16 - Mister Giacchetto di Jeans ♛

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Aprii gli occhi praticamente al buio. Il cellulare che mi aveva lasciato Adrienne era caduto, e tastai più volte a terra prima di trovarlo per poter notare l'ora. La luminosità mi bruciò gli occhi per qualche istante. Le cinque del mattino, cavolo. Ero stata una giornata completa fuori senza avvisare nessuno.

Mi tirai su a fatica, sudaticcia e con lentezza cercai un bigliettino da lasciare ad Adrienne ed Andrew, che sicuramente dormivano nell'altra porta, quella che non dava al bagno. Trovai un pezzettino di carta mi scrissi frettolosamente "Grazie mille, ma ora devo proprio andare. Ci sentiamo più tardi".

Guardai in giro ma non trovai neanche un orologio da parete, e mi appuntai di regalargliene uno per il loro nuovo piccolo appartamento.

Schiusi piano la porta per non farla cigolare e allertarli e uscii, riparandomi dal vento fresco con la giacca di Francis, che mi ero dimenticata di restituire. Mi arresi a sbucare in una via principale per non perdermi, e ringraziai che non c'era praticamente nessuno per strada a quell'ora, tranne persone di fretta che dovevano dirigersi a lavoro. Ebbene sì, anche i Demoni lavoravano: oltre all'ambiente imperiale, tutto sembrava come un normale Stato, una normale città. Avvocati che si dirigevano in studio, tassisti che aspettavano clienti e mamme di fretta che andavano a comprare il latte per i bambini ancora a letto.

Mi avviai velocemente verso le mura del Palazzo, e le guardie non dissero nulla quando mi riconobbero, permettendomi di precipitarmi all'interno, al riparo da quella giornata che preannunciava un temporale. Superai le scale e mi diressi in camera di Alexander, ma con mio stupore era vuota. Allora utilizzai il passaggio dietro la tenda per andare a sdraiarmi sul mio letto, ma lo trovai occupato.

Il Principe aveva i capelli spettinati e l'aspetto di uno che non aveva dormito. «Dove sei stata?», disse, rompendo il silenzio. Ma bentornata, Victoria.

«Da a-a-amici», risposi, con la lingua un po' più sciolta.

«Amici o amico?», sbuffò, lanciando un'occhiataccia alla giacca di Francis, che ancora mi stringevo addosso. «Anche quella è dei tuoi amici?».

«S-sì». Non mi piaceva il suo tono.

«E questi tuoi amici sono stati così gentili da offrirti un posto per la notte?», alzò la voce, e potevo sentire la sua nota gelosa.

«E-s-a-atto». Ora non potevo neanche avere una vita oltre a quella che mi offriva lui, dove continuava a farmi sentire indesiderata offrendomi un patto per non provocarlo? Ma eravamo tornati ai tempi del medioevo o cosa?

«Quindi adesso se io non voglio venire a letto con te ti trovi qualcun altro?», ringhiò.

Lo guardai allibita: pensava lo tradissi! Senza parole, davvero senza parole. Non provai neanche a spiegarmi, feci dietrofront ma lui mi afferrò un braccio e mi costrinse a girarmi.

«Credi che io non voglia stare con te per capriccio?», chiese, mettendomi la domanda praticamente su un piatto d'argento.

Annuii con veemenza e lui si lasciò andare ad una risata amara, senza divertimento. «Non me ne frega nulla delle regole, Victoria, del fatto che dovremmo stare insieme solo dopo il matrimonio. Davvero ne abbiamo passate troppo per essere ancora costretti dalle circostanze, ma non capisci che non riuscirei a perdonarmi se qualcosa andasse storto? Tu non riesci a parlare ed io sono completamente inesperto, ed è frustrante».

Lo fissai con la bocca spalancata, lui inesperto? Mi ero persa qualcosa.

Parve perdere la pazienza, conoscendolo posso affermare che ammettere quella cosa era come dichiararsi debole. «Insomma, femmina! Sono vergine, è questo che volevi sentirti dire?».

Lo osservai spaesata per un po'. Non ne avevamo mai parlato, eppure davo per scontato che lui avesse più esperienza... nonostante questo mi rendesse gelosa. Non trovai di meglio da fare se non afferrargli il volto e accarezzarlo, cercando di scioglierlo dalla tensione che gli leggevo nei lineamenti. Lui si rilassò, e tirò un lembo della giacca di Francis. «Quindi davvero non c'è niente fra te e Mister Giacchetto di Jeans?».

Risi per quel soprannome e mi sfilai l'indumento malfidato, appoggiandolo ad una sedia. «No», risposi. «T-ti a-amo».

Lui sospirò, affondando il volto nei miei capelli. «Anche io ti amo, pure se metti a dura prova la mia pazienza».

«Q-q-quale p-pa-zi-enza?».

Sbuffò, attirandomi a sé e cominciando a baciarmi come se scostarsi fosse illegale. Sentii il mio collo pulsare e fare male quando mi morse, ed io lo strinsi ancora più forte, affondando le mani fra i suoi capelli. «Il tuo sangue è bollente», sussurrò poco dopo, «hai mica la febbre?».

Feci spallucce e lui sbuffò di nuovo, andando in bagno e portandomi una tachipirina. Non ci fu verso, mi costrinse quasi a prenderla, offrendomi un bicchiere d'acqua. Sbadigliò, confermando la mia ipotesi che mi avesse aspettato tutta la notte in piedi, e si buttò sul mio letto, rischiando di spaccarlo.

Neanche trenta secondi che già russava tranquillo.

Aprii la porta per andare a prendere qualcosa dalla cucina – basta passaggi segreti, per carità – quando incrociai Wladimir. Sembrava che si fosse appena alzato, nonostante fosse vestito di tutto punto. «Che ci fai in piedi?», chiese.

Strinsi le spalle e lui fece un respiro profondo. «Sai se abbiamo fragole nella dispensa? Cordelia non fa che dirmi che ne ha voglia».

Ridacchiai: il grande Wladimir in difficoltà per le esigenze della sua donna.

Un servo arrivò trafelato, porgendo un telefono all'Imperatore. «Chiedono di voi, Maestà».

L'uomo prese il cellulare e rispose, sentendo dall'altro capo una voce che parlava concitata.

«Ma che palle», sbottò. «Ma sei il Re degli Angeli o la donzella in pericolo? Sì, sì, arriviamo, sveglio quello scansafatiche di mio figlio e prendiamo il primo volo per... dov'è che abiti?».

Qualche parola dall'altro capo della linea.

«Ma possibile che in tutti i posti dimenticati da Dio, proprio in quello più freddo dovevi vivere?», ridacchiò per poi salutare e ridare il telefono al servo, che si eclissò velocemente.

Alzai un sopracciglio e lui sbuffò. «Visto che ci sono state delle perdite da parte dell'esercito dei biondini, il popolo è un po' sottosopra dato che erano qui per aiutarci con l'assedio. Sigfrid dice che se ci facciamo vedere consolideremo l'alleanza e tutti si metteranno il cuore in pace», spiegò, per poi borbottare: «Io vado a tirare giù quel nullafacente dal letto, puoi occuparti tu delle fragole?».

Annuii, divertita, e scesi fino al piano interrato, dove non trovai nessuno. I nuovi servi non erano per nulla efficienti, forse perché erano nobili ed erano abituati ad oziare. Aprii il frigo e pescai una vaschetta di fragole, tornando su e bussando alla porta di Cordelia.

Era di umore tetro, e cercai di chiederle quale fosse il problema, ma quando vide le fragole si illuminò e mi ringraziò calorosamente, sedendosi sul letto e cominciando a mangiarle.

«N-n-niente p-a-nna», le dissi, non riuscendole ad esplicitare che non l'avevo proprio trovata in quel disastro di cucina.

«Oh, tranquilla, da qualche parte qui deve esserci del caramello», mi rassicurò, cominciando a cercarlo tra gli scaffali e tra i vari oggetti della cassettiera.

Wladimir aprì la porta e mi defilai, dopo che anche lui mi ebbe ringraziato per le fragole, andando a tirare su il morale ad un Principe sicuramente infastidito.

Deimon 3 - La congiura del DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora