Capitolo 4

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<<Là guardate!>>
I tre ragazzi continuarono a correre fino allo spiazzo dove era stata combattuta una battaglia.
Lì, rallentarono per osservare il luogo.
In un angolo, un enorme cinghiale era disteso su un fianco morto. Il sangue sgorgava dal suo corpo inerme e macchiava il terriccio.
<<È qua venite!>>
La ragazza dalla pelle scura e i folti ricci si accovacció vicino ad una ragazza.
Questa era stesa supina, la faccia pallida riversa da una parte e i vestiti completamente intrinsi di sangue.
<<È... è morta.>>
Balbettó tristemente, dalle sue parole si notava che un groppo alla gola le impediva di scorrere normalmente.
Il ragazzo biondo si avvicinò a lei mentre l' altro osservava i dintorni.
<<No, aspetta. C'è battito! È molto debole, ma forse possiamo ancora salvarla!>>
La giovane al suo fianco riprese il suo solito largo sorriso, tanto aperto che tutto in lei sembrava sorridere.
Il terzo uomo corse nella boscaglia e tornò con due bastoni lunghi e altri più corti e piccoli.
Lavorando insieme i due uomini legarono i rami sottili ai due grossi con una corda facendo così una sorta di barella.
La ragazza invece girò nella boscaglia e tornò con un grosso mucchio di foglie che sparse sulla barella prima che i suoi compagni vi sistemassero la giovane.
Ricominciarono a camminare che poco mancava al sorgere del sole.

<<Ehi >>
La voce emozionata fece scattare qualcosa nel suo cervello e il caos si fece strada nei suoi pensieri.
Il dolore era intenso e ogni cellula del suo corpo si rifiutava di obbedire.
Imprecó dentro di sé e costrinse le palpebre ad alzarsi, senza successo.
Qualcuno le sfiorò il braccio con la mano, poi accarezzó la pelle del suo viso in modo leggero.
Dentro di lei un moto di repulsione la invase e se fosse stata solo anima sarebbe sprofondata nel letto, avrebbe oltrepassato muri e città da quanto forte fosse quella sorta di disgusto che la spingeva ad allontanarsi.
Ma neanche questo fece muovere una sola membrana del suo corpo.
Io dovrei essere solo anima. Dovrei essere morta.
Chi è questa persona che si ostina ad invadere il mio spazio vitale? Forse devo a lui la mia vita.
Lui o lei?
Se potessi riavere il controllo del mio corpo! Corpo infedele.
La persona accanto a lei si alzò e se ne andò chiudendo una porta.
Presa dal vuoto del tempo che passava e ancora incapace di muoversi, non poté far altro che pensare e riposarsi.
Si ridestó aprendo gli occhi.
Finalmente aveva quantomeno il dono della vista.
Questo la mise particolarmente di buon umore, ma ancora non era abbastanza. Voleva alzarsi, camminare, e non ci riusciva.
La porta davanti al letto in cui era adagiata si riaprí e ne entrarono due persone.
Una era una ragazza dai capelli ricci e pomposi, appena la vide fece un urletto e saltellando raggiunse la sua testa.
<<Finalmente ti sei svegliata!>>
Urlò stridulmente.
<<Beraht vai a prendere da mangiare.>>
La ragazza corse via seguendo la richiesta del suo biondo compagno.
Questo le si avvicinò in modo molto più pacato e tranquillo della sua esuberante compagna.
<<Hai rischiato davvero di morire. In realtà, stai rischiando anche ora, se non mangi potresti morire di fame. Aspettavamo che ti svegliassi.>>
I suoi occhi blu si puntarono sui suoi e lei sostenne lo sguardo senza problemi.
Istintivamente aprì la bocca, ma nessun suono ne uscì.
<<Non sprecare fiato. Non provare a parlare. Ti spiegherò io tutto, farai domande quando il tuo corpo si sarà messo in sesto abbastanza.>>
Beraht tornò con una scodella di brodo e, dopo qualche momento di esitazione, se ne andò.
Il ragazzo sistemó la ciotola sopra il letto e infilò la mano sinistra dietro il suo collo per sollevarlo leggermente e darle modo di ingoiare il cibo senza soffocare.
<<Io mi chiamo Tanet, ti abbiamo trovato in una foresta non troppo lontano da qui, io, Beraht e un' altro di noi.
In questo momento ti trovi nel castello di Alyon, governato dalla regina Nuala.>>
Mentre parlava, il cucchiaio, comandato dalla mano di Tanet, viaggiava dalla ciotola alla bocca della ragazza.
<<Sai chi ti ha attaccata?>>
La ragazza scosse la testa in segno di dissenso.
<<Per adesso ti ho detto abbastanza. Riposati.>>
Finché nella ciotola ci fu cibo, le loro labbra rimasero serrate e gli occhi seguirono i movimenti del cucchiaio.
Poi Tanet si alzò e se ne andò.
Da sola, per molto tempo la ragazza si costrinse al movimento, alla parola e al riposo.
Con grande fatica e dolore la giovane si mise a sedere.
Al posto dei suoi vestiti, aveva una maglia larga nera e dei lunghi pantaloni grigi. Prese il bordo della maglia e lentamente lo tirò su. Il sangue si era seccato incollando la maglia con la pelle.
Dove l' aveva colpita la zanna del cinghiale, oltre ad un lungo taglio, per metà del busto si espandeva un livido nero, viola e giallo nei bordi dove la botta era stata meno forte.
Inarcó la schiena e cercó di vedere la ferita che il morso della bestia gli aveva lasciato. Essa era larga una spanna e i denti, ben distinti tra loro, avevano lasciato segni e ferite che stavano guarendo meglio dell' altra nel davanti.
La porta si aprì lentamente, cigolando.
Si fece avanti Tanet, subito seguito da Beraht e da una ragazza che non riconosceva.
<<Lei si chiama Calien, vorrebbe parlare con te, va bene?>>
La ragazza acconsentì con un deciso cenno della testa e il giovane e Beraht se ne andarono lasciandole sole.
<<Ciao, tu come ti chiami? >>
La ragazza fu sorpresa della domanda, non si era ancora posta quella questione, però non tralasció nel suo volto alcuna emozione.
<<È normale e immaginavo non ne avessi uno. Vediamo, che nome potrebbe starti bene... Medenn, Enid, Ringil...>>
<<Dana.>>
Non sapeva come mai quel nome le fosse uscito dalla bocca, come se fosse sempre stato lì, imprigionato tra l' inconscio e le corde vocali.
<<Si, è un bel nome>> Calien la osservò negli occhi per vari istanti prima di continuare.
<<Hai qualcosa da dirmi, magari riguardo chi ti ha ridotta così, o qualcosa da chiedermi?>>
<<Si. Quel giorno ho incontrato una ragazza, mi ha parlato di una dea e mi ha detto che ci chiamiamo Eruannie. A cosa si riferiva? >>
Calien tirò un profondo respiro e si sedette.
<<Ti ha detto il vero. Quasi tutto ciò che vedi, anche questo castello, è stato creato da colei che molti chiamano e definiscono proprio per questo motivo, dea. Questa dea noi non l' abbiamo mai vista e abbiamo una sola testimonianza diretta.
Ella si fa chiamare Cetaanir. >>

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