Capitolo 22

351 27 0
                                    








Gea sgranò gli occhi. Il cuore le perse svariati battiti. Le tempie le martellarono come se stessero cercando di ribellarsi a quell'agghiacciante notizia e per un attimo rimase immobile, la mente svuotata.
Guardò il ragazzo in quei suoi imperturbabili e sadicamente divertiti zaffiri, cercando una giustificazione alle sue parole. Perché non poteva essere vero, probabilmente si stava divertendo a prenderla in giro, oppure era solo curioso di vedere come avrebbe reagito al suo scherzo. Ma quella probabilità svanì dalla sua mente appena dopo pochi secondi. Deimos non era un tipo che scherzava, almeno non in quelle rare volte che parlava di se stesso.
Un brivido le percorse la schiena, facendole venire la pelle d'oca. << Dici sul serio? >> domandò rauca.
Il giovane alzò un sopracciglio e le rivolse un sorriso di scherno. << Secondo te? >> la canzonò avvicinandosi al suo volto e perforandola con lo sguardo.
Gea scrutò il blu intenso e misterioso di quegli enigmatici e dannati occhi, si snodò tra le sfumature più chiare e sprofondò in quelle più scure, ritrovandosi a boccheggiare come se la profondità di quel blu simile al colore del mare notturno la stesse sommergendo.
Agitò le ciglia e s'inumidì le labbra. << Perché? >> chiese scuotendo la testa. << Perché l'hai fatto? >>
Deimos la fissò impassibile, non accennò a rispondere e nemmeno a lasciarla andare. Le sue mani si trovavano ancora ancorate sui fianchi nudi della ragazza mentre le gambe di lei non sembravano intenzionate a farlo allontanare.
Lo sguardo della giovane si fece supplichevole e le sue esili dita provarono a scuotergli le spalle. << Perché l'hai fatto? Dimmelo, ti prego >> implorò, bisognosa di sentirsi dire che esisteva un motivo, un qualcosa che non lo facesse apparire un vero mostro.
Il ragazzo insistette ad osservarla con la sua solita imperturbabilità, intenzionato a non darle risposte. Ma le sue stesse intenzioni crollarono non appena le vide abbassare la testa e sospirare piano, come se si sentisse sconfitta e delusa.
Irrigidì la mascella e le guardò intensamente il volto. << Perché meritava di morire >> affermò con durezza.
Gea alzò gli occhi su di lui ed il cuore le batté furiosamente. << Quindi non è stato un incidente. >>
<< Non lo avrei permesso >> le rispose con un mezzo sorriso raggelante. << Certe cose vanno fatte di persona. >>
La giovane deglutì un malloppo di emozioni e scosse la testa. << Non è possibile >> borbottò sconvolta. << Non può essere vero. Deve esserci un motivo >> insistette, guardandolo smarrita. << C'è qualcosa, vero? >> domandò riprovando a scuoterlo. E mentre la mente le si affollava di macabre immagini su quel ragazzo per cui provava il sentimento più intenso, il cuore le iniziò a martellare talmente forte da riempirle le orecchie. << Ti prego, ti prego. Deimos, ti scongiuro aiutami a capire >> lo implorò con le lacrime agli occhi. << Che motivo avevi? >>
Deimos scandagliò le gemme lucide di lei, leggendoci un miscuglio di disperazione e speranza. << E se non ci fosse? >> la provocò rivolgendole una fredda occhiata.
Gea accusò quella risposta come un pugno nello stomaco, agitò il capo e gli tirò uno schiaffo sulla spalla. << C'è >> affermò convinta. << Stai solo cercando di farmi impaurire con le tue stupide risposte vaghe >> sbraitò esasperata, alzando gli occhi al cielo.
Il ragazzo abbozzò un mezzo sorriso divertito e si avvicinò di un piccolo passo, facendo risalire le mani sin sotto al reggiseno di lei. Inclinò la testa ed inspirò sul suo collo, chiudendo gli occhi per farsi trasportare dal profumo della sua pelle. Per svariati istanti non si mosse, ma continuò ad assaporare con l'olfatto quell'odore tanto inebriante e rilassante per i suoi sensi. << Hai paura? >> le domandò ad un certo punto, con un tono rauco.
Il cuore della giovane palpitò. << Dovrei averne? >> ribatté, chiudendo le dita dietro alla sua nuca per trattenerlo a sé.
Deimos le sfiorò il profilo della mandibola con la punta del naso. << Dovresti starmi alla larga >> soffiò minacciosamente, ma con una sfumatura quasi vellutata nella voce.
Gea rabbrividì appena gli sentì ripassare quell'immaginario percorso col suo freddo respiro. << Forse >> accondiscendette in un flebile sussurro, stringendogli i fianchi tra le gambe.
<< Però? >> la spronò a continuare, facendole voltare la testa con la pressione delle labbra per baciarla sull'estremità sinistra della mandibola.
La ragazza rilasciò un tremulo sospiro e socchiuse gli occhi, cercando di richiamare a sé tutto l'autocontrollo disponibile. << Però prima mi devi delle risposte >> dichiarò beffarda, prima di tirargli delle ciocche di capelli e farlo allontanare.
Deimos si distanziò di quel poco necessario per guardarla negli occhi, reclinò la testa all'indietro e sulle sue labbra si pennellò un sorriso inquietante. << Te ne pentirai molto presto. >>
Gea inspirò a fondo e sollevò di poco il viso, si morse un labbro e lo guardò intensamente. Non se ne sarebbe pentita, lo sapeva. Più di ogni altra cosa le premeva trovare un senso al suo gesto, un qualcosa che non lo snaturasse davanti ai suoi occhi. Per quanto lo avesse definito un mostro, non voleva che quella definizione gli calzasse davvero addosso. Ma se così fosse stato, sapeva che lo avrebbe comunque amato. Nulla lo avrebbe fatto allontanare dal suo cuore. Abbassò lo sguardo ed osservò il pavimento. << Adesso me lo dici perché lo hai ucciso? >> domandò con un filo di voce.
Il giovane studiò il battito delle ciglia di lei, scrutò la sua espressione preoccupata ma al tempo stesso distesa e il modo in cui i capelli le ricadevano sul viso. Per una quantità imprecisata di secondi non le staccò i suoi zaffiri di dosso, come se gli fosse quasi diventato impossibile non scavare tra i suoi occhi ed i suoi lineamenti alla ricerca di un riflesso di ciò che stava pensando. Poi posò lo sguardo sul muro dietro di lei e rivangò con la mente tra i suoi ricordi. << Ho iniziato un allenamento a due anni >> iniziò a dire, mentre i suoi zaffiri si facevano più scuri e taglienti. Gea alzò la testa e lo osservò, stupita di averlo sentito parlare. << Mi addestrava mio padre, giorno e notte. Avevo otto ore di tregua al giorno, il resto venivano spese per allenarmi. >>
La ragazza strinse le sue gemme d'ambra e cercò i suoi occhi. << Che tipo di allenamento era? >> domandò sconvolta.
Deimos puntò il suo freddo sguardo nel suo. << Estremo >> rispose atono. << Quotidianamente ad un passo dalla morte. >>
<< Avevi solo due anni >> bisbigliò la giovane, scuotendo il capo e rabbrividendo.
<< Quando si ha la necessità d'imparare a dominare un potere come il mio, l'età non conta >> asserì secco il ragazzo. << Prima si apprende il controllo e meglio è >> aggiunse, perforandola coi suoi glaciali zaffiri. << Ogni giorno scatenavo i caratteri distruttivi dei quattro elementi, cercando di esercitarli in base al mio volere. Per ogni errore commesso mio padre me la faceva pagare >> ricordò, irrigidendo istintivamente i muscoli.
Gea carpì la tensione del giovane e gli accarezzò piano la nuca, passando le dita tra i suoi capelli. A quel gesto il cuore del ragazzo batté più rapido e le sue spalle si rilassarono, mentre lo sguardo gli scese sulle labbra di lei.
<< In che modo ti puniva? >> mormorò delicatamente Gea.
Deimos risalì con gli occhi nei suoi e rimase in silenzio. La mente gli ripropose i suoi ricordi quasi con sfacciataggine, facendogli percepire ogni dolore che per anni aveva sopportato sulla sua pelle. << Rimbalzo >> pronunciò tagliente. << Questo era il secondo potere di mio padre >> asserì reclinando indietro la testa e stampandosi un sorriso derisorio sulle labbra. << Appena perdevo il controllo di un elemento, lui lo rimbalzava su di me. Doveva servirmi a non commettere di nuovo errori. >>
La ragazza ridusse gli occhi a due fessure ed inclinò il capo. << In che senso lo rimbalzava su di te? >> domandò confusa.
Deimos tornò serio ed il suo sguardo imperscrutabile, una sorta di maschera di piombo incapace di far trapelare emozioni. << Se mentre cercavo di contenere e manovrare il fuoco, questo sfuggiva al mio controllo, quell'elemento mi piombava addosso per rimbalzo, divorandomi fino a che non ero in grado di liberarmi e riassumerne il controllo >> spiegò con impassibilità, scrutando gli occhi sconvolti e atterriti di lei.
Gea restò pietrificata dalle immagini che le si avviluppavano nella mente come serpenti, dopodiché sbatté le palpebre e boccheggiò sconcertata. << Hai delle cicatrici? >> fu la prima cosa che riuscì a dire dopo vari secondi di silenzio.
<< Alcune >> tagliò corto lui, persistendo ad osservarla. << Sono sempre riuscito a riassumere il controllo in tempo, ogni giorno più rapidamente del precedente. >>
La ragazza abbozzò un sorriso. << Me lo immaginavo >> sentenziò con un amaro divertimento, prima di tornare seria. << Per questo l'hai ucciso? >> domandò con un tono basso e pacato.
Il giovane le rivolse una fredda e distaccata occhiata. << L'ho ucciso per il solo gusto di vederlo soffrire mentre bruciava nelle fiamme. >>
<< Ma se il suo potere era quello del rimbalzo come hai fatto ad evitare che te lo scagliasse contro? >>
Deimos sorrise beffardo ed avvicinò il viso a quello di lei. << Mai abbassare la guardia >> le soffiò in un orecchio, facendola rabbrividire. << Ogni regola ha un suo perché >> sussurrò divertito, prima di prenderle il lobo tra i denti e morsicarlo.
Gea lo strinse a sé e virò la testa per respirare sul suo collo. << A che età? >> domandò con difficoltà, mentre il ragazzo le baciava la clavicola.
<< Sette anni >> rispose sbrigativo, tornando a posare la bocca sulla sua pelle calda e vellutata. Aumentò la pressione delle mani sul costato della giovane e l'avvicinò al suo petto, risalendo poi con le labbra per lambirle ogni lembo del collo.
<< Quindi sei considerato "maledetto" dalla tua famiglia e... ne sei stato diseredato dall'età di sette anni? >> si sforzò di chiedere, sempre più assuefatta dai suoi baci.
Deimos la staccò dalla parete e la trasportò sul tavolo della cucina, la spinse distesa e si piegò su di lei. << Sì >> espirò sul suo viso, prima di congiungere le loro labbra con urgenza.
Fu a quel punto che Gea scollegò la mente e si lasciò trasportare dal fiume in piena delle sue emozioni e dei suoi desideri. Allacciò ancora più saldamente le gambe attorno ai fianchi di lui e gli posizionò un braccio sulla schiena per stringerlo a sé.
Il ragazzo reagì insinuando la lingua nella sua bocca e baciandola con più passione. Si abbassò ulteriormente sul suo corpo, fino ad entrare in contatto con la sua pelle surriscaldata, e lasciò vagare le mani lungo le sue gambe coperte dai pantaloni. Spostò le labbra sul suo mento, mordendolo piano, e poi sul profilo della sua mandibola, mentre Gea espirava pesantemente e gli stringeva i capelli fra le dita. << Mi racconterai altro su di te? >> gli domandò in un bisbiglio, sollevando la testa per baciarlo su una guancia.
Deimos rabbrividì sul suo collo e chiuse gli occhi per inspirare il suo profumo. << Forse >> sussurrò rauco, prima di tapparle la bocca con la sua.
Il cuore della ragazza si agitò come le ali di un condor, librandosi nel suo petto. Perché quell'unica parola valeva quanto un'enorme concessione, la più grande fino a quel momento. Significava immetterla nella sua misteriosa vita, farle conoscere gli aspetti oscuri e mai svelati ad anima viva. Significava renderla partecipe del suo vissuto.
Gea sorrise sulle sue labbra e lo strinse a sé con forza, come se avesse voluto fondersi con lui. Un attimo dopo, sotto la sua schiena non si trovava più la dura e solida piattaforma di legno, ma il morbido materasso della sua camera.
Nella penombra di quella stanza, rischiarata solo dalla tenue luce della luna e delle stelle, i loro respiri agitati si confusero in una nuvola di passione. Deimos si distanziò dal viso della ragazza e la fissò coi suoi velati zaffiri, resi più scuri dal buio della camera. << Hai paura adesso? >> le domandò secco, insistendo ad osservarla con intensità.
La giovane gli restituì lo sguardo, sentendosi scuotere dalla forza con cui la guardava. << Lo sai >> disse soltanto, riferendosi al suo potere.
<< Rispondi >> ordinò perentorio, non lasciandole via di fuga dai suoi occhi.
Gea cercò di leggere le sfumature dei suoi zaffiri come fossero state pagine criptate di un libro. L'unica cosa che riuscì a carpire, in quella spessa coltre d'imperscrutabilità, fu la sua necessità di avere una risposta, come se da quella fosse dipeso qualcos'altro.
Scosse piano la testa e gli posò una mano dietro al collo. << Non ho paura di te >> sussurrò con decisione.
Per qualche secondo il ragazzo non si mosse, ma persistette a scrutare con attenzione le sue iridi ambrate, dopodiché si abbassò su di lei e riavvicinò le labbra alle sue. Le sfiorò piano, con lentezza, come se fossero state talmente delicate da potersi rompere.
Gea sollevò il mento e catturò la sua bocca in un piccolo bacio, ricambiato immediatamente da lui. Dopodiché fece pressione sulle sue spalle e si distese sul suo corpo, appoggiò le braccia sul petto del ragazzo e prese ad osservarlo con intensità. Deimos adagiò una mano sulla schiena di lei e l'altro braccio se lo portò dietro la testa, avendo così la possibilità di guardarla negli occhi. Per un minuto buono nessuno dei due si mosse, entrambi persi nei reciproci sguardi, poi la giovane si allungò su di lui ed inclinò la testa. << Rimani qui stanotte? >>
<< No >> rispose secco il ragazzo, rivolgendole una fredda occhiata.
Un sopracciglio di Gea scattò verso l'alto in contemporanea ad un nervosismo crescente. << E dove vai di bello? >>
<< Dove mi pare >> tagliò corto lui con uno sguardo impassibile e distaccato. << Non devo renderne conto a te, umana. >>
<< Bene >> ribatté stizzita la giovane, mordendosi l'interno guancia per la rabbia. << Bene >> ripeté gesticolando. << Buona serata, allora >> concluse acida, rotolando via dal suo corpo e scendendo dal letto. Aprì le ante dell'armadio e prese una delle lunghe magliette bianche che usava come pigiama, dopodiché si avviò al bagno e ci si chiuse dentro senza mai voltarsi a guardare il ragazzo.
Non lo capiva, non capiva assolutamente nulla di lui. Le sembrava un rompicapo troppo difficile da risolvere; appena credeva di aver compreso qualcosa, subito lui riusciva a mandare in fumo il suo punto d'arrivo.
Sbuffò irritata e calò i pantaloni con stizza, lanciandoli con un calcio una volta essere riuscita a sfilarli. Avrebbe tanto voluto seguirlo per fulminare ogni svestita che gli si avvicinava e su cui lui osava posare gli occhi. Peccato che lei non godesse del teletrasporto e che non sarebbe stata realmente capace di compiere uno sterminio.
Indossò la maglietta ed aprì la porta, percorse il piccolo tratto che la divideva dalla sua stanza e lanciò una triste occhiata al letto ormai vuoto.
Probabilmente era per il suo passato tanto buio e privo di affetto che lui non era capace di attaccarsi a qualcuno. Nessuno gli aveva mai insegnato cosa fosse l'amore, ma in compenso aveva dovuto vedere e sopportare cose terribili fin dalla tenera età di due anni. Quanto aveva dovuto tollerare per arrivare ad uccidere suo padre a soli sette anni? Se da una parte il suo gesto appariva estremo e agghiacciante, da una parte non gliene faceva una colpa.
Sospirò afflitta e continuò a guardare il punto in cui poco prima si trovava lui.
Se nessuno gli aveva mai regalato esperienze belle ed insegnato sentimenti positivi, ci avrebbe provato lei, nel suo piccolo. La rabbia l'abbandonò con la stessa velocità con la quale le era montata ed un piccolo sorriso si affacciò sulle sue labbra. La sola idea di poter vedere, un giorno, un briciolo di spensieratezza sul volto di quel ragazzo dai profondi occhi cobalto le bastava per perdonargli qualsiasi sofferenza che le aveva arrecato.
Si sentì tirare i capelli e sobbalzò impaurita; buttò indietro la testa e le sue gemme d'ambra rimasero inchiodate da due impassibili e attenti zaffiri. << Ridi da sola, umana >> ruppe il silenzio Deimos, sollevando un sopracciglio.
<< Sei qui >> notò lei, allargando il suo sorriso mentre il cuore le scalpitava per la gioia.
<< Che occhio >> la canzonò beffardo, passandole un braccio attorno alla vita per attirarla a sé.
Gea si girò e si alzo sulle punte per allacciargli le braccia dietro al collo. << Avevi detto che non saresti rimasto >> gli ricordò non smettendo di sorridere. << Pensavo te ne fossi già andato. >>
Il ragazzo lesse la felicità negli occhi della giovane e d'istinto si abbassò sulle sue labbra per congiungerle alle sue. La baciò con lentezza e trasporto, assaporando il suo sapore come se per quei pochi minuti di lontananza gli fosse già mancato. Le prese il viso tra le mani e Gea posò le sue sui dorsi del giovane, accarezzandoli delicatamente.
Quando si allontanarono per riprendere fiato i loro sguardi corsero l'uno in quello dell'altra. Perché c'era stato qualcosa di diverso in quel loro contatto, qualcosa che aveva trasportato entrambi più del solito, qualcosa che Gea conosceva ormai bene e che Deimos invece non riusciva a comprendere. Aveva sentito il suo stomaco aggrovigliarsi e una sorta di elettricità scorrergli nelle vene, elettrizzandolo come mai gli era successo. Da quella scarica era nato in lui il momentaneo desiderio di donarle qualcosa di più, di tenerla vicina e di proteggerla tra le sue braccia.
Osservò i tratti del volto della giovane nella penombra di quella sera quasi estiva, scrutò i suoi occhi luminosi e ne rimase imprigionato. Di conseguenza il suo freddo cuore si surriscaldò ed iniziò a battere con maggiore rapidità.
<< Dormi con me? >> gli chiese Gea, stringendo i suoi polsi e guardandolo con uno sguardo supplichevole.
La fissò ancora, senza proferire parola, poi si piegò di poco e la sollevò da terra, passandole le braccia sotto le ginocchia. La ragazza si aggrappò al suo collo mentre il cuore cercava di uscirle dal petto e le guance le si coloravano.
La trasportò lentamente sino ad un lato del letto, tenendola ben stretta a sé come se gli potesse scivolare da un momento all'altro, dopodiché l'adagiò sul materasso e le fece un cenno del capo. << Va' più in là >> le comandò con freddezza.
Gea sorrise felice e rotolò da una parte per fargli posto accanto. Appena il ragazzo si distese a centimetri di distanza da lei, quest'ultima vide bene di eliminare quel divario spingendosi vicino a lui. Gli passò un braccio sul petto, adagiò una gamba sulle sue e posizionò la testa su una sua spalla.
<< Invadi il mio spazio vitale, umana >> la riprese duramente, voltandosi per guardarla. Ma quando lo fece la giovane si era già addormentata, come sempre di schianto. Studiò il suo volto rilassato per qualche secondo, poi alzò una mano e le spostò delle ciocche di capelli da una guancia fin dietro l'orecchio. Continuò a guardarla con attenzione ed interesse, quasi come fosse stata una calamita, fino a che le sue palpebre non si fecero pesanti e tutto divenne buio. Non il buio che aveva sempre conosciuto, ma uno diverso e piacevole. Un buio caldo.

I poteri del tetraedroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora