6 - Sistema nervoso ♛

9.7K 1.1K 156
                                    

Tutti a chiedere come sta Victoria e nessuno che chiede come sto io.

Ma non vi sentite persone orribili? C:

------

Mi faceva male tutto, ma ero ben felice di sopportare per la destinazione finale. Là dove mi ero tagliata sentivo qualcosa di pesante, ed una voce sconosciuta stava dicendo: «Ho pensato ad evitare che perdesse troppo sangue, ma non ho analizzato abbastanza bene le ferite per essere certo che non ci siano danni significativi ai nervi. Se la lama è andata troppo in profondità, potrebbe perdere l'uso delle mani».

Ma che importava l'uso delle mani? Nel dopo morte non avrei di certo mantenuto il mio corpo.

Qualcuno accanto a me, più vicino di quanto mi aspettassi, sospirò. «Non so se mi senti», sussurrò una voce calda e piacevole, come la cioccolata bollente in un giorno di pioggia. «Ma questa non te la lascerò passare liscia».

«Inoltre», continuò la prima voce, in tono freddo e distaccato, «tutta quella perdita di sangue potrebbe averle causato danni al cervello, non ossigenandolo abbastanza».

La voce calda si fece più alta, per farsi udire. «Quando si risveglierà?».

«C'è il rischio che non lo faccia».

Un altro sospiro, e sentii come uno sfregamento di stoffa. Se la morte era così scomoda, mi sarei dovuta abituare.

******

La fredda e prima voce stava di nuovo blaterando, strappandomi dal mio scuro oblio. «... questo passo, non credo ci saranno miglioramenti, e voi non potete prosciugarvi per lei. Abbiamo bisogno della vostra guida una volta conquistato il Palazzo».

«Parlate con mio padre, io non mi smuovo di qui», rispose la voce calda, ora quasi furente. Mi dispiaceva, sembrava soffrire e quel tono duro mal si accordava con la dolcezza del timbro.

«Wladimir continua a dire che se gli diamo un po' di potere rovinerà tutto come al solito. È irremovibile». Wladimir. Conoscevo quel nome, ma non riuscivo a collegarlo ai miei ricordi annebbiati.

«Possiamo organizzare le riunioni qui fuori, così la terrò d'occhio», propose la voce calda, che ora sembrava essersi calmata.

Poi tornai nel mio dolce limbo, sperando di non essere più disturbata. Ormai non mi sentivo neanche scomoda, solo fuori posto. Lasciatemi nella mia solitudine.

******

Un rombo squarciò il silenzio. Lentamente, associai quel suono ad un temporale. Nell'oltretomba piove? Aprii gli occhi, infastidita, ma mi ritrovai al buio. Faceva freddo, ma non riuscivo a capire dove mi trovassi. Cambiai posizione, percependo di essere sdraiata.

Stavolta fu un lampo a squarciare il buio. Nel mezzo secondo in cui c'era luce, avevo visto una parete bianca di fronte a me, e la testa di qualcuno poggiata sul mio letto, accanto al braccio. Questo era pieno di stoffa bianca: bende. Piano, come se non mi riconoscessi nel corpo in cui mi trovavo, alzai la mano per affondarla in quei capelli morbidi. Mi erano mancati tantissimo. La testa venne scossa e si tirò su, aprendo le palpebre e rivelandomi quegli occhi che avevo dimenticato nei miei ricordi.

Un altro lampo illuminò l'ambiente, donandomi una migliore visione di Alexander, che ora mi osservava con un misto di stupore e soddisfazione. «Victoria», sussurrò.

Mi mossi, cercando di avvicinarmi a lui, ma delle fitte alle braccia mi fecero immobilizzare. Anche lui lanciò un'occhiata alle bende, aggrottando le sopracciglia. «A proposito di questo», e mi guardò furioso, «che diavolo ti è saltato in mente?!».

Aprii la bocca per rispondere ma non ne uscì nulla. Strinsi i denti, cercando di articolare delle parole, ma non accadde nulla. Silenzio.

Lui attendeva, con un sopracciglio alzato e gli occhi neri accesi, ma vedevo sollievo in quello sguardo. «Ti senti bene?», sussurrò, mentre un altro tuono scuoteva quel grosso lembo di stoffa bianca intorno a noi. Una tenda, magari.

Anche stavolta non riuscii a parlare. Avevo un fortissimo mal di testa, e sembrava come se qualcuno avesse abbassato fino a 'muto' il volume della mia voce. Sconfitta, annuii in risposta.

«Aspettami, vado a chiamare il Guaritore», disse in modo frettoloso, scomparendo dalla mia visuale. Poco dopo tornò con un uomo che aveva tra le mani una torcia. Era biondo e con gli occhi azzurri, il contrario assoluto dei Demoni, ma da come Alexander parlava con lui capii che non fosse una minaccia.

«Bentornata tra noi, Victoria», sorrise l'uomo – a quanto pare il Guaritore. La voce fredda che avevo sentito nei miei sogni doveva essere la sua.

Niente di niente: la mia voce sembrava essersene andata da qualche parte. Provai anche ad urlare, ma non uscì altro che aria.

Entrambi aggrottarono le sopracciglia, e mentre Alexander tornava sulla sedia accanto al letto, prendendomi una mano fra le sue, l'Angelo si avvicinò. Il contatto fra le nostre mani fu come miele dopo un sorso di acqua e limone, come il piumone cercato e ricercato nell'armadio durante il gelo.

«Non riesci a parlare?», chiese l'uomo, addolcendo il tono di voce.

Scossi la testa, affranta, e lui mi pregò di aprire la bocca, che perlustrò con la torcia. «Qui è tutto normale. Forse è un problema di sistema nervoso», spiegò, lanciando un'occhiata ad Alexander come se avessero già discusso di questo. Il ragazzo annuì, mentre il Guaritore chiedeva se avessimo bisogno di altre coperte.

«No, grazie», rispose Alexander per me, dopo avermi guardato per aspettare un cenno della mia testa.

Quando l'uomo se ne fu andato, i suoi occhi tornarono un po' inquieti. «Perché lo hai fatto?», sussurrò, come se temesse che scomparissi da un momento all'altro.

Alzai di nuovo la mano, andando ad indicare la sua pancia, nascosta da una camicia bianca che aveva visto giorni migliori.

«Papà me lo ha detto: pensavate fossi morto. Ma questo non ti autorizza a suicidarti, dannazione!», sbottò, abbandonando il tono calmo. «Hai idea di quanto abbia sofferto?!».

Gli lanciai un'occhiata mesta. E tu hai idea di quanto abbia sofferto io? Provai ancora a parlare, ma non cambiò nulla.

Lui sospirò e mi accarezzò una guancia. Abbandonai il volto contro il suo palmo aperto, beandomi del suo odore di muschio, più leggero del solito. Non sapevo come facesse ad essere vivo – e di certo non potevo chiederlo – ma mi bastava sapere che era al mio fianco. «Supereremo anche questo», promise, fissandomi intensamente. Ed alla fine, se anche fossimo rimasti per sempre in quella tenda, sarei stata la Demone più felice di sempre.




Deimon 3 - La congiura del DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora