Capitolo 25

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Ecco cosa stavo dimenticando.
Stava diventando davvero una giornata orribile.
Decisi di mettere subito le cose in chiaro.
"Senti, Ricciardi, io non ho affatto intenzione di passare il mio pomeriggio qui, con te. Quindi io ora me ne vado e tu rimani a pulire, così il preside sarà felice, io sarò felice perché me ne andrò a casa senza aver fatto niente e tu sarai felice perché non mi avrai tra i piedi.
Tutti saremo felici!" ho urlato con finto entusiasmo allargando le braccia; mi voltai deciso ad andarmene ma una voce al quanto irritante mi chiamò "Senti, Reggiani..." disse facendomi il verso, il che mi fece irritare ancora di più "...perché invece non resti qui e mi dai una mano? Finiremo più in fretta e andremo tutti e due a casa prima"
Sì certo.
"Come no! Aspetta che vado a prendere uno straccio e ti raggiungo" risi nervosamente "Ci vediamo!"
questa volta ero deciso ad uscire una volta per tutte e non mi avrebbe fermato nessuno
"Reggiani! Dove credi di andare?"
Oh no.
"Torna subito qui e aiuta il tuo amico Ricciardi a pulire"
Amico, sì certo.
Mi voltai e non potei fare a meno di notare il sorriso compiaciuto sulla faccia di Gabriel.
Bastardo.
"O vorrai mica una sospensione..."
"Mi farebbe proprio comoda una sospensione signor preside" mi rivolsi ironicamente a quell'omone alto, grosso e sempre vestito da pinguino ma che riusciva a mettere in soggezione chiunque.
Strappai la scopa dalla mano di Gabriel e mi avviai verso la prima aula sempre seguito da quello con un perenne ghigno sul viso.
Non era proprio la mia giornata.

Camilla's Pov
"Perché non hai salutato il tuo ragazzo?" chiese mia madre non appena partimmo
Strabuzzai gli occhi e mi feci scappare una risata nervosa
"Allora?" incalzò lei ma decisi di non dirle la verità
"L'avevo già salutato prima che arrivassi..." cercai di finire lì il discorso e pregai affinché il viaggio durasse poco. Ma naturalmente il destino non voleva proprio essere dalla mia parte
"Mi è sembrato strano Federico, come se volesse dirti qualcosa ..."
Ma dai, non ci posso credere
"Ma no, tranquilla" risposi mentendo
"Sei sicura?"
Basta non resisto.
"Si mamma, va tutto bene".
"Sarà..."
Capii che l'unico modo per farla stare zitta era quello di dirle una grossa bugia
"Ok...la verità è che mi vergogno un po' a salutare Federico davanti ad altri così l'ho fatto prima che arrivassi"
Che scusa stupida.
Non ci credi neanche tu Camilla.
"Tesoro ma non ti devi vergognare..."
Cosa?
Ci ha creduto?
"All'inizio sarà così ma con il tempo vedrai che passerà"
Ok. È impazzita.
"Grazie mamma" le dissi sinceramente.
Non mi piaceva dire le bugie, specialmente a mia madre ma non potevo certo dirle la verità; l'avrebbe subito raccontata a papà e lui come minimo avrebbe strozzato Federico.
Il che, ripensandoci, non mi sarebbe dispiaciuto più di tanto.
Arrivai a casa e decisi di approfittare del momento per rilassarmi.
Non lo facevo da tanto.

Mi svegliai e lui era lì. Seduto sulla mia poltrona a guardarmi con quel sorriso sul volto.
Quant'era bello.
"Cosa ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare?"
senza rispondermi si alzò dalla poltrona e mi venne incontro. "Cosa..." non finii la frase; un sapore fresco di menta mi avvolse e il solo contatto con le sue labbra mi provocò una scarica elettrica lungo la schiena. Un piacere immenso che mi fece dimenticare ogni cosa.
La sua mano mi accarezzava i capelli e non appena ci staccammo vidi nei suoi occhi una scintilla accendersi e il suo sorriso diventare brillante.
Sentii bussare alla porta della mia camera ma nessuno dei due volle andare ad aprire. Da quell'insistenza decisi a malincuore di alzarmi dal letto, ma quello che vidi mi lasciò senza fiato
"Ma che diavolo..." "Posso entrare?" stessa voce suadente, stesso sorriso meraviglioso.
Non era possibile.
"F-Federico?!" "L'unico e il solo!"
Divertente.
Mi oltrepassó, come aveva fatto quella mattina a scuola, stesso tono presuntuoso e strafottente, e si mise affianco al ragazzo che mi aveva baciato poco prima.
Mi stropicciai gli occhi ma loro erano proprio lì, in piedi, uno accanto all'altro, identici ma diversi allo stesso tempo.
Era la faccia ad essere differente.
Uno aveva quel ghigno superficiale, gli occhi ridotti a due fessure, lo sguardo intrigante ma odioso.
L'altro un sorriso dolce, le fossette più adorabili che avessi mai visto e gli occhi grandi e sinceri.
Proprio nel momento in cui stavano per parlare mi sentii precipitare e aprii gli occhi.
Ero nella mia stanza, l'unica cosa sulla mia poltrona era la massa informe dei miei vestiti accumulati e respiravo a fatica, avevo il fiatone come se avessi corso per 5 km; era stato solo un sogno.
Mi era sembrato tutto così reale, avevo visto i due volti di Federico e in quel momento realizzai che per tornare ad essere felice avrei dovuto imparare a convivere con entrambi.

«Il sorriso che mi ammazza»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora