YOU'RE THE CENTER OF ALL THIS PAIN

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Quella notte le si era seduto vicino, mentre lei dormiva beata. Continuava a guardarla, mentre le stringeva la mano, mentre le accarezzava i capelli. Era una sensazione bellissima e avrebbe voluto durasse per sempre. Poi però il sonno lo colse ed inconsciamente si stese di fronte a lei, sul bordo del letto, lasciando vuota l'altra metà, e mentre continuava ad accarezzarle il capo delicatamente, finalmente chiuse gli occhi.

Erano le dieci del mattino quando Tony, muovendosi nel sonno, cadde dal letto con un tonfo sordo. Ziva si alzò istintivamente cercando la sua pistola sotto il cuscino, ma non la trovò, e quando si accorse che Tony era solo caduto dal letto, con un mugolio tornò ad appoggiare la testa sul cuscino.
Tony: "Sto bene, grazie dell'interessamento" fece sarcastico.
Ziva: "Tony non è colpa mia se cadi ancora dal letto! E poi... Come hai fatto a finire da questo lato?" Domandò conoscendo già la risposta.
Tony: "Lo vuoi sapere davvero?" rispose a tono, mentre si alzava tornando a stendersi dal suo lato del letto.
Ziva avvertiva forti dolori alle tempie, e aveva solo un ricordo sfocato di quello che era successo dopo la caduta.
Ziva: "Stanotte ho fatto uno strano sogno. C'erano Gibbs, Abby, McGee"
Tony: "E cosa combinavano?
Ora che ci pensava era da tanto tempo che non pronunciava i loro nomi. Li aveva costantemente nella mente, ma da due anni a questa parte non li aveva mai chiamati per nome, e tornare a farlo era come liberarsi di un peso.
Ziva: "Non ricordo. Gibbs mi parlava delle sue regole che avevo infranto, ed Abby e McGee... Vabbè non importa."
I loro volti erano vicini, si parlavano con gli occhi. Tony ebbe un déjà-vu, aveva già vissuto questa scena, poi si ricordò. Berlino. Dovevano partire.
Tony: "Ieri mentre ti cercavo, ho trovato Vance che parlava con tuo fratello... Fratellastro. Oggi sarebbero partiti per Berlino"
Calò un silenziò che più che assordante era molto eloquente.
Continuavano a guardarsi negli occhi. A osservarsi, a parlarsi così.
Ziva era ancora arrabbiata con Tony, ma sapeva che non avrebbe resistito per molto.
Così lo spinse fuori dal letto facendolo cadere un'altra volta.
Tony colto alla sprovvista fece uno sguardò stupito
Ziva: "Questo era per non avermi detto niente"
Poi scese dal letto, ma le gambe non la ressero, e cadde anche lei proprio sopra Tony. Come quando tanti anni prima gli si era buttata sopra per proteggerlo da un proiettile che lei stessa aveva sparato in un container. Non si chiese perché, né se fosse dovuto alla caduta dalla moto, ed entrambi sfociarono in una fragorosa risata. Ancora uno sopra l'altra.
Ziva: "Scusami Tony... È che Ari era proprio l'ultima persona che mi aspettavo di vedere, e sapere che tu hai mantenuto il segreto per un giorno intero... Scusami. Avrei dovuto lasciarti spiegare. Tu l'hai fatto per me, ed io..."
Tony: "Ehi... È tutto apposto. Io avrei dovuto dirtelo, e tu avresti dovuto ascoltare. Ma adesso siamo qui, e continuare a fare il muso è inutile. Quindi..." disse alzandosi in piedi e aiutandola a sollevarsi tenendola per un braccio "Forza, preparati che si parte per Berlino!"

Erano partiti in auto alle 10:30, e dopo varie soste a causa di
Tony: "Ti prego Ziva accosta! Il mio stomaco non regge!"
E
Doganiere: "Signora porta una pistola... Dobbiamo chiederle di lasciarla qui"
Ziva: "Sono un'agente federale, e se non l'ha notato, il mio collega ha anche un distintivo!"
Doganiere: "Ma signora, è la legge!"
E Ziva che puntava la pistola al doganiere mentre Tony
Tony: "C'est la vie"
Ricordando quando Ziva gli aveva insegnato il significato, arrivarono alle 19... Sempre prima del previsto, dato che alla guida c'era Ziva.

Intanto Gibbs, Abby e McGee si domandavano perché fossero partiti per Berlino. Ma ben presto McGee trovò una risposta.
McGee: "Capo ho rintracciato il cellulare del direttore... È a Berlino, in Germania... In un vecchio cantiere abbandonato... Pensa che possa c'entrare qualcosa con..."
Gibbs: "No! Lo so!"

Ziva: "Non me la ricordavo così questa città..."
Tony: "Beh se tu riesci a vedere qualcosa passando a questa velocità... Okay adesso vedo meglio!"
Ziva aveva frenato di colpo, e senza parlare indico un'auto davanti ad un cantiere abbandonato. La targa era americana, e le sembrava di riconoscerla. Vance.
Ziva accostò ed i due scesero dall'auto con le pistole impugnate davanti a sé.
Entrarono, ispezionarono il cantiere con cautela. Erano spaventati, avevano paura di quello che avrebbero potuto trovare, e quello che li fece rimanere sbigottiti fu il fatto di non aver trovato nessuno.
Ziva: "Probabilmente volevano sviarci. Sapevano che li avremmo seguiti ed ora staranno..."
Si sentirono entrambi afferrare per le braccia da dietro e tapparsi la bocca con un panno imbevuto di un sonnifero.
Tentarono entrambi di divincolarsi, ma subito il sonnifero fece effetto, e non riuscirono più ad opporsi.

Poco dopo, Ziva si sentiva intontita. Aprì gli occhi con difficoltà, e si ritrovò in una stanza buia, illuminata dalla sola luce di una grata sul soffitto. Era seduta a terra, appoggiata ad una colonna, e quando tentò di alzarsi, si trovò le mani legate da delle manette intorno al palinsesto.
La prima figura che vide davanti a sé era un'ombra, un'ombra che riconobbe dopo pochi attimi. Il cuore le batteva forte. Mai avrebbe pensato di doverlo affrontare dopo avergli sparato.
Ziva: "Tony? Dov'è Tony?"
Ari le rispose mentre avanzava in uno squarcio di luce, mostrandosi. Non era cambiato affatto.
Ari: "Hai dormito molto più del previsto...Non ti senti bene forse?"
Ziva: "Voglio sapere dov'è Tony!" ringhiò
Ari: "Tranquilla. Sta bene. Si è svegliato prima di te e qualcuno voleva fare due chiacchiere con lui... Penso volesse vendicarsi di qualcosa... Una questione tra uomini"
Ziva non capiva... Tony era un amicone, non aveva grandi nemici... O almeno non di sesso maschile!
Ziva: "Chi?"
Ari: "Michael"
Ziva. "Michael? Chi è Michael?"
Quel nome le risuonava nella mente come qualcosa che aveva voluto dimenticare, ma non ci era riuscita del tutto. Perché rappresentava per lei un tradimento, un amore fatto di inganni. Le ricordava brutti periodi e... La Somalia.
Ziva: "No... Michael... Michael Rivkin?"
Ari: "Si sorellina" rispose in un ghigno.
Ziva: "Mi fai schifo! Tu e lui! Mi fate schifo!"
Se non fosse stata legata, probabilmente gli sarebbe saltata addosso.
Poi la porta si aprì, e Tony venne buttato dentro proprio dall'uomo in questione.
Ari: "Perché non glielo dici di persona?"
Ziva cercò lo sguardo di Tony. Sapeva anche di lui? Aveva il volto graffiato e tumefatto, ed una ferita aperta sulla tempie che scendeva fino al labbro.
Rivkin: "Piacere di rincontrarti Ziva..."
Ziva: "Perché siete qui?"
Ari: "Sai Ziva, papà era un uomo potente nel Mossad, e aveva amici sparsi un po' in tutto il mondo che gli dovevano dei favori"
Ziva: "Non mettere in mezzo mio padre!"
Ziva odiava Eli con tutta se stessa, ma non sopportava che qualcuno lo giudicasse per quello che era o per quello che aveva fatto. Specialmente adesso che era morto. Non è mai stato un padre per lei, ma sapeva che gli doveva rispetto. In fondo era un uomo solo, chiuso nell'odio, nel rancore. L'aveva sempre accusata di tutte le disgrazie che gli capitavano, le aveva sempre puntato il dito contro, si era servito di lei come fosse una semplice pedina, ma lei gli aveva perdonato tutto. Sempre.
Ari: "Beh tuo padre... Aveva dei rapporti con un fabbricante di maschere... Mi pare che una volta ci abbiate anche investigato!  Sarà stato 4 anni fa circa"
Tony: "Si... Me lo ricordo.. che invidia..."
Ziva lo fulminò con lo sguardo. Adesso doveva tacere.
Ziva: "Vai avanti"
Rivkin: "Abbiamo fatto indossare delle maschere a dei membri del Mossad... Sapevamo già come sarebbe andata a finire! Ecco la risposta alla tua domanda di ieri DiNozzo!" disse guardando in direzione del ragazzo.
Ziva non riusciva a guardare Rivkin negli occhi... Perché le aveva fatto questo? Le aveva tenuto nascosto delle informazioni in passato sulla sua missione, l'aveva usata, e l'aveva anche fatta apparire come una traditrice... Eppure quante lacrime aveva versato per lui. Si era allontanata dall'NCIS perché l'uomo che amava l'aveva protetta da un ennesimo bastardo, e lei non si era fidata. E adesso era di nuovo qui, davanti a lei. I suoi incubi si facevano realtà. Tutti coloro delle cui morti lei si attribuiva la colpa, stavano tornando e volevano vendetta. E lei non poteva fare niente. Era sola in mezzo ad uno stormo di avvoltoi. E l'unica persona di cui si poteva fidare era quella che aveva sempre creduto in lei, che l'aveva amata e protetta nonostante tutto. Ed ora ce l'aveva di fianco. E probabilmente le aveva nascosto anche questo,  ma non importava, perché se l'aveva fatto era solo per tentare di evitarle altri dolori. Si girò a guardarlo. Aveva il capo chino. Si sentiva in colpa, e quando provò ad alzare lo sguardo, incrociando quello di Ziva, non ne trovò uno critico, ma uno fatto di amore, comprensione e gratitudine. Sorrise lievemente nonostante la situazione.
Ziva stava per parlare e chiedere spiegazioni, ma venne bloccata dall'entrata del direttore Vance, il quale subito si avvicinò all'orecchio di Ari sussurrandogli qualcosa senza nemmeno degnare i suoi agenti di uno sguardo.
Ziva: "Perché siete qui? Cosa volete ancora dalla mia vita?"
Tony la guardava ammirato. Simili emozioni tutte insieme, era convinto, l'avrebbero destabilizzata, eppure sembrava acquisire sempre più sicurezza, sembrava che la cosa non la toccasse, anche se sapeva che era proprio il contrario. Ma aveva imparato che dalla vita ci si può aspettare di tutto e quel tutto va combattuto ad ogni costo. Per se stessi, e per le persone che si amano.
Ari: "Vedi Ziva, a volte il potere spinge l'uomo a fare cose che possono apparire assurde, insensate... Esagerate"
Rivkin: "Quindi se ti stai chiedendo se la nostra relazione fosse stata qualcosa di reale... Mi spiace deluderti"
Non gli aveva ancora parlato. Sapeva che se lo avesse fatto, sarebbe crollata, l'avrebbero vista fragile, e non dovevano. Doveva mantenersi forte, far sembrare che non fosse ferita da tutto questo. Adesso però voleva urlargli in faccia tutto quello che le aveva fatto passare, urlargli che non valeva nulla come agente, come fidanzato, come uomo. Urlargli che era un vigliacco che si era prestato a simili giochetti. Ma rimase zitta.
Ari: "Tu sapevi e anche molto bene le intenzioni di nostro padre, e sapevi che era disposto a tutto pur di ottenere quello che voleva"
Tony e Vance guardavano la scena interessati. Nessuno dei due sapeva il vero motivo del perché fosse lì.
Ziva fremeva di rabbia, ma se nelle ultime ore aveva imparato qualcosa era ascoltare. E continuò ad ingoiare.
Ari: "Tu eri il suo unico ostacolo. Sin da bambina gli chiedevi perché a volte la gente moriva per colpa di altra gente, e gli dicevi che non era giusto. Aveva visto in te qualcosa di diverso, che non aveva mai visto in nessuno. Dopo la morte di tua madre tentò di crescerti come un'assassina, solo così avresti imparato che certa gente deve morire per il bene degli altri, perché ha sbagliato, perché rappresenta un pericolo. E forse ci è anche riuscito. Eri diventata l'assassina migliore di sempre, non sbagliavi un colpo e non pensavi più alle persone che uccidevi, erano solo oggetti da eliminare. Eri diventata il suo fiore all'occhiello. E, lo so, ti conosco, è lo stesso. È riuscito a cambiarti, definitivamente. Lo conferma il fatto che tu mi abbia sparato senza alcun ritegno!"
Tony: "Tu non sai niente! Tu non hai idea di quello che Ziva ha provato ogni volta che ha premuto quel grilletto. Nessuno lo sa. Quello che però so io, è che ha continuato a portarsi il fardello della tua morte insieme a tutti gli altri fino a ieri. Credi che sia stato facile per lei? Credi che si possa cambiare l'indole di una persona semplicemente crescendola come vuoi che diventi?"
Tony non ce la faceva più ad ascoltare e rimanere in silenzio.
Ziva: "Basta Tony! Ti prego..."
Il ragazzo capì l'esigenza di Ziva e tornò a tacere.
Ziva: "Ma perché? Perché tutto questo? Perché coinvolgere anche loro? Perché convincermi delle vostre morti?"
Ari: "Tu mi avresti ammazzato senza pensarci due volte. Ed ora voglio vendetta. È per questo che ho fermato Deena. Voleva essere lei a portare il nome dell'assassino della grande Ziva David... Ma sono in troppi a volere questo posto. È troppo importante perché venga sprecato così! Mia cara, sei tu la causa di tutto questo. Da 10 anni a questa parte, tutto gira intorno a te, e se ti stai dando la colpa di tutte queste morti, di tutta questa sofferenza... Fai bene."
Ziva aveva ascoltato ogni singola parola, ma continuava a non capire. Cosa c'entravano Rivkin e Vance... E soprattutto, perché tutti la volevano morta?
Rivkin: "Ari lascia che sia io a chiarirle le idee"
Le si avvicinò. Era ancora legata alla colonna, e con la coda dell'occhio guardava Tony ancora ammanettato.
Le prese il mento tra pollice e indice e la guardò con attenzione. Aveva dei graffi sul viso, e lo sguardo di chi non si è ancora arreso davanti ad una morte imminente.
Rivkin: "Non hai il coraggio di parlarmi o di guardarmi negli occhi?"
Tutto il suo corpo bruciava di rabbia, una rabbia che non riusciva più a trattenere, e finalmente se ne liberò. Con un calcio violento lo allontanò da sé, facendolo cadere
Ziva: "Tu sei un lurido bastardo! Mi hai usata, mi hai fatto credere di amarti, solo per ottenere quello che volevi, per fare un favore a loro... Ma allora non c'era bisogno di portarmi anche a letto. Tu non vali una delle lacrime che ho versato per te, perché si, ho pianto, perché non avrei mai pensato che potessi arrivare a tanto!"
Rivkin: "Come ti permetti a dirmi una cosa simile?"
Si alzò da terra e con tutta la forza che aveva, le scaraventò un calcio sul viso facendola sanguinare, mentre Vance, spaventato dai due uomini, non aveva proferito parola, e Tony sentendosi impotente, non riusciva a guardare la scena.
Rivkin: "E tu prova a fiatare e le pianto una pallottola in testa!" aggiunse rivolgendosi a Tony mentre le puntava la pistola alla tempia.
Ari: "Ehi Michael, calma! È pur sempre la mia sorellina... So io come calmarla..."
In quel momento una ombra si proiettò sul pavimento, proprio dinanzi agli occhi di Ziva.
Il suo animo non si era ancora placato, non aveva versato una lacrima, ma quando alzò lo sguardo, quello che vide la demolì completamente. Il suo cuore perse più di un battito, si sentì mancare l'aria, la testa iniziò a girarle vorticosamente, e mantenersi concentrata su quello che stava accadendo era diventato difficile, ma trattenere le lacrime ormai era impossibile.

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