Cordelia era seduta alla destra di Alexander, che stava in piedi. Loro due e Sigfrid erano intorno ad un tavolino, nel mezzo dell'ennesima tenda. Il ragazzo stava spiegando all'Angelo le difese e le debolezze del castello, affinché riuscissero vittoriosi.
C'era voluto un po' affinché l'Imperatore comprendesse che non erano fra nemici, ma aveva presto recuperato mettendosi a disposizione per eventuali aiuti per rappresaglie, cosa che Cordelia gli aveva severamente proibito. La donna aveva la scusa della ferita – che in realtà grazie alle doti del Guaritore si stava chiudendo piuttosto in fretta – ma non lo avrebbe mandato neanche se fosse stato nel pieno delle sue forze. Conosceva il dolore di avere un uomo amato lontano da casa, e non voleva ripetere l'esperienza con il figlio.
«Avete fatto bene a prendere le ale est ed ovest, così potrete attaccare i Silentowl su più fronti», stava dicendo Alexander, indicando una cartina disegnata a mano in fretta e furia. «Ma questo significa che siamo doppiamente vulnerabili».
«Non importa, non potranno chiamare rinforzi», spiegò Sigfrid, fissando la cartina come se magicamente comparisse un piano d'attacco. «Abbiamo isolato ogni tipo di contatto. Oltre il nostro accampamento, nessuno sa di questi squilibri».
«I civili che dicono?», chiese Alexander, indicando un robusto anello intorno al Palazzo, là dove la città e capitale dei Demoni si sviluppava.
Sigfrid fece una smorfia. «La prima ondata di simpatia è stata smorzata dalla quelli che hanno vissuto i tempi di Napoleone. Anche lui era un capo straniero che conquistava nel nome della libertà, ma poi si è rivelato l'ennesimo tiranno. Le allusioni con noi sono molteplici», si lamentò l'Angelo.
«Dove sono ora i tuoi soldati?», chiese Alexander, massaggiandosi una tempia.
«Come hai suggerito, in missione nelle segrete. Magari lì riusciremo a trovare qualcuno che ci aiuti».
Il ragazzo annuì, ma Cordelia poté comprendere bene il suo sguardo: sperava che riuscissero a trovare Victoria, preferibilmente viva. «Hai intenzione di uccidere i rivoltosi?».
Sigfrid aggrottò le sopracciglia. «Secondo le usanze della mia gente, sì, sarebbero da massacrare nel peggiore dei modi per aver cercato di minare la stabilità del popolo. Ma è la tua gente, sei tu a dover decidere».
Alexander si passò una mano fra i capelli, ricordando con nostalgia di come Victoria avesse le proprie dita sempre attaccate ai suoi ciuffi neri. «Tenere tutti quegli ostaggi vivi sarebbe solo un peso, e non possiamo rischiare che fuggano e raccontino la nostra alleanza. Devono credere di essere attaccati da una potenza straniera».
«E sia», concordò l'Angelo. «I miei soldati dovrebbero tornare a momen...», non fece in tempo a dirlo che un clangore di spade risuonò per tutto l'accampamento.
Tutti – Cordelia, Alexander e Sigfrid inclusi – si affacciarono, sperando in buone notizie. Alcuni uomini si staccarono dal drappello di soldati, dirigendosi verso le tende adibite alla guarigione.
Quello che doveva essere il capo si avvicinò, mentre gli altri Angeli si disperdevano per le tende, chi a rinfrescarsi, chi andando a rassicurare un fratello. Insieme all'uomo biondo e nerboruto – il comandante –, uno più alto e snello camminava verso i tre. Con la barba di qualche giorno, i vestiti strappati e sporchi e lo sguardo stranamente rilassato, Wladimir sembrava il superstite di un uragano.
Sigfrid si protese prima che Cordelia potesse rimettere in moto il cervello. Il sollievo che aveva provato vedendolo era stato sostituito dal senso di impotenza: quante cose non sapeva di quell'uomo? La morte di Edmund, la relazione con Mildred, i contatti clandestini con gli Angeli... quanto era lunga quella dannata lista?
L'Angelo ed il Demone si strinsero la mano, e l'ex sovrano disse: «Chi non muore si rivede».
«Guarda che se sono vivo è colpa tua», rise Sigfrid, abbandonando la stretta di mano per un vigoroso abbraccio da orso.
«Siete tutti così ingrati voi nordici?», sbuffò teatralmente Wladimir. Poi gli occhi dell'uomo si posarono sul figlio, e si avvicinò per mettergli una mano sulla spalla. La sua espressione di fece terribilmente seria, tanto che Cordelia cominciò a temere il peggio. «Meglio se vai», disse ad Alexander, indicando dove il Guaritore entrava ed usciva come un forsennato, alla continua ricerca di bende pulite.
Il ragazzo non se lo fece ripetere, mettendosi a correre verso la tenda bianca. Sigfrid lo seguì con passo più lento, per sincerarsi che fosse tutto in ordine nel suo accampamento.
Wladimir e Cordelia erano rimasti da soli, e la donna cominciò a mordicchiarsi il labbro, a disagio.
«Stai bene?», chiese l'uomo, indicando la benda che ancora le fasciava la tempia.
«Perché non mi hai detto nulla di questo?», rimbeccò lei, ignorando il moto di lusinga che aveva provato quando le aveva chiesto della sua ferita.
Wladimir sospirò, guardando in basso. «E tu mi avresti dato ascolto?».
Cordelia ripensò agli ultimi giorni prima del matrimonio, quando Wladimir aveva confessato della morte di Edmund. In quel momento aveva ben capito la differenza fra lui e quel ragazzo che la imbarazzava da morire in una vasca da bagno. Quest'ultimo le mancava da morire. «No», concesse lei, mordendosi troppo il labbro, che cominciò a sanguinare.
Wladimir si allungò e catturò la solitaria goccia di linfa scarlatta che le stava attraversando il mento. Cordelia si irrigidì e lui si staccò subito, mormorando uno «scusa» frettoloso.
Questa volta tagliarsi il labbro fu intenzionale. La donna si era irrigidita per la sorpresa, non per il disappunto, ed era da così tanto tempo che Wladimir non la toccava, si incrociavano sempre e solo il compagnia di altri Demoni che non ricordava più quanto le sue mani fossero calde.
L'uomo scosse la testa, borbottando un «La solita imbranata», ma i suoi occhi vennero calamitati sulla metà inferiore del suo volto. Come in trance si avvicinò, e Cordelia non sapeva se lui fosse attratti dalle sue labbra, dal suo sangue o da entrambi.
Ma prima che lei si potesse anche solo imbarazzare per la vicinanza del proprio corpo con il suo – quando così tante volte non c'era stato spazio che li dividesse – Wladimir fece un passo indietro.
«Dovresti riposare», disse l'ex sovrano, per poi darle le spalle e dirigersi verso un uomo sconosciuto, con un fisico piuttosto snello. Si strinsero la mano e cominciarono a parlare come amici di vecchia data.
Wladimir era contento di aver ritrovato l'amico, che era il braccio destro di Sigfrid. Si erano scambiati poche parole durante la prima guerra, quando avevano fatto conoscenza, ma gli era subito parso un uomo svelto, sia di spada che di mente. E poi era il buon diversivo da Cordelia. Le braccia a volte gli dolevano quando si immaginava di stringerla e non lasciarsi più andare, ma sapeva di aver fatto troppi sbagli per meritarsi il suo perdono. E cosa garantiva che non l'avrebbe ferita di nuovo? L'eternità era piuttosto lunga, e lui non si fidava più di se stesso.
Non erano più i ragazzi di un tempo, che trovavano l'amore come risposta a tutto. Ormai lui era un essere difettoso, e provare anche solo a riallacciare i rapporti sembrava un oltraggio verso il suo raggio di sole, che sapeva essere lì da qualche parte, sotto tutta quella stizza e freddezza da parte di Cordelia.
Avrebbe dovuto portare con sé il dubbio per l'eternità: quella nuova Cordelia era capace di arrossire?
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Deimon 3 - La congiura del Demonio
Paranormal«So cosa significa non avere nessuno su cui contare oltre il proprio amore - e parliamo di Bloodwood, quindi, non sempre va tutto come ci si aspetta. L'eternità è una vera noia senza qualche sorpresa del destino, ma la famiglia imperiale ha preso qu...