Diciassette.

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C.

Sei mio, non puoi scappare. Se vuoi continuare la tua vita, devi essere mio. È un ordine.

Tutto ciò che rendeva lei triste era colpa di mio padre. Lo odiavo. Da quando si era risposato con la madre di Kathrin la mia vita era andata a rotoli. Non riuscivo ad avere una vita normale, perché se anche ci avessi solo provato avrei sofferto io, e le persone che ne facevano parte. Solo mia sorella sapeva tutto, era da più di sei mesi che cercavamo una soluzione. L'unica che tornava sempre essere quella più plausibile, era andare via. Ma se andavo via, lei e mia madre che fine avrebbero fatto? Non potevo abbandonarle.
Emma, ah, la mia Emma. Non dovevo farla entrare in tutto questo. Lei merita di star bene, e con me si fa solo male.

M.

»George, non posso continuare a mentirti. Non so come altro farti capire tutto ciò che sta succedendo. Ti ho voluto bene per davvero, e te ne vorrò sempre. Con te sono felice, ma non quanto vorrei. Non posso accettare di farti soffrire, non posso permetterti di perdere tempo con me, non potrò mai darti tutto l'amore che meriti, non riuscirei neanche a dartene un quarto, in realtà. Tu non meriti me, meriti una persona che riesca ad amarti come meriti. Mi dispiace George, ti voglio bene.
Sempre con affetto,
Em.«

Lasciai quel biglietto sul suo banco, non riuscivo a dirglielo di persona, non potevo vederlo soffrire per colpa mia, non mi sarei permessa che un'altra persona potesse soffrire a causa mia. Mia madre aveva subito molto per colpa della sottoscritta, fortunatamente adesso, non può più soffrire.
I miei pensieri furono interrotti quando mi scontrai con una persona. Il suo profumo fu immediatamente riconosciuto dal mio cervello. Calum, il mio Calum; no, non potevo arrendermi così facilmente, non ero un giocattolo.

-E 'sta attento quando cammini.-

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