9 - Erbaccia ♛

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Alexander uscì fuori, illuminando per un po' l'interno della tenda grazie al lembo spostato. Era senza maglietta, ed una striscia rosa gli percorreva il ventre, interrompendo la regolare continuità degli addominali. Afferrò una spada da terra e si mise a correre fuori, mentre io venivo assalita dal panico e uscivo. Un Angelo sconosciuto mi intimò di rientrare e nascondermi mentre correva per raggiungere i compagni, ma in tutto quel caos incrociai gli occhi di Cordelia. Nel suo sguardo colsi i miei stessi sentimenti: paura, ma decisamente non impotenza. In poco tempo, rimanemmo sole mentre gli uomini correvano armati verso le mura, contrattaccando.

«Non starò per la terza volta ad aspettare il ritorno del mio uomo», disse Cordelia, correndo verso di me. «Ci stai?».

Annuii vigorosamente, facendole segno di seguirmi. Il piano d'attacco che avevamo ideato – passaggi segreti e l'aiuto dei servi – sarebbe dovuto entrare in vigore due giorni dopo, e quindi gli Angeli erano completamente alla deriva ora. Il loro unico monito al momento era: uccidere i traditori.

Mi cambiai velocemente, afferrando i jeans e la felpa di Alexander per tirarmi su il cappuccio: non dovevano riconoscerci se volevamo entrare nel Palazzo. La donna mi capì al volo, sparendo nella tenda ed uscendone vestita come me – la felpa che il giorno prima avevo visto indosso a Wladimir, ma non era tempo per occuparsi dei loro affari sentimentali. Eravamo sotto attacco.

Ci coprimmo meglio che potemmo e feci strada. Nessuna arma era a terra, segno che stavano impiegando tutti i mezzi a disposizione per andare a dare manforte ai Blackeye, ormai nostri alleati. Invece di correre verso l'ingresso principale, feci segno a Cordelia di seguirmi fino ad una grata nascosta dalla vegetazione. Non disse nulla sul fatto che conoscessi quel passaggio e gliene fui riconoscente. Eravamo completamente al buio in quei passaggi segreti, perciò afferrai la sua mano, mentre con l'altra toccavo la parete accanto a me. La donna non fiatò, probabilmente intuendo che dovevo concentrarmi per non perdere il conto delle svolte.

Sbucammo dietro una tenda, e dall'ambiente asfissiante capii di essere nelle cucine prima ancora di metterci piede. Gli occhi ebbero difficoltà ad abituarsi alla luce dirompente, ma dopo qualche secondo la vista mi tornò nitida. Molti Demoni erano nascosti lì – tutti servi – e tremavano impauriti. Al nostro arrivo, qualcuno lanciò un gridolino, ma quando mi abbassai il cappuccio si fecero tutti più tranquilli. Venni letteralmente investita da ragazzi che mi chiedevano se stessi bene e altri che mi interrogavano cosa stesse accadendo.

Cordelia intimò il silenzio, e tutti si voltarono a guardarla con smorfie di disprezzo mal celato. «Abbiamo bisogno del vostro aiuto per sopravvivere».

«E perché dovremmo aiutare voi?», chiese quello che riconobbi come Amadeus.

«Credete che i barbari là fuori vi tratteranno con un minimo di riserbo? Conquistatevi la vostra libertà», rispose lei altezzosa, sfidandolo con gli occhi a protestare.

Dalla folla si levò un parlottio agitato, ma alla fine il capo cuoco disse: «Facciamolo per Vicky!». Senza nessuna esitazione, tutti cominciarono a ripetere quelle tre parole, rendendomi fiera ed imbarazzata allo stesso tempo. Cordelia mi lanciò uno sguardo perplesso, ma sfruttò l'occasione a nostro vantaggio. «Manca qualcuno di voi?».

Scrutai i Demoni, cercando di vedere se qualcuno fosse assente. Aggrottai la fronte e mimai con le labbra il nome di Adrienne, che non riuscivo a scorgere. Dovetti ripetermi tre volte affinché qualcuno capisse, e Samantha scosse la testa: «L'Imperatore Alexander l'ha mandata via».

Gliene avrei parlato più tardi, ora avevamo bisogno di aiutare gli Angeli. Cordelia non si sprecò molto a spiegare, disse solo che potevano tramortire o uccidere tutti i Demoni che incontravano, ad eccezione dei Bloodwood, e che gli Angeli erano nostri alleati fidati. Qualcuno mi lanciò uno sguardo perplesso, come a sincerarsi che fossi d'accordo, ma non provarono a fare domande: i rumori della battaglia erano già vicini, forse anche nello stesso piano interrato dove ci trovavamo.

Ognuno dei servi afferrò qualcosa dalla cucina: padelle, coltelli, mattarelli e spiedi di ferro, e si prepararono a prendere i nemici di sorpresa. Davanti ci sarebbero stati i servi più efferati, che sicuramente conoscevano meglio i passaggi segreti, e subito dopo tutti gli altri, almeno una cinquantina fra uomini e donne. Forse non sarebbero stati un numero significativo, ma avevano il fattore sorpresa dalla loro parte.

Cordelia mi lanciò un'occhiata, chiedendomi silenziosamente se volessi unirmi alla battaglia. Non persi tempo a pensare, annuii semplicemente. Potevo nascondermi da qualche parte mentre gli altri davano la vita per il mio Regno? Assolutamente no. Afferrammo due coltelli da pane, e seguimmo i servi per le gallerie buie. Ad ogni svolta, i Demoni in testa urlavano "dieci passi e poi a destra" o indicazioni simili. La strada era illuminata solo da sporadiche candele, che alcuni avevano fra le mani. In altre occasioni ci saremmo tenuti per mano per non perderci, ma eravamo troppo impegnati a tenere ben salde le armi. Dopo quella che l'ansia tramutò in eternità, sbucammo al primo piano, in una stanzetta adiacente la sala comune. Per terra vi erano corpi riversi, sia di Demoni che di Angeli. Senza pensare troppo al fatto che fossero senza vita, mollai il coltello ad afferrai una spada. Era davvero pesante, e nonostante le ferite sugli avambracci si fossero rimarginate, tenere quell'arma me le fece bruciare.

Delle urla ci allertarono. Ci voltammo, scorgendo dei Demoni che avevano accerchiato alcuni Angeli, in evidente inferiorità numerica. Senza neanche guardarci negli occhi, io e Cordelia partimmo alla carica e gli altri ci seguirono, contando sulla sorpresa per coglierli alle spalle. In poco tempo riuscimmo ad atterrare tutti i Demoni avversari.

Il filo della mia lama era intinto di rosso, ma non avevo tempo per domandarmi se avessi ucciso o solo ferito, lasciando l'incombenza dell'omicidio ad uno degli Angeli di fronte a me.

Quello che avevo capito fosse il braccio destro di Sigfrid, Horti, ci ringraziò, chiamandoci "Vostre Maestà". Cordelia scosse la testa, dicendo in modo frettoloso: «Non abbiamo tempo per i ringraziamenti. Verranno dopo la vittoria. Dove andiamo adesso?».

Horti annuì, dirigendosi quasi a passo di corsa su per le scale e per il corridoio dei Darkriver. «Si sono arresi», spiegò alludendo ad una fila di uomini e donne seduta a terra con la testa china. Chiese gentilmente a qualche servo di rimanere e controllare che non insorgessero, tradendoci ed aiutando il nemico.

Cordelia si immobilizzò, e quando seguii il suo sguardo notai Mildred. L'ex sovrana alzò la spada e fece per avvicinarsi, con una smorfia di disprezzo, ma io le afferrai il braccio, arrestandola.

«Cosa?», chiese infastidita.

Scossi la testa. Non avrebbe dovuto ucciderla. Per quanto se lo meritasse, Dio se se lo meritava, la donna avrebbe dovuto convivere con quel gesto per sempre. Parve comprendere il mio messaggio, perché annuì e disse ad Horti un borbottato «Procediamo».

Appena dietro l'angolo, nella parte di castello adibita ai Silentowl, si trovava il vero campo di battaglia. Teste brune contro teste bionde, mischiate in modo così irregolare da apparire come erbaccia tra i fiori. E l'erbaccia andava estirpata, subito. Senza neanche aspettare di riprendere fiato, ci buttammo nella mischia. In ogni affondo sfogai il dolore che avevo provato in quell'ultimo periodo, ogni taglio che ricevevo non mi scalfiva molto: avevo subito di peggio.

I servi erano dietro di noi, la loro avanzata rallentata da quei pochi Demoni che si erano accorti di avere nemici alle spalle. Ma io e Cordelia avevamo ben altro in mente: due teste scure racchiuse in un anello di Silentowl. Spalla contro spalla, Alexander e Wladimir si sussurravano qualcosa, mentre i traditori erano troppo occupati a sbeffeggiarli. L'ex sovrano annuì impercettibilmente e senza dare alcun segnale, cominciarono ad attaccare. Due contro almeno una dozzina, non avevano speranza di riuscita. Alexander aveva in mano una spada piuttosto grossa, ma pareva riuscire a destreggiarsi con quella; il problema erano i quattro Demoni che lo stavano ferendo simultaneamente. Senza pensarci troppo, animata dallo spirito di proteggerlo, mi fiondai verso di lui e con un po' di difficoltà affondai la mia arma nella spalla di un Silentowl e la feci subito sgusciare fuori per parare in modo goffo un affondo. Quando i quattro rimasti furono a terra, Alexander mi rivolse uno sguardo imperscrutabile. Afferrò il mio braccio e mi tirò dietro di lui, mentre lui continuava a combattere e contemporaneamente mi faceva da scudo. Gli voltai le spalle, ricambiando il favore, e mi limitai perlopiù a parare i colpi, utilizzando a volte qualche calcio per far cadere l'avversario di turno e poi affondare la lama nel suo corpo – nella foga cercavo comunque di non sconfinare in parti vitali.

Ben presto, l'erbaccia si arrese, buttando le armi e chiedendo pietà.



Deimon 3 - La congiura del DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora