Capitolo 7

382 26 1
                                    






<< Rialzati! >> le urlò contro Deimos, furente di rabbia.
Gea si rotolò su un fianco mentre si teneva le braccia strette sul grembo, attanagliata dai postumi del calcio che le aveva appena rifilato nella pancia.
Erano trascorsi tre giorni da quel pomeriggio in palestra. In quel lasso di tempo Deimos aveva insistito per farla esercitare con gli attrezzi, di modo da farle tonificare la massa muscolare.
Nonostante gli sforzi ed i traguardi raggiunti, Gea adesso si trovava a terra, con lo scenario del Grand Canyon alle spalle ed un vento freddo a scuoterle le membra.
<< Ti ho detto di alzarti! >> sbraitò il ragazzo, cominciando ad avvicinarsi a lei a grandi falcate.
Gea aprì gli occhi ricolmi di lacrime e strisciò all'indietro per allontanarsi da lui.
Si stavano cimentando in un corpo a corpo, proprio come sarebbe successo tra lei e gli altri elementi. Per i primi venti minuti era riuscita a tenergli testa, ma quando Deimos aveva cominciato a mettercisi con maggiore impegno lei non aveva fatto altro che incassare botte senza essere in grado di contrattaccare.
L'ennesimo calcio nella pancia le aveva quasi fatto uscire gli occhi dalle orbite. Aveva le mani e le braccia ricolme di graffi e tagli, uno zigomo violaceo, le labbra spaccate, i capelli disordinati e sporchi di terriccio ed i pantacollant sgualciti, sudici e rotti.
<< Basta... Ti prego, basta >> lo supplicò col fiato corto, scivolando ancora più lontana.
Deimos non considerò le sue parole e le si parò davanti. La guardò per un istante, dopodiché si abbassò sui talloni e le prese il mento tra due dita. << Pregherai anche loro di fermarsi? >> le domandò gelidamente. Fece scivolare la mano sul suo collo e strinse la presa. << Oppure li pregherai di ucciderti? >>
Gea appoggiò una mano sul polso del ragazzo, senza però essere in grado di stringere. I suoi poteri non erano ancora tornati a farsi sentire e le forze la stavano decisamente abbandonando. Faticava persino a tenere gli occhi aperti, il respiro le usciva spezzato e sempre più lentamente, come se stesse per addormentarsi di un sonno perpetuo.
<< Lasciami... Perfav... >> La gola le si chiuse di scatto. Il ragazzo la stava strozzando senza pietà, senza curarsi che in quel modo l'avrebbe uccisa. Gea strabuzzò gli occhi.
Dimenò le gambe e scosse la testa mentre l'aria che riusciva a respirare diminuiva ogni secondo di più. Caricò una gamba e colpì la testa del ragazzo con un ginocchio, riuscendo a liberarsi.
Si alzò traballante e corse il più lontana possibile, lasciandosi cadere a sedere in prossimità di una roccia. Appoggiò la testa contro il masso freddo e guardò nella direzione del pazzo assassino. Deimos si stava toccando la tempia sinistra, proprio nel punto in cui lo aveva colpito. Quando allontanò la mano, le sue dita erano sporche di sangue.
Il ragazzo alzò lo sguardo ed incontrò quello di Gea. Negli occhi di entrambi si leggevano l'odio, la rabbia... la sete di vendetta.
Deimos si alzò in piedi ed un secondo dopo l'aveva afferrata per i capelli, facendole reclinare la testa all'indietro. Prima che la ragazza riuscisse a colpirlo, la scagliò lontana, facendole strisciare il corpo a terra per metri e metri.
In un attimo le fu addosso, la voltò a pancia in su e si sedette sul suo bacino, stavolta assicurandosi di averle bloccato le gambe.
Gea si dimenò ed allungò un braccio per sferrargli un pugno, ma i suoi polsi furono prontamente immobilizzati sopra la sua testa da una mano di Deimos.
<< Maledetto schifoso >> ringhiò fra i denti, rinvigorita dalla rabbia che le scorreva come fuoco nelle vene.
<< Te la farò pagare >> sibilò il giovane, assetato di vendetta.
Un mezzo sorriso si affacciò sulle labbra spaccate di Gea. Sollevò di poco la testa ed accorciò la distanza fra i loro volti. << Illuso >> sussurrò prima di colpirlo sul naso con la fronte.
Di riflesso Deimos le lasciò i polsi ed allentò i muscoli. Approfittando di quel momento, la ragazza invertì le posizioni e lo colpì nuovamente sul naso con un pugno. Glielo avrebbe voluto rompere, così avrebbe capito cosa significasse rimanere senza ossigeno.
Quando Gea fu pronta a percuoterlo per una seconda volta, Deimos le colpì la schiena con un ginocchio, facendo scivolare il corpo della ragazza in avanti.
La bloccò poggiando le mani sulla sua maglietta. I loro occhi s'incatenarono ed i respiri si mescolarono.
Gea scorse altro sangue uscirgli dal naso e, per un momento, ma solo per un momento, si sentì in colpa. Ma non avrebbe dovuto, dopotutto lui aveva tentato di strangolarla, quello era il minimo che lei potesse fargli.
Dal sopracciglio sinistro, invece, il sangue continuava a scendere copiosamente, ricoprendogli la tempia e la guancia. Senza pensarci la ragazza alzò una mano e la poggiò delicatamente vicino alla sua ferita. Quando aveva caricato il ginocchio non aveva pensato a quanto male avrebbe potuto fargli, voleva solo liberarsi.
Cercò di scrutare la gravità del taglio intorno a tutto quel sangue, ma le fu praticamente impossibile.
<< Sarebbe meglio pulire questa ferita, potrebbe infettarsi >> notò Gea, spostandogli di lato la testa per tentare di capire quanto fosse lungo il taglio.
<< Non ho bisogno di nulla >> rispose freddamente Deimos.
<< Invece sì, credo sia profondo. >>
Il ragazzo si voltò, le afferrò la mano con cui lo stava toccando e la trafisse con i suoi zaffiri spietati. << Non voglio l'aiuto di una stupida umana mossa dalla compassione e colma di sensi di colpa. Preferisco la morte >> sputò con cattiveria.
Gea ritrasse la testa, colpita da tanta crudeltà. Strinse gli occhi, incapace di comprendere perché si comportasse in quel modo, e d'istinto gli mollò uno schiaffo. << Scusa se sono umana ed ho dei valori diversi dai tuoi. Non sono stata cresciuta come te, non sono stata abituata a non provare emozioni e ad essere una macchina insensibile. Provo emozioni, sensi di colpa anche se non piacevoli e fuori luogo, compassione e tutto quello che può provare una persona quando si rende conto di aver fatto del male ad un'altra senza nemmeno volerlo. Volevo colpirti, d'accordo, ma non spaccarti il sopracciglio.
Ogni volta che mi chiami umana, sappi, che lo prendo come un complimento, perché sono fiera di avere dei sentimenti, perciò ti consiglio di cambiare offesa. Quella, per me, non lo è >> affermò con rabbia, afferrandolo per il colletto della maglietta. << Ed ora fai poche storie ed andiamo a disinfettare questa cavolo di ferita. >>
<< Credi per davvero di potermi parlare con questo tono? >> le chiese divertito. << E di potermi ordinare qualcosa? Devi aver battuto forte la testa se pensi che te lo lascerò fare. >>
<< Mi preparerò alle conseguenze >> tagliò corto Gea. << Dopo che ti avrò sistemato questo taglio potrai cercare di farmi quello che ti pare, saprò difendermi >> disse con un'alzata di spalle ed un sorriso strafottente.
Una fila di denti bianchissimi si mostrò sul viso del ragazzo. << Ci conto. >>


I poteri del tetraedroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora