Capitolo 10

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Superato il campo di canne di bambù, entrarono in una foresta rada.
Il sole caldo raggiungeva il terreno in pochi angoli creando un chiaro-scuro netto. La ragazza davanti a lei camminava con slancio, Cetaanir faceva fatica a mantenere il suo passo e lottava contro il ricordo di sua madre sanguinante.
Cercò di distrarsi.
<<Dove stiamo andando?>>
<<In un luogo che io e le mie compagne usiamo per ritrovarci... e per nasconderci.>>
Poco dopo la ragazza si bloccò.
Si guardò attorno.
Cetaanir si concentrò e anche lei notò un rumore di passi.
La giovane tirò fuori un coltello dalla cintura e con il braccio destro riparó Cetaanir dietro la sua schiena.
<<Potrebbe essere un animale.>>
Con un rumore della bocca la ragazza la indusse al silenzio.
Un' ombra si fece avanti tra gli alberi.
Più si avvicinava, più Cetaanir si ripeteva di essere matta.
Si riconobbe a molti metri di distanza.
La ragazza dalla lunga treccia si rilassó lentamente e ripose il coltello da dove lo aveva estratto.
<<Pensavo ci aspettassi al rifugio.>>
<<Miriel mi ha parlato della ragazza, non ho potuto frenarmi.>>
Ancora riparata dietro la schiena della giovane con la treccia, Cetaanir impalata osservava l' ultima arrivata.
Questa si avvicinò.
Aveva i capelli bruni e lisci, la loro lunghezza inglobava i seni e i suoi occhi color cioccolato fondente erano particolarmente espressivi.
Le assomigliava incredibilmente.
Erano identiche come due gemelli non sarebbero mai stati.
Si scrutarono per molti minuti.
Cetaanir riconobbe in lei ogni proprio particolare fisico e si ricordò di aver fatto il ritratto del suo riflesso nello specchio, qualche anno prima.
La giovane con la luna nel volto le richiamò e insieme ricominciarono a camminare.
Cetaanir, dietro le due schiene, cercava di mettere ordine nella sua mente. Riconosceva i luoghi che avevano attraversato e le ragazze che aveva incontrato eppure, oltre al fisico, le erano completamente estranee. Inoltre, vedere i posti da quella prospettiva e viverli non più solo attraverso delle immagini mentali, la confondeva.
Si concentrò su cose più futili.
Dedusse che il suo ritratto si chiamasse Calien, cioè come l' avevano chiamata quando si era ritrovata lì passando attraverso il foglio.
Ancora, il ricordo della madre le colpì lo stomaco.
Camminarono fino ad uno spiazzo in mezzo alla boscaglia, lì si ergeva un piccolo castello.
La sera iniziava ad affacciarsi e a rubare il cielo al sole ormai nascosto oltre gli alberi.
Un dubbio le infastidí improvvisamente il corso dei pensieri.
Aveva lasciato casa sua, attraversando il disegno, la sera e si era risvegliata a mattina inoltrata. Quindi era rimasta senza sensi per almeno una notte e una mattina. O per più giorni. Non lo avrebbe mai saputo.
Il castello non aveva un fosso né un ponte levatoio, ma era cinto da un muro sopra cui erano appostate delle persone troppo lontane per riconoscerle.
Passarono per un alto arco con le ante del portone spalancate verso il dentro del castello.
Seguirono una strada tra delle costruzioni di mattoni e legno e giunsero in una piazza. Molti li guardavano incuriositi mentre passavano e alcuni iniziavano a bisbigliare tra di loro.
Nella piazza si immettevano delle lunghe scale, terminate esse, una porta aprì loro la strada per un giardino interno. Esso era percorso da alcuni sentieri e circondato da un porticato sorretto da colonne e diviso alle piante da un muro basso. Camminarono sotto di esso fino ad una porta, poi passarono per varie scalinate e stanze. Cetaanir seguiva le sue due guide osservandosi intorno.
Cadde senza nemmeno accorgersi di aver sbattuto contro qualcuno. In realtà, era stata la ragazza davanti a lei ad esserle andata addosso.
Senza scomporsi la ragazza la aiutò ad alzarsi. La sua pelle scura era liscia e soffice, i capelli a piccole ciocche erano molto ricci. Il sorriso sincero e largo chiese scusa seguendo le parole di un ragazzo.
Cetaanir lo osservò, era il primo che vedeva e ricordava i suoi lineamenti disegnati su di un foglio. Capelli biondi e occhi azzurri. Era molto alto e magro, non sembrava avere muscoli particolarmente allenati e forti.
Seguì con lo sguardo i due che, parlando allegramente, si allontanarono lungo il corridoio. Quando raggiunse le sue compagne in un'altra stanza, esse stavano parlando con una giovane.
Questa sembrava avesse più anni di tutte loro. Come si aspettava, Cetaanir la riconobbe al primo sguardo, ma vedere le proprie creazioni, i propri disegni muoversi, respirare e parlare le faceva ancora uno strano effetto.
La sua pelle era candida, i capelli biondi raccolti sulla testa erano scompigliati e alcune ciocche sottili ricadevano intorno al collo lungo. Il vestito lungo lasciava scoperte le punte dei piedi, era bianco e oltrepassato da una fascia blu scura.
<<Come devo pormi nei suoi confronti?>>
Cetaanir nemmeno si accorse che l' elegante signora si stava riferendo a lei.
Confusa le chiese di ripetersi.
<<Non capisco cosa intende.>>
<<Lei ha creato tutti noi, ha scelto la nostra fisicità e il nostro ruolo in questo mondo.>>
<<Io non sapevo di esserne capace e di farlo. Comunque mi può dare del tu.>>
<<Io sono Nuala. Il tuo nome è Cetaanir, giusto? >>
La ragazza annuì con un movimento del capo.
<<Di solito qui nel castello ceniamo insieme e poi ci riuniamo, immagino resterà con noi.>>
Ancora una volta Cetaanir mosse la testa in segno di assenso.
Ora guidata da tre giovani, attraversó molte stanze del castello fino a un grande salone con un lungo tavolo.
Osservò da lontano le persone avvicinarsi, chiamare altri e preparare i posti.
Perché sono qui?
Chi sono tutte queste persone che per molto erano solo disegni nel mio muro?
Cosa cerco in questo mondo?
Non è il mio. No, il mio mondo è  dai miei genitori.

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