al collo. << Dovresti iniziare a non provocarmi nemmeno tu >> gli sussurrò a pochi centimetri dalla bocca. << Potrebbero esserci delle conseguenze anche per te. >>
Il giovane la strinse a sé e sorrise beffardo. << Dipende da che tipo di provocazione parli >> affermò allusivo, piegandosi sul suo collo. << Le conseguenze potrebbero anche piacermi >> le mormorò raucamente all'orecchio.
Gea socchiuse gli occhi e gli lambì il mento con le labbra, sebbene sapesse che non era quello il momento per lasciarsi andare. Perché nella sua mente era già comparsa a caratteri cubitali la parola "vendetta", ma non una dolorosa. Avrebbe solo voluto fargli presente che lei non era da sottovalutare e che certamente non era inferiore a lui per autocontrollo.
Il respiro accelerato di Deimos le inondò l'orecchio, facendole battere il cuore e spingendola a scendere sul suo collo. Gli succhiò un tratto di pelle con lentezza, giocandoci con la lingua e con le labbra fino a lasciargli un segno rosso. Si distanziò per osservare il marchio che gli aveva impresso e fece salire le mani sui suoi addominali da sopra la maglietta. Accarezzò con decisione il suo petto ed infine si stese per arrivare al suo orecchio. << Mai abbassare la guardia >> gli sussurrò un attimo prima di rilasciare una scarica elettrica dai palmi.
Deimos atterrò di schiena dopo un volo di qualche metro, ma non ebbe il tempo di rialzarsi che Gea gli si sedette sul bacino e gli posò le mani sulle spalle per tenerlo incollato al suolo. Due taglienti zaffiri si scontrarono con le gemme trionfanti della ragazza, tornata normale dopo aver fatto passare le dita sul suo intreccio concentrico sulla pancia. << Come si sta nei miei panni? >> gli domandò ironicamente, sollevando un sopracciglio.
Il giovane ribaltò le posizioni con uno scatto e bloccò i polsi di Gea sul terreno. << Perché non me lo dici tu? >> ribatté con uno sguardo di sfida.
La ragazza arricciò il naso e fece una smorfia con la bocca. << Non comodi. >>
Deimos la osservò con attenzione e freddezza. I suoi occhi cobalto si mossero sul volto di lei, dove focalizzarono dei nuovi graffi su una guancia, poi salirono verso le sue braccia, anch'esse ricoperte di corti e superficiali taglietti, alcuni che buttavano ancora sangue ed altri rossi e sporchi di terra. La lasciò andare di scatto, come se le sue mani avessero preso fuoco. Si alzò in piedi e le rivolse un cenno del capo. << Per oggi basta così >> asserì secco.
Gea strinse gli occhi confusa. Da quando aveva avuto inizio l'allenamento aveva notato che qualcosa era cambiata. Non era riuscita a capire di cosa si trattasse, almeno non fino a quel momento. Perché adesso che rimetteva insieme tutti i tasselli, tutti i ricordi sui vecchi addestramenti a cui l'aveva sottoposta si rendeva conto che era mancata una cosa: la ferocia.
Il cuore le batté furiosamente nell'esatto momento in cui la sua mente realizzò che Deimos si era trattenuto dal colpirla, che si era teletrasportato più del solito per non replicare ai suoi attacchi e che le uniche volte che le aveva messo le mani addosso non era stato violento come di consueto.
<< Muoviti >> la spronò perentorio. La ragazza riprese controllo del suo corpo e si sollevò da terra, sfuggendo allo sguardo di lui per l'imbarazzo di ciò che aveva realizzato un attimo prima. Deimos le afferrò un polso e la strattonò verso di sé, cercò di scrutarle il volto nascosto senza successo ed infine si smaterializzarono da quel posto, lasciando solo una bassa nuvola di polvere attorno alle loro ormai scomparse figure.
Riapparvero subito dopo nell'ingresso della loro casa, illuminata dal caldo sole del pomeriggio. La giovane alzò la testa e puntò le sue luminose gemme d'ambra negli zaffiri impassibili di lui. Si guardarono senza parlare, senza pretese o aspettative, ma solo per il bisogno di osservarsi.
<< Eccoti Gea >> esclamò una voce conosciuta, facendo voltare entrambi. Ninlil coprì la distanza che li divideva con delle ampie falcate, posizionandosi accanto a loro con un ampio sorriso. << Ho da darti una bella notizia >> affermò rivolgendosi a lei. << Anzi due >> si corresse ridacchiando.
Gea sgranò gli occhi per la sorpresa. << Davvero? >> domandò eccitata.
L'incarnante dell'aria annuì vigorosamente e le prese una mano, spostando poi l'attenzione su Deimos. << Mica ti dispiace se te la rubo un attimo, vero? >> chiese sbattendo le ciglia.
Il giovane scrollò le spalle e si diresse alla cucina. << Tienitela pure >> disse con un tono freddo e distaccato.
Sia Ninlil che Gea gli fulminarono la schiena, dopodiché si spostarono nel salotto e si misero comode sul divano.
<< Che mi devi dire? >> domandò entusiasta la ragazza dai lunghi capelli dorati.
<< Non ci crederai mai >> iniziò a dire l'altra, saltellando sul posto. << Ma ho incontrato una persona che conosci bene. Ok, parto dall'inizio, così non si capisce niente >> blaterò in fretta e gesticolando ossessivamente. << Ieri sono andata nello Iowa, o meglio, in casa tua per controllare che non ci fosse stato qualche movimento sospetto, del tipo tutto divorato dalle fiamme o allagato. Ma fortunatamente era tutto intatto. Solo che mentre ero dentro qualcuno ha bussato alla porta. >> Si portò una mano sul petto ed intensificò lo sguardo. << Ti giuro, ho rischiato l'infarto. Perciò spero non ti arrabbierai se per la paura ho fatto volare un po' di cose. >>
Gea scosse la testa e sorrise. << Tanto sono sicura che tornerai a mettere tutto in ordine >> affermò ironicamente.
<< D'accordo >> concesse divertita la giovane col caschetto. << Ma torniamo al dunque >> si riprese battendo le mani. << Alla porta era George >> esclamò su di giri, alzando il tono proprio sul nome del ragazzo. << Voleva vederti, ma gli ho detto che ero tua cugina e che tu eri partita per qualche settimana a causa della morte di un parente a te caro >> terminò soddisfatta.
<< Wow >> fu tutto ciò che riuscì a dire l'altra. << E ti sei inventata tutto sul momento? >> chiese impressionata.
L'incarnate dell'aria spostò una ciocca di capelli con nonchalance. << Esatto >> affermò con vanto. << Ma questo non è importante, piuttosto... >> Lasciò cadere la frase con un sorriso malizioso e le prese le mani fra le sue. << Mi ha chiesto quando saresti tornata perché aveva un urgente bisogno di parlarti. >>
<< Mio Dio, e tu che hai risposto? >> le domandò Gea, quasi impaurita.
<< Ho detto che saresti tornata stasera per prendere dei vestiti e che poi saresti subito ripartita dato che la tua famiglia, straziata dal dolore, ti voleva vicina >> dichiarò con un'alzata di spalle ed un largo sorriso.
La giovane dagli ondulati capelli dorati spalancò la bocca. << Non ci credo >> mormorò scioccata.
<< Credici >> esclamò Ninlil ilare. << Lui si farà trovare sotto casa tua alle sette in punto, tu lo farai salire e così ti dirà ciò che ti deve dire. Non ti preoccupare ti aiuto io a scegliere i vestiti, e ho portato anche una mia trousse di trucchi. Sarai perfetta. >>
Gea boccheggiò incredula, dopodiché deglutì ed inspirò a fondo. << Ci sono un po' di falle nel tuo piano >> notò stringendo gli occhi. << Innanzitutto, secondo la tua versione dei fatti,  tu saresti una mia parente, perciò dovresti stringerti nel dolore insieme a me. Secondo, considerando il finto morto a cui sono molto affezionata, dovrei essere triste ed una sorta di straccio ambulante, non farmi trovare in ghingheri e truccata come un quadro, pronta a riceverlo. Terzo, come arriverei fino a casa mia? >> domandò alzando le spalle con un eloquente gesto delle mani.
Ninlil alzò tre dita e sorrise furbescamente. << Primo, sarò passata come la parente insensibile e distaccata, ma non importa. Qualcuno così c'è sempre nelle famiglie. Secondo, il dolore potrebbe aver fatto emergere il tuo lato ribelle e comunque ti truccherò poco, non sarà una cosa vistosa. Terzo, io non potrò portarti in quanto mi dissolvo tramite il mio elemento, ma qui c'è una persona che può farlo benissimo >> affermò alzando il tono di voce e guardando in direzione della cucina.
Gea scosse la testa con poca sicurezza. << Non credo che sia una buona idea. >>
La giovane davanti a lei si posizionò un dito sulle labbra e le fece segno di stare zitta. Dopodiché alzò lo sguardo e lo puntò verso l'altra stanza. << Deimos? >> lo chiamò con un sorriso divertito. << Gea stasera deve tornare a casa sua, servirebbe che tu l'accompagnassi. Potresti farlo? >>
L'interpellato si affacciò al salotto con una birra in mano ed uno sguardo serio. << No >> tagliò corto appoggiandosi al muro con una spalla.
La giovane dai lunghi capelli dorati si volse a guardarlo mentre il cuore le batteva come fosse impazzito dentro al petto. Osservò la sua postura disinvolta e sciolta in netto contrasto con la rigidità della sua fredda espressione.
<< Come no? >> ribatté Ninlil risentita, alzandosi in piedi. << È una questione importante, deve andarci per forza. >>
Deimos sollevò un sopracciglio. << Dovrebbe importarmi? >>
<< Non ti costa nulla, spenderesti giusto due secondi >> insistette la ragazza, con uno sguardo alterato.
<< Non spreco nemmeno due secondi per i comodi degli altri >> la freddò con un'occhiata tagliente.
Ninlil sospirò esasperata e si batté le mani sulle gambe. Si voltò verso Gea e gli indicò il ragazzo con un cenno del capo. << Diglielo tu >> sentenziò avvilita.
La giovane tornò a guardare Deimos. Il cuore le sobbalzò appena si rese conto che lui la stava già osservando con intensità. Abbassò la testa imbarazzata e si alzò dal divano in fretta e furia, gli andò in contro, lo afferrò per un polso e sollevò lo sguardo sui suoi impassibili zaffiri. << Puoi venire un attimo? >> gli chiese con un tono basso.
Il ragazzo la fissò con la sua contraddistintiva imperscrutabilità, infine acconsentì alla sua richiesta teletrasportando entrambi nella camera al piano di sopra. << Parla >> le ordinò perentorio.
<< Devo andare, probabilmente deve informarmi su qualcosa d'importante che ha a che fare con la scuola, con le mie amiche o con i miei genitori. Sono scomparsa all'improvviso senza dare spiegazioni, qualcuno avrà iniziato a sospettare o a preoccuparsi. Non posso far finta di nulla >> concluse stringendogli il polso. << Ti prego >> aggiunse con uno sguardo supplichevole.
Deimos rimase immobile, senza dare accenni di assenso o meno. Si limitò a scrutare le sue grandi gemme lucide e stranamente stanche. << Dieci minuti >> le concesse freddamente, continuando a studiare il suo volto spossato.
Gea si aprì in un sorriso ed annuì. << Grazie >> pronunciò felice, prima di allontanarsi sotto l'attento sguardo del giovane.



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