Capitolo 7

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Non so perchè ma avevo la sensazione che quello che avrei visto al di la della porta non mi sarebbe piacuito.

Ho bussato.

Dall'altra parte un grido acutissimo mi ha fatto sobbalzare.

Una voce molto grave ma comunque di donna mi ha chiesto chi fossi e ho risposto che ero una compagna di Sasha e che le avevo portato un regalo.

Mi ha aperto una donnona piú larga della porta, gli occhi nerissimi cosi come la sua carnagione, un mento paffuto che mi ha fatto sorridere e dei capelli spettinati che mi hanno ricordato Sasha.

La donna si chiamava Moira; mi ha invitato ad entrare e ha detto che la figlia mi avrebbe raggiunto a momenti.

Mi sono sistemata su un piccolo e scomodo divano in salotto. Le pareti erano sporche e il soffitto sembrava cadere a pezzi. Ho intravisto una minuscola cucina e un bagno che deduco fosse l'unico della casa.

Ai lati della sala c'erano da una parte una camera matrimoniale occupata principalmente dal letto, e dall'altra la stanza di Sasha e delle sue due sorelle gemelle neonate. Tutto sembrava ancora piú piccolo perchè in ogni angolo c'erano scatoloni su scatoloni e non sono riuscita ad immaginarmi quella casa, se si poteva definire cosi, arredata con cosi tanta roba.

Improvvisamente Sasha sbucò dalla sua stanza e mi si avvicinò con sorpresa e timore.

Mi sono subito alzata in piedi e le ho consegnato il regalo

-Per te! Spero ti piaccia...sono venuta a salutarti e ad augurarti buon viaggio. Sono sicura che dove andrai troverai degli amici migliori di come li hai avuti qui. Mi dispiace se non ti sei trovata bene con noi...

-Non ti devi scusare- mi ha risposto guardando il pavimento di mattonelle grigie.

-Sono io che non vado bene per voi, non vado bene per nessuno e anche nella prossima città dove andremo la situazione non sarà diversa...stai tranquilla non è colpa tua. Sono io che sono un disastro-.

Non ha aggiunto altro.

Non ho aggiunto altro.

Le ho dato il bracciale ma ho voluto metterglielo io.

Le ho sollevato la manica per allacciarglielo.

Sul polso aveva dei piccoli tagli, quasi invisibili per via del colore della pelle, ma io li ho visti.

Lo sospettavo.

Sapevo che non era stato il gatto.

Sono rimasta sconvolta.

Mi sono alzata, l'ho abbracciata.

-Tu non sei un disastro, sei la persona piú forte che io abbia mai conosciuto. Non lo dimenticare mai-.

Mi sono diretta verso la porta e prima di uscire ho sussurato alla madre: “Non lasciatela mai sola, aiutatela come avrei dovuto fare io”.

Me ne sono andata ma prima di uscire ho visto una lacrima scendere dall'occhio di Moira e di Sasha.

Non so se ho fatto bene ad andarmene. Avrei dovuto fermarli.

Ma ero certa che Sasha ce l'avrebbe fatta. Lo speravo.

Quella sera non ho dormito e all'alba ho visto la loro macchina allontanarsi silenziosamente per non tornare mai piú.

Con la coda dell'occhio ho intravisto un segno sul vetro posteriore appannato.

GRAZIE” .

Prego, figurati Sasha.

«Il sorriso che mi ammazza»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora