Capitolo 2

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Una figura la osservò e lei ricambió lo sguardo.
Il volto femminile emanava spavento e incredulità, paura e determinazione.
Sfiorò la pelle del contorno dell' occhio destro con i polpastrelli della mano, seguì il contorno a forma di mezzo cerchio della cicatrice con estrema cautela.
Al centro della fronte spendeva una gemma di ambra sorretta da una coroncina color del bronzo.
Il riflesso nell' acqua dondolava leggermente a causa del sottile soffio di vento; così faceva anche qualche ciuffo di capelli che le incorniciavano il volto.
Il resto della chioma bruna era raccolta in una coda alta e poi intrecciata fino alle punte.
Era talmente lunga che le arrivava fino alla riga del sedere.
Si alzò velocemente ignorando i capogiri ed estrasse un coltello dalla cintura senza nemmeno sapere di averlo. I muscoli e i nervi tesi attendevano un messaggio dai sensi.
Devo trovare un rifugio.
Il suo primo pensiero.
Iniziò a camminare svelta continuando a guardarsi attorno freneticamente.
Si irrigidí e indietreggió fino a scontrare con la schiena il tronco di un albero.
Il rumore di una veloce e pesante corsa giunse alle sue orecchie e una figura si appoggiò all'albero davanti a lei.
Il suo volto era coperto dai lunghi capelli corvini mossi che, con un rapido movimento della testa all' indietro, scostó mostrando il viso.
La ragazza, con ancora il pugnale alto e stretto in mano, notò la bellezza provocante della giovane davanti a lei, ma rimase rigida nella sua posizione.
<<Buon arrivata, Eruannie.>>
<<Cosa dici?>>
Le parole uscirono lente e traballanti pronunciando la loro prima frase.
<<Eruannie, "dono di Dio". Perché sei questo, siamo questo. Il dono a questa terra sperduta da una dea menefreghista.>>
La giovane le fece un sorriso dolce. La ragazza, ancora diffidente, la scrutó.
Completamente vestita di nero, aveva dei gioielli oro e una cintura verde militare le cingeva il busto.
Le labbra carnose e rossastre mostravano una dentatura perfetta e bianca. Gli occhi azzurri magnetici scintillavano di una luce chiara e forte e il naso piccolino aveva un piccolo piercing.
<<Che cosa vuoi da me?>>
<<Voglio che ti unisca a me e ai miei compagni.>>
<<Perché?>>
<<Il nostro "capo" sta cercando la dea di cui ti ho parlato e pensa di averla trovata. In ogni caso, vogliamo essere in tanti, ci piacciono le famiglie numerose per così dire.>> Mimó le virgolette con solo una mano e si avvicinò dondolando il bacino esageratamente.
<<No.>>
Disse subito fredda la ragazza con la lunga treccia.
<<Sai chi ti ha fatto quella ferita, Eruannie?>>
La ragazza abbassò leggermente il coltello improvvisamente incuriosita da quella domanda, anche lei voleva sapere la risposta.
<<La nostra amatissima dea. Non pensi dovrebbe esser punita per questo? Insomma, siamo qui per colpa sua, lei ci ha catapultato qui e, provaci, qualsiasi cosa tu le dica o chieda non riceverai alcuna risposta.>>
La giovane dagli occhi azzurri iniziò ad alzare la voce, a gesticolare con larghi movimenti delle braccia e a muoversi nel piccolo spiazzo tra gli alberi. L'altra invece tornò a stringere il pugnale, pronta a tutto.
All' improvviso, la giovane si bloccò, le spalle rivolte alla ragazza con la cicatrice nel volto.
<<Tu chi sei?>>
<<Mi hanno chiamata Morwen.>>
<<Chi?>>
Non ricevette risposta per vari minuti e nemmeno quando la giovane parlò.
<<Tu non vuoi seguirmi; o sbaglio?>>
<<Non sbagli.>>
La giovane volse il viso verso la sua interlocutrice continuando a darle le spalle. Sorrise maliziosamente, poi fece scorrere la mano destra sotto la folta chioma scura e la spostò di lato.
Al centro della schiena, tra le spalle, una figura poco distinta si contorceva e le mostrava i denti affilati e cariati.
La ragazza arretró a quella vista spingendosi contro il tronco dell' albero  mentre l' altra correva via andandosene come era giunta.
Finalmente i suoi muscoli si rilassarono, anche se non del tutto, e ripose il pugnale.
Per molto rimase lì, ferma a pensare a ciò che era successo e al discorso con la giovane.
Rianimatasi, ricominciò a cercare un rifugio.
La sera era ormai giunta e ancora non aveva trovato nessun luogo adatto. Non avendo alternativa, scelse l'albero più robusto e vi si arrampicó.
Seduta su di un ramo, col busto appoggiato al tronco, Aspettó che la notte scendesse definitivamente e che il sonno la rubasse dalla fame.

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