Bjorn insistette per rimanere in negozio, e nonostante fosse un po' brillo non me la sentivo di negargli qualche amicizia. Mi raccomandai con George di chiamarmi non appena l'Angelo avesse voluto fare ritorno, e praticamente rubai a Taddeus la sua scorta di sciroppo, non augurando a nessuno quello che era capace di provocare. Lui e Bjorn mi guardarono stralunati, ma avevano bevuto abbastanza per riuscire ad andare avanti per un po'.
Tornai a Palazzo, incuriosita per il messaggio di Alexander. Incrociai Wladimir per i corridoi e lo rassicurai di aver lasciato il nostro ospite in buone mani, per poi defilarmi in camera mia. Avevo bisogno di una doccia per combattere tutto quel caldo, che mi incollava la maglietta alla pelle e mi increspava i capelli, già un casino di loro. Dopo essere uscita dalla doccia ed aver asciugato i capelli alla bell'e meglio, cominciai a vestirmi. Mi ero portata in bagno solo il cambio di biancheria, perciò attraversai la porta e mi diressi alla cassettiera, aprendo il secondo cassetto alla ricerca di una maglia.
Prima che potessi scegliere che colore – che variava comunque tra le tonalità scure – sentii delle mani poggiarsi sul mio ventre. Neanche a domandare chi fosse, conoscevo bene quelle labbra che mi stavano baciando il lobo dell'orecchio.
«Mi sei mancata», sussurrò, stringendomi a sé.
Sorrisi sfacciata, lieta che non potesse vedere la mia espressione. Era questa la sorpresa, dunque? Ci sapeva fare, ma io volevo divertirmi un po'. Mi morsi il labbro per non ridere ed appoggiai la testa contro la sua spalla, mormorando: «Anche tu mi sei mancato, Bjorn».
Sentii il suo corpo irrigidirsi, ed il respiro che sentivo sul collo si mozzò.
Entusiasta di come fossi riuscita a dire quelle parole con naturalezza, continuai, per sfidare la sorte e divertirmi un mondo ad infastidirlo. E poi, vedere quella luce gelosa nei suoi occhi era impagabile. «Alexander dovrebbe partire più spesso».
Questa fu la goccia: si staccò da me ed io mi voltai, per poi non resistere più e scoppiare a ridere alla sua espressione furiosa. Mi lanciò un'occhiataccia, borbottando: «Non è divertente».
«Ed invece lo è», risposi, asciugandomi le lacrime.
Scosse la testa e sbuffò, ma io feci un passo in avanti e gli posai un leggero bacio sulle labbra, come a farmi perdonare e sondare il terreno. Non mi permise di allontanarmi, prendendomi tra le braccia e sussurrando: «Femmina dispettosa».
«Bentornato», dissi a fatica, a causa del mio respiro accelerato.
«Visto che ero già stato da loro con papà, Sigfrid mi ha concesso di tornare prima», rispose, posando le mani sulla mia schiena e provocandomi un brivido. «E mi è mancato il tuo calore».
Mi avvinghiai a lui, cominciandolo a baciare, e poco dopo sentii la mia schiena cozzare contro il materasso del letto, mentre lui mi sovrastava e continuava ad incastrare le nostre labbra.
«Sai cosa significa soffrire il freddo, Victoria?», chiese mentre strusciava il naso contro il mio tatuaggio. Non sapevo come rispondere, visto che le sue mani continuavano ad essere una distrazione sui miei fianchi, e poi stavo seriamente rischiando l'autocombustione, conseguenza del suo corpo stretto al mio e del mio cuore impazzito. «Te lo spiego io che significa», esordì, allontanandosi e lasciandomi sul letto, confusa.
Lo sentii ridacchiare mentre oltrepassava la porta nascosta dietro la tenda e sbucava in camera sua. Mi aveva preso in giro, probabilmente per vendicarsi di non avergli messo di proposito le coperte nella valigia. Beh, la prossima volta se la sarebbe fatta da solo, era certo. Contrariata, mi tirai su e mi vestii, non degnandolo più della mia attenzione. Tra tutti i modi in cui poteva farmela pagare, non poteva spuntare dal nulla quando pensavo fosse a chilometri di distanza, cominciare a baciarmi fino a farmi impazzire e poi allontanarsi.
Riporta il vichingo a casa, o altrimenti qui succede il finimondo. Ricevetti quel messaggio da un numero non salvato in rubrica, ma intuii fosse George. Senza avvisarlo – dato che solo io sapevo fosse tornato prima – mi avviai fuori dalle mura, verso la gelateria. Bjorn e Taddeus ora non ridevano più, ma si guardavano minacciosi. In uno scontro, il biondo sarebbe sicuramente uscito vincitore.
«Bjorn», lo chiamai a bassa voce, avvicinandomi a lui come se il terreno fosse pieno di mine nascoste. «Torniamo a Palazzo».
«No», esalò, ed il suo alito di alcol mi investì nonostante non fossi troppo vicina a lui. Fissava Taddeus con sguardo omicida, e teneva stretti i pugni come a contenersi o per fare il minaccioso.
Francis si mise fra i due, cercando di calmarli. «Sono sicuro che possiamo risolvere la questione a parole».
«Fatti da parte», ringhiò Taddeus, visibilmente brillo. Tremava troppo violentemente per essere paura.
Gli altri si erano radunati intorno, in tensione, dimentichi dei clienti fuori dal negozio. Andrew aveva messo una mano sulla spalla dell'amico, cercando di calmarlo, ma nessuno osava avvicinarsi a Bjorn, omone alto e muscoloso che faticava a controllarsi, a giudicare da quante volte sembrava essere sul punto di perdere il controllo.
Mi accostai all'Angelo, e tutti mi lanciarono occhiate di avvertimento. «Bjorn, se non vuoi tornare a Palazzo possiamo andare in aeroporto», spiegai, sperando che l'offerta di tornare a casa prima sortisse il giusto effetto.
«Prima devo risolvere con questo microbo», rispose a stento, probabilmente la rabbia gli impediva di trovare le giuste parole senza imprecare.
«Cosa è successo?», si informò cautamente Francis, alternando lo sguardo fra i due. Probabilmente era quello che si preoccupava di più per calmare le acque, dato che era ancora fra di loro.
«Ha insultato i miei Dei», ringhiò l'Angelo, lanciando un'occhiata di fuoco a Taddeus, che replicò: «Siamo nel ventunesimo secolo, bello, ancora vai dietro a Capellone Odino?».
Non finì neanche di parlare che Bjorn gli si lanciò addosso, travolgendo anche Francis che non era riuscito a spostarsi in tempo. Andrew aveva fatto un passo indietro, mentre io cercavo di tirare via Bjorn, ma era come spostare una montagna.
Alla fine riuscimmo a tenerli lontani, artigliandoli per le braccia e tirandoli via, ma ci beccammo tutti qualche pugno o gomitata nella foga. Bjorn non aveva neanche il respiro pesante, mentre Taddeus ansimava per la fatica.
L'Angelo si voltò verso di me, dicendo a denti stretti: «Portami a casa, Principessa».
Annuii, e quando i ragazzi furono sicuri che non si sarebbe di nuovo avventato contro il loro amico, lo lasciarono andare. Prima di uscire mimai uno "scusate" con le labbra. Ci avviammo velocemente verso il Palazzo, dove ci fermammo al parcheggio.
«Ringrazia l'Imperatore, ma a quanto pare il conflitto di cultura è troppo da sopportare», disse, ancora evidentemente offeso. Aprì la portiera dell'auto, e dimentico delle buone maniere, mi lasciò lì nel parcheggio, ad osservare la limousine nera sfregiare lungo l'aeroporto.
Era ancora mattina e già la giornata si era prospettata intensa e per nulla gradevole. Mi imposi di entrare nel castello, per avvertire Wladimir che il nostro ospite aveva deciso di levare le tende prima. Fui tentata di dirgli anche di Alexander, visto che la partenza prematura di Bjorn non mi permetteva di poter ricattare il Principe, ma l'uomo era piuttosto impegnato e quindi mi affrettai a dirgli cosa dovevo comunicare per poi defilarmi.
Visto che Alexander era ancora confinato il stanza, evitai di andare nella mia anche all'ora di pranzo. Chi gli avrebbe portato il cibo senza essere indiscreto e rivelare la sua presenza? I servi, i Silentowl caduti? Anche con la minaccia di ritorsioni, erano ostili, e non ci si poteva fidare.
Voleva che io provassi il freddo? Lui allora avrebbe sofferto la fame.
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Deimon 3 - La congiura del Demonio
Paranormal«So cosa significa non avere nessuno su cui contare oltre il proprio amore - e parliamo di Bloodwood, quindi, non sempre va tutto come ci si aspetta. L'eternità è una vera noia senza qualche sorpresa del destino, ma la famiglia imperiale ha preso qu...