Capitolo 14

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<< Fa schifo >> asserì il ragazzo, facendo sbattere la forchetta sul piatto.
Gea sollevò un sopracciglio ed inspirò profondamente, al fine di controllare la rabbia. << Come, prego? >> domandò riducendo gli occhi a due fessure.
Deimos si lasciò andare contro lo schienale della sedia, spalancò le gambe ed abbandonò un braccio sul tavolo, in una posa disinvolta e provocatoria. Puntò i suoi indifferenti zaffiri sulla ragazza ed un sorriso da bambino cattivo gli si affacciò sul volto. << Fa schifo >> ripeté schioccando la lingua al palato.
Un pesante silenzio calcò la scena. Gea irrigidì i muscoli delle braccia e strinse i denti, provocandosi male alla mandibola.
Si era impegnata fin troppo per quel maledetto essere a cui interessava semplicemente calpestarle l'orgoglio. Avrebbe dovuto condirgli le verdure col detersivo e le uova con il dentifricio, invece di sprecare tempo per preparargli qualcosa di buono.
Al pensiero di quanto fosse stata felice a cucinare per lui, le si accartocciò lo stomaco e la rabbia la infammiò.
Batté una mano sul tavolo e si sporse in avanti. << Che cosa, di preciso, farebbe schifo? >> chiese fulminandolo con lo sguardo.
<< Tutto >> le rispose scandendo quella parola con un'espressione divertita.
La ragazza si ritrasse di scatto ed espirò lentamente. Avrebbe voluto ucciderlo seduta stante. Odiava quel suo sorrisetto beffardo e quella sua posa strafottente, sebbene da una parte ne fosse terribilmente attratta.
<< Non me ne frega nulla, adesso te lo mangi >> affermò con durezza, indicandogli il piatto col mento. << Mi hai fatto sprecare minuti preziosi per cucinartelo. E sappi che qui non sei l'unico che non ama sprecare il proprio tempo >> lo canzonò con uno sguardo di sfida. Adagiò le mani sul tavolo e si sporse verso di lui. << Quindi, adesso, tu pulirai tutto ciò che hai nel piatto. Lo voglio vedere splendere >> concluse con un tono più basso, ma altrettanto minatorio.
I loro occhi rimasero incatenati nuovamente, mentre nella casa ripiombava il più religioso silenzio. Deimos la fissava con scherno, Gea lo squadrava con rabbia.
Nessuno dei due abbassò lo sguardo, ma persistettero a scrutarsi come due pericolosi felini prima di un attacco. Da una parte regnava la figura leggiadra di un puma nero dagli occhi di zaffiro, da una parte la sinuosità di una tigre dagli occhi d'ambra.
Il ragazzo diede un colpo al piatto e lo fece slittare verso la giovane. << Mangialo >> le ordinò con un mezzo sorriso provocatorio.
Un sopracciglio di Gea scattò verso l'alto. Se credeva di metterla in difficoltà si sbagliava di grosso. Non si sarebbe tirata indietro a quella muta sfida appena lanciatale. Ne andava del suo orgoglio già brutalmente calpestato.
Fece slittare una sedia sul pavimento e ci si sedette. Agguantò la forchetta usata da Deimos e se la rigirò tra le dita mentre teneva lo sguardo puntato sul pasto difronte a lei.
Il cuore le stava già battendo più rapidamente. Ma non per ciò avrebbe dovuto fare, bensì per un motivo molto più futile e a cui non avrebbe dovuto dare peso.
Si sentiva emozionata al solo pensiero di utilizzare la stessa posata del ragazzo. Lei che schifava mangiare dove aveva mangiato qualcun altro. Lei che schifava la condivisione di un bicchiere o di una semplice forchetta persino con un familiare. Eppure, in quel momento, non le dava affatto fastidio, ma, anzi, il fatto che quel gesto intimo avvenisse con Deimos la elettrizzava.
Deglutì ed inforcò una piccola quantità di spinaci. Se li portò lentamente alla bocca col cuore a mille e chiuse le labbra attorno ai denti della posata. La verdura le slittò sulla lingua e le papille gustative si attivarono istantaneamente, facendole percepire un sapore stucchevole.
Le pupille le si dilatarono per lo shock, ma la giovane persistette a masticare come se niente fosse.
Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vedere la sua espressione schifata. A costo di finirsi tutto il pasto e rischiare di vomitarlo.
Ingoiò il bolo di spinaci con difficoltà e ripose la forchetta sul piatto. Le sembrava di aver appena mangiato un dolce rivoltante al gusto di verdura.
<< È buonissimo >> pronunciò con convinzione, riportando gli occhi su Deimos.
Il ragazzo la stava osservando divertito e con una luce sinistra nelle iridi. Incrociò le braccia sul petto e piegò la testa di lato. << Quindi non ti dispiacerà finirlo >> affermò con uno sguardo di sfida.
Gea si morse la lingua per evitare di sputargli addosso una serie infinita d'improperi. Quel maledetto si stava ancora una volta divertendo a metterla in difficoltà. Ma più di ogni altra cosa odiava il suo astuto modo di ribaltare le situazioni, finendo per metterla sempre con le spalle al muro.
<< Assolutamente no >> asserì lei con una smorfia d'indifferenza. << Peccato che io abbia già pranzato >> continuò a dire, mostrando un finto sorriso ed alzandosi dalla sedia.
Se voleva essere libera avrebbe dovuto allontanarsi il più possibile da quella cucina. A meno che il maledetto non avesse intenzione d'inseguirla col piatto anche nelle altre stanze.
<< Non vorrei appesantirmi troppo >> sentenziò scuotendo il capo.
Deimos sollevò un sopracciglio e persistette ad osservarla compiaciuto.
<< Quindi... >> pronunciò Gea, muovendo dei lenti passi verso la porta. << Oh, già, devo lavarti la maglietta! >> esclamò schioccando le dita, grata a quel diversivo. << Non c'è tempo da perdere, vado subito. >>
Uscì dalla cucina, sospirando di sollievo, e si diresse a passo spedito in direzione delle scale.
Sobbalzò per lo spavento subito dopo, appena Deimos le bloccò il passaggio. << Dove credi di scappare? >> le domandò derisorio.
<< Scappare... che parolone >> borbottò la ragazza, sbuffando dal naso. << Sto solo andando a lavarti la maglietta, come da tua richiesta >> affermò con un sorriso angelico e congiungendo le mani.
<< Strano che tu sia obbediente >> notò lui, avanzando di un passo e facendola retrocedere verso la cucina. << Sembra tu voglia sfuggire dal tuo piatto >> indagò divertito.
Gea alzò una mano e gli diede qualche leggera pacca sul petto. << Ma no, cosa vai a pensare >> dichiarò continuando a sorridere falsamente. << È solo che il dovere chiama. E quando chiama, bisogna rispondere. >>
<< Lo stesso vale per il tuo pasto >> la freddò Deimos, aprendosi in un sorriso beffardo.
<< Ops, la linea è caduta >> esclamò lei, con un'espressione stupita. << Peccato, non potrò rispondere, ma incarico te di farlo >> concluse con una nuova pacca, prima di sgattaiolare via.
Sorpassò il ragazzo e ringraziò mentalmente il cielo di essere riuscita a liberarsi da quella situazione. Se avesse mangiato quella schifezza che aveva cucinato... Le venivano i brividi al solo pensiero. Come aveva potuto scambiare lo zucchero col sale? Non le era mai successo prima, era sempre stata attenta in cucina, ma evidentemente aveva pensato così tanto a quel maledetto che la vista le si era appannata.
Doveva smettere d'incentrare il novantanove percento dei suoi pensieri su quell'essere privo di cuore. Come se lui perdesse tempo a ragionare su di lei.
Quella riflessione fece rattristare gli occhi della ragazza, che subito dopo li sgranò ed emise un breve grido acuto. Deimos l'aveva agguantata per la vita e l'aveva bloccata un'altra volta.
Spinse la giovane contro di sé ed abbassò la testa per portare le labbra vicine ad un suo orecchio. << Forse avresti bisogno di un po' di zuccheri prima di lavarmi la maglietta >> le sussurrò raucamente, calcando sulla parola "zuccheri".
Gea deglutì pesantemente, col cuore impazzito dall'emozione, e gettò il capo all'indietro per incontrare gli zaffiri penetranti di lui. << Li lascio a te, mi sembri un po' deperito in questi giorni >> dichiarò con lo stesso sorriso tirato.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio nello stesso istante in cui un mezzo sorriso divertito si delineava sulla sua bocca. << Ammettilo. Quell'immondizia che hai cucinato fa schifo. >>
<< Innanzitutto ti ringrazio per il complimento >> affermò con ironia la giovane. << Ed in secondo luogo non fa schifo, è... delizioso >> concluse stringendosi nelle spalle.
Deimos fece scivolare la mano sulla pancia di Gea, poi sul solco in mezzo ai seni, sul suo collo ed infine attorno alla sua mandibola. Le sospinse la testa ancora più indietro ed avvicinò il viso a quello di lei. << Allora mangialo >> scandì perentoriamente, tenendola incatenata ai suoi occhi.
Il battito cardiaco della ragazza ebbe un picco di frequenza accelerata.
Si ritrovò a sbattere le palpebre più volte e a dischiudere le labbra a causa del respiro leggermente più concitato. Gli zaffiri di Deimos furono catturati nell'immediato da quell'ultimo piccolo gesto, e si soffermarono ad osservare rapiti la bocca della giovane.
Appena Gea se ne rese conto, il cuore le balzò nel petto e lo stomaco le lanciò una piacevole fitta.
<< D'accordo >> sentenziò sgusciando dalla sua presa ed allontanandosi di scatto dal corpo di lui.
Si diresse a passo spedito in cucina, senza degnare il giovane di ulteriori sguardi, e si sedette al tavolo, ancora una volta davanti al piatto incriminato.
Deimos la seguì con calma ed un sorriso beffardo stampato in viso. Riprese la sua postazione di capotavola ed incrociò le braccia al petto in attesa di godersi lo spettacolo.
<< Prego >> la canzonò indicandole il pasto col mento.
Gea deglutì con la gola secca ed agguantò la forchetta, gesto che la emozionò nuovamente.
Stavolta inforcò una grande dose di spinaci con convinzione, cercando di non pensare al sapore che avrebbero avuto. Se li portò alla bocca rapidamente e cominciò a masticare in fretta per sentire il meno possibile il sapore nauseante.
Un brivido le scese lungo la schiena e la celerità con cui stava mangiando si dimezzò all'istante.
Buttò giù di colpo, rischiando di strozzarsi, e passò a raccogliere un'altra forchettata di quella verdura stucchevole. Si passò due dita sulla fronte ed osservò quasi con terrore gli spinaci. Da quell'episodio in poi li avrebbe odiati profondamente, tanto quanto stava odiando il ragazzo in quel momento. Avrebbe voluto sbattergli il piatto in faccia e togliergli quel sorrisino divertito e derisorio. Ed invece lei se ne doveva stare lì ad intossicarsi lo stomaco con quella schifezza rivoltante che era riuscita a generare.
Portò alla bocca anche quella forchettata ed un intenso sapore zuccherato le invase la cavità orale, giungendole persino al naso.
Quanto cavolo di zucchero ci aveva messo? Anche se fosse stato sale sarebbe stato impossibile mangiarlo senza fare, subito dopo, una visita all'ospedale.
Deimos si godeva la scena con sadico divertimento. La determinazione e la caparbietà di quell'umana lo sorprendevano e dilettavano al tempo stesso. Ai suoi occhi era l'unica persona del tutto imprevedibile e alla quale desiderava far perdere le staffe per vederla reagire.
Sebbene avesse cominciato a conoscerla, e quindi ad immaginare come avrebbe risposto alle sue provocazioni, c'era sempre un qualcosa che riusciva a stupirlo.
La ragazza ingoiò pesantemente anche quell'ultimo boccone di spinaci e sospirò piano, sollevata nel notare che l'infame verdura non fosse più presente nel piatto.
I suoi occhi si posarono distrattamente sulla fetta di carne, ma fece finta di non averla vista e portò lo sguardo sul giovane. << Finito >> dichiarò rivolgendogli un'occhiata vittoriosa.
Deimos sollevò un sopracciglio in un'espressione scettica. << Non mi pare proprio >> affermò spalancando le gambe. << Hai ancora quella gustosa fetta d'immondizia. >>
Gea abbassò la testa sul piatto, mentre mentalmente insultava il ragazzo, e sgranò gli occhi con finto stupore. << Oh, non l'avevo vista. Meno male che me lo hai detto tu. >> Si aprì in un sorriso tirato e riprese la forchetta tra le dita. << Ma mi manca il coltello, che peccato, non posso tagliarla... e quindi nemmeno mangiarla >> asserì afflitta.
Deimos fece slittare sul pianale di legno il coltello da lui precedentemente usato e sorrise beffardo. << Adesso hai tutto. >>
<< Troppo gentile >> sputò la giovane, elargendo un nuovo sorriso.
Tagliò un grosso pezzo di carne e rimase ad osservarlo con un'espressione impassibile, malgrado lo stomaco le si stesse accartocciando schifato.
Probabilmente gli spinaci, in confronto, erano stati niente. Quella fetta ricolma di olio d'oliva e zucchero sarebbe sicuramente stata peggio.
Senza pensarci due volte mise in bocca quel trancio e poco dopo si ritrovò a masticare faticosamente.
<< È pure dura >> borbottò disgustata.
<< Come? >>
<< È pure buona >> affermò voltandosi verso il ragazzo e masticando con un grande sorriso stampato in faccia. << Sentissi che roba >> aggiunse con un gesto della mano.
<< Immagino la finirai tutta allora >> pronunciò lui, sollevando un sopracciglio.
Alla giovane scappò un risolino isterico. << Ma ovvio. Sarebbe uno spreco buttare una delizia simile >> disse annuendo e mantenendo un'espressione amichevole, sebbene dentro di sé stesse scagliando le peggiori maledizioni.
Deglutì di colpo e riportò gli occhi sulla fetta di carne. Ne tagliò lentamente un altro grosso pezzo, mentre la convinzione l'abbandonava sempre più, e se lo infilò in bocca.
Il primo istinto fu quello di vomitare. Su quell'anfratto ci doveva essere andata particolarmente pesante con lo zucchero. Il sapore era nauseante.
Si portò una mano davanti alla bocca e chiuse gli occhi come per darsi coraggio e concentrarsi sulla masticazione.
<< È... >> iniziò a dire, mentre i granelli le si scioglievano sulla lingua diffondendo un gusto stucchevole.
<< È? >> la incitò divertito il ragazzo.
Gea scosse la testa e rabbrividì per la spiacevole sensazione di percepire l'olio mischiarsi all'acquolina dolce. << Divina, divina >> asserì convinta, inspirando profondamente.
Una bassa risata di Deimos le giunse alle orecchie, provocando il battito accelerato del suo cuore. Riaprì gli occhi e li puntò sul giovane, nel tentativo di potersi imprimere nella mente la sua espressione ilare.
Lo stomaco l'attanagliò con una piacevole fitta e le guance le si colorirono di rosa.
Quegli zaffiri profondi la stavano osservando con uno sguardo totalmente diverso dal solito. Lo sguardo divertito di un comune ragazzo della sua incognita età, e non quello di un essere crudele ed estremamente potente. Un sorriso altrettanto genuino gli illuminava le scure iridi divenute lucide, conferendogli un'aria più giovane e spensierata.
E fu proprio in quell'istante che Gea si rese conto che la fitta maschera di nebbia di Deimos era stata dissipata dalla luce di quella risata.
Il cuore le accelerò la corsa ed uno spontaneo sorriso, nel vederlo felice, le spuntò sulle labbra.
Non sapeva per quanto ancora il sole avrebbe impedito alle coltre nubi di tornare ad incastrarsi e rigenerare la maschera, ma fino a quel momento si sarebbe goduta quell'espressione ilare e fresca. Quella sfaccettatura del ragazzo che non aveva mai visto. Quella sfumatura che lo rendeva... umano.
Appena dopo si ricordò d'ingoiare il boccone pastoso che insisteva a masticare da troppo tempo. Il bolo le scese lentamente e con difficoltà, tanto che si dovette aiutare tirandosi un colpo sul petto per evitare di rimanere soffocata.
<< Mio Dio >> sospirò scuotendo piano la testa, una volta scampato il pericolo. 
Deimos sollevò un sopracciglio e le lanciò un'occhiata beffarda. << Non era divino? >> la canzonò sollevando la testa e guardandola dall'alto con un che di provocatorio.
Gea sorrise falsamente ed alzò un dito al cielo. << Proprio per questo invocavo Lui >> rispose stringendosi nelle spalle. << Sicuro tu non voglia favorire? >> chiese un attimo più tardi, indicandogli il piatto.
<< Mangia >> le ordinò perentorio e con un cenno del capo. 
<< Galante come sempre >> ribatté la giovane, sorridendogli pacifica. Gli lanciò mentalmente una nuova maledizione inerente alla peste bubbonica e ritornò a tagliare la carne, dividendola in due parti uguali corrispondenti ai prossimi due bocconi.
Inforcò il primo con enorme disgusto e se lo portò frettolosamente in bocca. Masticò alla velocità della luce, coprendosi nuovamente con una mano per impedirsi di sputare come avrebbe desiderato.
Buttò giù di colpo come fosse stata una pasticca, biascicando subito dopo a causa del sapore rivoltante.
Inspirò per darsi coraggio ed affondò con violenza i denti della forchetta nell'ultimo trancio. << Schifoso maledetto >> borbottò a bassa voce contro il pezzo di carne.
<< Come? >>
<< Che tu sia benedetto >> si corresse voltandosi a guardare il ragazzo ed aprendosi in un nuovo bugiardo sorriso. Deimos le rivolse l'ennesima espressione sadicamente divertita e mantenne gli occhi fissi su di lei.
Quella situazione lo stava dilettando più di quanto si sarebbe potuto immaginare.
Non solo provava gusto nel vedere fin dove l'orgoglio riuscisse a spingere quell'umana, ma inoltre se la spassava ogni qual volta la sentiva blaterare offese varie o lamenti, ed ogni volta che gli rifilava quelle risposte ironiche ed imprevedibili.
La osservò mentre masticava l'ultimo boccone con una mano davanti alla bocca e gli occhi chiusi, quasi come se stesse pregando.
<< Saporito? >> la stuzzicò aprendosi in un mezzo sorriso derisorio.
Gea sostituì la mano con cui si copriva e la mosse in un gesto simile ad un saluto. << Le mie papille gustative stanno gioendo >> affermò scuotendo il capo. << Un connubio di sapori... >> Rabbrividì. << Troppo buono, troppo buono >> dichiarò prima d'ingoiare il bolo della libertà.
Riaprì gli occhi, gettò la forchetta nel piatto e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.
Appoggiò la schiena alla sedia e si portò le mani sullo stomaco, chiedendogli mentalmente perdono. << Prima o poi riproporrò questo delizioso piatto per fartelo assaggiare >> annunciò voltandosi a guardare Deimos. << Non sia mai che tu sia sfavorito rispetto a me >>  concluse sorridendo maligna.
Il ragazzo continuò ad osservarla divertito e con le braccia conserte sul petto. << Stai battendo la fiacca, umana. Va' a lavarmi la maglietta >> le ordinò fissandola intensamente.
Gea sollevò un sopracciglio e si alzò dalla sedia. Oltrepassò il giovane e si diresse verso il piccolo e logoro salotto. << Col cavolo >> borbottò tra sé e sé.
Deimos la raggiunse un istante dopo. Le afferrò un polso e la tirò in piedi, impedendole di lasciarsi sprofondare nel divano. << Stai rischiando >> le sibilò a pochi millimetri dal viso.
Le gemme della ragazza si scontrarono con due furenti zaffiri screziati di sfumature più scure. Il cuore le batté automaticamente più forte ed un brivido le si diramò per tutto il corpo dal punto in cui l'aveva toccata.
Perché le faceva quell'effetto? Da un po' di giorni si sentiva quasi in imbarazzo quando lui le si avvicinava troppo, proprio come in quel momento.
Abbassò la testa in difficoltà e fece vagare lo sguardo per terra. Che cosa le stava succedendo? Perché il suo corpo si stava surriscaldando ed il cuore le batteva ogni secondo più veloce? E perché il cervello non era più in grado di sussisterla e farle formulare una risposta sensata?
Il ragazzo la strattonò malamente. << Regola numero uno? >> le domandò con un tono duro e freddo.
Gea deglutì in difficoltà e mantenne la testa reclinata. Non sapeva nemmeno cosa dire, voleva solo allontanarsi da lui e tornare a respirare. Quella vicinanza la stava facendo agitare più del naturale, rendendole persino dura concentrarsi sulle parole del ragazzo.
<< Io... >> pronunciò con la gola secca, interrompendosi subito dopo.
Deimos le alzò la testa spazientito e le bloccò il mento con una mano. E fu allora che successe ciò non si sarebbe aspettato.
Un qualcosa, nello sguardo di lei, per la prima volta in tutta la sua vita, gli fece battere più rapidamente il cuore.
Sgranò impercettibilmente i suoi zaffiri mentre osservava gli occhi lucidi della ragazza, le sue guance rosate, le sue labbra schiuse e la sua espressione simile a quella di un cerbiatto smarrito.
Appena si rese effettivamente conto di ciò che gli stava accadendo, l'allontanò di scatto e riprese possesso del suo freddo sguardo impassibile.
<< Fa' ciò ti ho detto >> le ordinò con durezza. << O le conseguenze saranno decisamente peggiori >> concluse lanciandole un'occhiata gelida e minatoria.
Gea annuì, incapace di ribattere come avrebbe fatto di consueto. Corse a recuperare la maglietta in cucina e si precipitò al piano superiore.


                                                                        *  *  *


Che diavolo era successo al suo cuore? Lui non provava emozioni come gli umani. Era stato addestrato e cresciuto in modo diverso da loro.
Non conosceva l'amore, l'amicizia, la pietà o l'affetto familiare. Solo la strategia, la crudeltà, la scaltrezza e la devastazione.
Quello sconosciuto qualcosa che gli aveva fatto battere il cuore non era ammissibile. Non era da lui.
Un basso ringhio gli vibrò tra i denti.
Quell'umana aveva cominciato a fargli uno strano effetto. L'unica sino a quel momento che avesse fatto smuovere qualcosa dentro di lui.
Ed ogni volta che la toccava desiderava sempre di più. Desiderava ciò che desiderava da ogni altra ragazza con cui era stato, ma in modo diverso.
Con le altre non era capace di farsi trasportare, ma rimaneva sempre in sé. Ed invece quando si trattava di quell'insignificante umana, anche attraverso un solo tocco, perdeva il controllo. Faticava a rimanere concentrato sui suoi obiettivi e staccava la spina del cervello, alla stessa maniera degli umani.
Quegli ottusi e deboli umani guidati solo da patetiche emozioni e che non meritavano di esistere. Esattamente come lei.
Avrebbe dovuto ucciderla ed eliminare il problema, così gli era stato insegnato.
Non circuire, non scappare, eliminare.
Ma in quel caso il suo potere ne avrebbe risentito e l'elemento terra non si sarebbe mai più incarnato in nessun altro essere. 
Solo per quel dannato motivo doveva trattenersi dall'eliminarla con le sue mani.
Ma avrebbe intensificato i suoi allenamenti e l'avrebbe fatta giungere allo stremo delle forze. Giorno dopo giorno, finché queste non l'avrebbero abbandonata una volta per tutte.
E si sarebbe divertito a vedere quella stessa luce che prima le illuminava gli occhi e che gli aveva fatto battere il cuore, spegnersi inesorabilmente. In quel modo avrebbe eliminato il problema.
Avrebbe assistito a quello spettacolo come al più bello della sua vita. E non avrebbe provato rimorsi o pietà, ma solo soddisfazione.
Perché lui non era umano. E quel cuore, da sempre avvolto in una corazza di piombo, non si sarebbe mai più permesso di battere per lei. Non avrebbe mai più trasgredito alla sua dura etica. Non avrebbe mai più commesso errori.
Mai più.

I poteri del tetraedroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora