Capitolo 10

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Erano trascorsi tre lunghi giorni dalla mattina in cui Gea era caduta dalla sedia.
Il pomeriggio di quella giornata si era trasformato in un vero e proprio inferno. Pochi minuti dopo che Deimos si era trasferito nel salotto, lui le aveva annunciato che l'addestramento sarebbe stato anticipato.
Non le aveva dato modo di ribattere, le aveva afferrato un braccio e l'aveva trascinata in un luogo lontano e sconosciuto ai suoi occhi: la Valle del Fuoco, in Nevada.
Un'immensa vallata di montagne rocciose dai colori più sfumati entro le gradazioni del rosso era apparsa sotto lo sguardo impressionato della ragazza. Millenni di azione di vento ed acqua avevano reso quello scenario talmente bello da mozzare il fiato, scolpendo ogni roccia di arenaria come fossero sculture.
Fu proprio a causa di quegli attimi di estasi che Gea non ebbe la prontezza di ripararsi dal primo colpo del ragazzo.
Per tutte e cinque le ore di allenamento, Deimos non le lasciò un solo secondo per riprendersi, bombardandola di attacchi ripetuti e violenti. Ogni qual volta cadeva a terra, lui le ordinava di alzarsi, ed ogni qual volta lei riusciva a colpirlo, lui l'attaccava con maggiore potenza.
Vari scoppi risuonarono per la Valle del Fuoco durante quel pomeriggio. Cime rocciose franarono impetuosamente, fulmini pregni di elettricità squarciarono il cielo e lingue di fuoco riscaldarono l'ambiente.
Per quanto la stanchezza della ragazza fosse insopportabile e le rendesse impossibile reggersi in piedi, fu sempre capace di non farsi toccare dal fuoco che Deimos richiamava per attaccarla alle spalle. Creò barriere di terra e destreggiò le potenzialità del suo elemento con maggiore facilità e sicurezza, rendendosi conscia dei progressi che stava compiendo.
Di lì ai tre giorni successivi il ragazzo non la fece riposare un attimo. In ogni momento la sottoponeva a degli sforzi immani per il suo fisico già debilitato dalla fatica.
Solo la mattina del quarto giorno le concesse di recuperare le energie, sospendendo temporaneamente l'allenamento.
<< Posso farti una domanda? >> chiese ad un certo punto Gea, mentre si trovavano entrambi seduti sul divano.
<< L'hai appena fatta >> le rispose atono, perseverando a mantenere lo sguardo sul soffitto.
La ragazza corrugò la fronte e decise di voltarsi verso di lui, incrociando le gambe sul rivestimento sciupato del sofà.
<< Non era quella la domanda >> asserì stizzita.
<< Eppure il tono era interrogativo e hai chiesto se potevi farne solo una >> le fece presente, sollevando la testa e puntando gli occhi divertiti su di lei. << La prossima volta presta attenzione a ciò che dici. >>
Gea storse la bocca e gli rivolse un'occhiata infastidita. Mai che le rendesse le cose facili, nemmeno nei momenti di pace.
Sbuffò dal naso ed abbandonò l'idea di parlargli. Si sarebbe dedicata a qualcosa di certamente più fruttifero per se stessa, come medicarsi le ferite. Sperava di non rimanere troppo a corto di energie dal momento che quel genere di potere le risucchiava tutte le forze.
Posò le mani sulle tempie e chiuse gli occhi, piegandosi leggermente in avanti. Aveva scoperto, qualche giorno prima, che se il suo influsso curativo veniva irradiato dalle tempie, ogni parte del suo corpo veniva sanata. Era come se una scarica le venisse trasmessa dalla testa sino alla punta dei piedi.
Le sue mani divennero gradualmente più calde; la sua schiena fu scossa da un leggero tremito non appena il flusso invisibile cominciò a penetrarle nelle tempie e a propagarsi nel resto del corpo. Attraverso gli occhi della mente riusciva a vedere quanto quel manto curativo si estendeva dentro di lei, muovendolo ove ce n'era più bisogno e saltando in corrispondenza dei punti sani. Il tutto per calibrare l'assorbimento delle energie.
Ogni più piccolo taglio si risanò con una velocità impressionante, ogni livido scomparì senza lasciare traccia del suo passaggio e tutti i dolori muscolari si spensero come la fiamma di una candela su cui viene soffiato un alito di vento.
Con lentezza la giovane staccò le mani dalle tempie e sollevò le palpebre.
Schiuse di poco le labbra per respirare affannosamente, come dopo una lunga e faticosa corsa, ed un brivido la scosse per intero.
<< Quanta energia hai usato? >> le chiese Deimos, osservandola impassibile.
<< Circa... >> Il fiato corto le impediva di parlare fluidamente. Tossì forte e si passò una mano sulla fronte sudata. Quella era la seconda volta che si curava integralmente, la prima le era capitata dopo il pomeriggio infernale nella Valle del Fuoco. In ambedue le circostanze aveva provato sia freddo che caldo contemporaneamente ed era stata in grado di percepire quanta energia avesse sfruttato per medicarsi. << Il cinquanta percento >> gettò fuori d'un fiato. Questa volta, però, si sentiva peggio della prima. Nonostante non avesse medicato niente di troppo grave le mancavano totalmente le forze. Aveva la bocca asciutta e priva di saliva, il cuore che batteva furiosamente e la vista a tratti annebbiata.
<< Troppa >> asserì lapidario il ragazzo. << Considerato che l'ultima volta che hai usato questo potere risale a quattro giorni fa e che il tuo fisico non si è ancora ripreso. >>
Gea si passò una mano sugli occhi e si sorresse la testa. Deimos aveva ragione. Aveva fatto troppo affidamento sulla sua facoltà, sfruttandola anche quando non era necessario. In quel momento stava pagando tutta la leggerezza con cui aveva agito.
Tossì di nuovo e stese le pesanti gambe per alzarsi dal divano. Aveva un urgente bisogno di mangiare e bere. Il suo corpo lo richiedeva a gran voce.
Si sollevò faticosamente e mosse dei passi in direzione della cucina. Si sorresse alla porta e sbatté più volte le palpebre per mettere a fuoco la stanza. Chiuse gli occhi nel momento in cui fu investita da un capogiro tanto forte da farle attorcigliare lo stomaco.
Si sentiva male, troppo male. Avrebbe voluto lasciarsi cadere a terra e rannicchiarsi su se stessa, in attesa di addormentarsi.
<< Datti una mossa >> le sibilò Deimos, adesso vicinissimo al suo corpo.
<< Non... Non ce la faccio >> rispose lei con la bocca impastata e sollevando di poco le palpebre. Abbassò la testa e la scosse. << Gira tutto. >>
Sentì il ragazzo muovere dei passi oltre di lei, ma non si curò di alzare lo sguardo per capire cosa stesse facendo.
I suoni intorno si fecero sempre più ovattati e lontani, gli occhi le si chiusero completamente e la mente si apprestò a raggiungere lo stato confusionale antecedente ad uno svenimento.
Uno scroscio d'acqua ghiacciata le venne scagliato addosso con lo stesso impeto delle onde che s'infrangono sugli scogli.
Si riprese di scatto, sbarrando gli occhi e rizzandosi dritta in piedi. Puntò lo sguardo su Deimos, che sorrideva soddisfatto e beffardo con un'enorme pentola in mano. Il secondo dopo la gettò malamente nel tinello, facendo rimbombare per la casa un fastidioso suono metallico.
Gea strinse gli occhi in una smorfia seccata, dopodiché, quando la pentola smise di sbattere contro l'acciaio dell'acquaio, raggiunse il tavolo e si sorresse. << Mi sento molto meglio ora >> affermò mentre tante pesanti gocce picchiettavano sul pavimento. << Anche se credo che un po' meno acqua avrebbe sortito lo stesso effetto >> concluse spostandosi delle ciocche bagnate dal viso.
Deimos scrollò le spalle con disinteresse e si appoggiò al pianale della cucina con il fondoschiena. Incrociò le braccia sul petto e lanciò uno sguardo dal basso verso l'alto alla ragazza, osservando come i vestiti le aderissero addosso.
Gea non si accorse di quell'occhiata, troppo intenta ad impugnare un lembo della sua maglietta per strizzarlo e far cadere un fiotto d'acqua. Aveva trovato qualche indumento in un cassetto dell'armadio in camera, qualche giorno prima. Le magliette, tutte rigorosamente bianche, le stavano decisamente grandi ed i pantaloni rischiava di perderli ad ogni passo se non li bloccava sui lati con una molletta.
Appena ebbe terminato di togliersi un po' d'umido di dosso, andò ad uno sportello della cucina e lo aprì. << Non c'è più nulla da mangiare >> notò sospirando.
<< Cambiati >> le ordinò duramente Deimos. Non aggiunse altro, ma la ragazza capì nell'immediato che sarebbero andati a comprare qualcosa.
Salì le scale a gran velocità, reggendosi i pantaloni come fosse stata un'ampia gonna ottocentesca, e corse nella sua camera.


I poteri del tetraedroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora