Capitolo 9

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<<Calien.>>
Una mano le strattonava la spalla sinistra.
<<Cosa le è successo?>>
<<Non lo so, l'ho trovata qui. Sembra svenuta.>>
Stesa per terra supino, percepiva delle persone aggirarsi attorno a lei, ma non riusciva a muoversi e a rispondere.
La luce le infastidiva gli occhi anche se erano riparati dietro le palpebre.
Lentamente distese i muscoli uno ad uno. I polmoni le lanciavano fitte ogni volta che respirava profondamente. La mente intorpidita le girava.
Aprì gli occhi e qualcuno le fece ombra con la sua figura.
<<Calien!>>
<<C-cosa?>>
Balbettó.
<<Come ti sei fatta male?>>
<<Io...>>
Il ricordo le tornò in mente come un fulmine. Cercò di alzarsi, ma decise di non dire nulla del suo passaggio.
<<Hai bisogno di qualcosa?>>
Guardò la ragazza a cui apparteneva la voce insistente che le si rivolgeva.
Aveva i capelli scuri raccolti in una coda alta da cui scendevano legati in una treccia. I raggi del sole però erano troppo forti e coprivano gli altri suoi particolari. Dietro di lei, altre due figure la osservavano.
<<Aiutami ad andare all'ombra. Per favore.>>
Una volta riparata sotto la chioma di un albero poté osservarle meglio.
La giovane dai capelli raccolti aveva alcune ciocche sottili che le ricadevano sul viso incorniciandolo e coprendole a volte gli occhi. Anch'essi erano scuri e le sopracciglia folte.
Cetaanir non ebbe bisogno di guardarla ancora, sapeva che nel braccio, subito sotto la spalla, aveva un bracciale color oro con mille ghirigori spigolosi. Sapeva indossasse una canottiera marrone larga e dei pantaloni aderenti verde scuro. Sapeva che sulla sua fronte, seminascosta dalle ciocche di capelli corti, c'era una specie di coroncina color del bronzo in cui incastonata brillava una gemma di ambra.
Riconosceva ogni particolare perché lei l'aveva disegnata.
Lei l'aveva creata.
Incredula, girò lo sguardo verso le altre due figure.
Le riconobbe. La più alta era l'ultima che aveva dipinto, solo pochi giorni prima. I capelli biondi scuro ricadevano sulle spalle e gli occhi verdi la osservarono preoccupati.
L'altra era solo una bambina.
Gli occhi avevano le iridi chiarissime e la pupilla macchiata di bianco, il suo sguardo vitreo non la vedeva.
<<Calien>>
Quella volta fu la ragazza bionda a chiamarla.
<<Io non mi chiamo così.>> i loro due sguardi si fecero sospettosi e interrogativi.
<<Io sono Cetaanir.>>
La bionda rivolse lo sguardo sorpreso alla sua compagna.
<<Miriel prendi Naira e torna indietro. Tu>> Le si rivolse con durezza.
<<Segui me.>>
Senza una parola la giovane iniziò a camminare.
Cetaanir si alzò e per qualche secondo dovette appoggiarsi al tronco dell' albero per ritrovare stabilità.
Avanzarono lungo un campo di canne di bambù sottilissime che, spargendosi, facevano posto ad alberi altissimi le cui radici, grosse due o tre volte il suo braccio, spuntavano dal terreno e vi si riimergevano creando archi che dovevano scavalcare o passarci sotto.
Finalmente la ragazza che le faceva strada si fermò.
Davanti a lei, una grossa roccia era scolpita.
Solo poche parole sparse qui e là erano comprensibili. Cetaanir le chiese per quale motivo l'avesse portata fin lì. Ella si avvicinò al masso e strappò l'edera che copriva l'angolo basso destro della pietra. Quando ebbe finito si allontanò per farle vedere.
Una luna sottilissima era a capo del suo nome che, diversamente dal solito, era scritto per intero.
<<Cosa c'è scritto nelle altre parti della roccia?>>
<<Chi l'ha scritto dice di voler disegnare ancora e ancora, che è una forza irreprimibile dentro di sé. Poi descrive una di noi. Poco dopo la comparsa di questa roccia lei è scesa.>>
<<Chi?>>
Il viso della giovane si indurí. Solo allora Cetaanir notò qualcosa di strano nel suo viso. Qualcosa che lei non le aveva disegnato, ma che riconosceva benissimo.
Inglobava dentro la sua figura l'occhio e il sopracciglio sinistro una cicatrice a forma di luna.
Il respiro le si mozzó.
<<Ti fa male quella?>> chiese indicando la cicatrice nella sua faccia.
<<Tu non ce l'hai?>>
La giovane dalla lunga treccia si faceva sempre più sospettosa.
<<Da dove vieni? Nessun fascio di colore ci ha mostrato la tua nascita, non sembra tu abbia la luna e dici di avere un nome e di chiamarti come colei che sembra averci creato.>>
La sua voce si alzava mano a mano che andava avanti.
Si poteva fidare?
Cetaanir poteva farlo? Infondo era un suo disegno.
<<Io sono lei. Sono io ad avervi disegnato.>>
Lo disse con estrema lentezza, sperando che la giovane davanti a lei potesse rispondere in modo positivo alla sua dichiarazione.
Invece non fece nulla di particolare. Non si buttò ai suoi piedi per adorarla come una dea e non cercò di attaccarla.
Il suo viso rimase impassivo e serio.
Ricominciò a camminare verso il campo di bambù e Cetaanir non poté far altro che seguirla.

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