Capitolo 5

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Furono delle urla a svegliare Shiera dal suo sonno, Kore bussò più volte alla grande porta marrone poi decise di entrare e la sua espressione convinse tutti che c'era stato un problema grosso. Scesero giù dalle scale e fu allora che mi videro. Kane mi trasportava in braccio ed ero quasi morta. Tutto intorno al mio corpo altro non c'era se non sangue, i morsi erano stati profondi ed i ragazzi non poterono dire con certezza se avessi già smesso di respirare. Ma la cosa che veramente li mise in allerta fu lo sguardo preoccupato di Kane, e le sue urla forti che cercavano di richiamare l'attenzione di tutti.

- È stata aggredita, ma ho bisogno che resti viva, fate qualcosa! - tuonò la sua voce.

- Portala in infermeria - disse Shiera.

Ciò che vedevo, passava attraverso i suoi occhi.

Giunsero tutti in poco tempo, ma alcuni convenirono che non c'era più niente da fare.

- No, no! Ho bisogno di lei! - disse ancora Kane, in preda alla rabbia.

- L'unica cosa che la salverebbe è il nostro sangue, ma sai bene che non possiamo offrirglielo. Sarebbe un gesto troppo personale, rischioso - disse Leyla.

Kane mi guardò stesa sulla barella mentre percorreva a grandi passi la stanza.

All'improvviso, grazie ad un coltellino che portava in tasca, si creò una ferita sulla mano e lasciò colare qualche goccia di sangue sulle mie labbra ormai viola.

- Kane... - lo sguardo di Kore passò dallo stupore, alla tristezza più assoluta.

- Mi serve - spiegò lui, quasi ringhiando.

Il processo di guarigione fu lento, le ferite si rimarginarono piano, il mio colorito iniziò ad intiepidirsi dopo qualche minuto, poi il cuore iniziò a battere. Diverse ore dopo, mi videro respirare come se prima avessi rischiato di affogare, raggomitolata ed intimorita su me stessa.

Shiera staccò le dita dalla mia testa e sentì quasi come una ventosa allontanarsi. Il mio battito non era regolare e nemmeno il mio respiro. Tutti i presenti, iniziarono a fissarmi incuriositi.

- Ma voi chi siete? - chiesi allora.

- Ci chiamano in tanti modi Bella, ma l'importante è che tu sappia che non siamo noi a volerti fare del male... Al contrario... - Leyla... la sua voce era come miele, mi calmò subito.

- In realtà siamo solo dei Guerrieri, tutto qui - la voce di Sean mi convinse, non c'era bisogno di preoccuparsi. Mi avrebbero aiutata.

- Perché i Nephilim ce l'hanno con me? Io non so nulla di questo Fabergé che cercano! - tentai di spiegare.

- Forse è così, ma se durante la loro ricerca essi sono giunti a te, un motivo deve esserci. Sono ombre del male creati da paure e da emozioni negative, sono assetati di sangue e potenti, ma raramente sbagliano - spiegò Anwar.

- Cos'ha questo Fabergé di tanto importante? Perché lo vogliono? - chiesi accigliata.

Nessuno mi rispose, anzi, un silenzio assordante ricoprì la sala.

- Se si nutrissero di ciò che c'è al suo interno, acquisirebbero una forma immortale - spiegò Kane. Per la prima volta rividi nella sua espressione quel leggero velo di preoccupazione che lo caratterizzava quando arrivai nel palazzo.

- Dobbiamo trovarlo prima di loro - disse kore, pensierosa.

- È compito mio - Kane per poco non ringhiò. Certe volte mi spaventava.

Più tardi i ragazzi mi spiegarono che vivevano nel palazzo ormai da anni, combattevano i Nephilim da tempo e questo li aveva portati a vivere insieme.

- Negli anni cinquanta questo posto era incredibilmente buio, ci vollero dei mesi per abbellirlo. Fortuna che la guerra era finita altrimenti sarebbe stato un disastro, e l'ala est ancora è da rifare! - Kore si guardava intorno, sorridendo.

- Sembra quasi che tu ci sia stata, in periodo intendo - sorrisi parlando tra me e me.

Tutti presero a guardarmi come se si aspettassero che questo momento sarebbe arrivato.

- Oh no... che altro c'è? -

- Noi... siamo guerrieri senza anima Bebybels, siamo un po' più vecchi di quanto dimostriamo - Anwar si strinse nelle spalle. Per poco non smisi di respirare.

- Okay, basta. Ho bisogno di elaborare un po' di informazioni... da sola - misi le mani davanti a me e mi alzai in piedi.

Iniziai ad incamminarmi verso le scale.

- Aspetta Bella! Posso accompagnarti... - Anwar cercò di seguirmi ma gli feci cenno di fermarsi.

- Credo di aver capito la strada, a più tardi - risposi, cercando di mostrarmi gentile.

Avevo una voglia matta di scappare, ma non sarebbe servito a niente. Così mi rinchiusi in quella grande stanza e mi misi sul divano a rimuginare.

"L'unico lato positivo è che adesso ho la certezza di non essere stata pazza tutto questo tempo, nel sentire le voci, gli odori, e la presenza di quegli esseri..."

Il mio stomaco reclamava cibo, strinsi forte la medaglietta che avevo al collo e pregai mia madre di darmi un po' di forza, più di quanta lei ne avesse mai avuta.


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