Scars

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1 novembre - mercoledì

Non è il risveglio a cui sono abituato: mia madre che mi chiama a squarciagola anche se è un giorno di festa, il solito odore di pasta per crostate che mia madre prepara ogni volta che non lavora, quel senso di pace nel sapere che non andrai a scuola. Niente di tutto questo. La mia testa sembra reduce da una bomba atomica di alcool, sento il sapore acre in bocca delle bevande di ieri, l'unica cosa positiva che percepisco è il tepore di un piumone sconosciuto sopra il mio corpo.
Facendo pressione sui gomiti mi tiro su e mi rendo conto di non essere a casa di Matt, dove avrei dovuto dormire, o a casa mia- Cosa...-
-Buongiorno.- sobbalzo sul materasso quando mi accorgo che Nathan è appoggiato con le braccia incrociate alla porta della sua camera. Mi fissa con uno strano sorriso divertito e immagino stia per trattenere una risata.
Lentamente ispeziono ogni centimetro della stanza, stordito- Perché sono qua?- mi sale il panico ad un determinato pensiero. Qual è il motivo più frequente che una persona si da dopo essersi svegliata a casa di qualcun altro, nel suo letto e... Cristo, senza pantaloni?!
Si avvicina al bordo basso del suo letto e mi guarda con un lato della bocca alzato, immediatamente si forma una fossetta sulla guancia appena visibile. I ciuffi di capelli gli scivolano di lato quando piega la testa per guardarmi- Hai dormito qui.- risponde, come se fosse ovvio.
-Si, fin qui c'ero arrivato. Voglio sapere perché ho dormito qui.- preciso.
-Eri incredibilmente ubriaco ieri sera, dopo che sei svenuto ho trovato il tuo amico Matthew e mi ha detto che Jason aveva messo della roba alcolica nelle bevute, non sapeva cosa.- fissa il vuoto davanti a me- Avrei voluto riempire di pugni sia quel coglione di Jason, appena lo vedo agli allenamenti di basket se ne pentirà.-
Rabbrividisco quando percepisco la rabbia con cui pronuncia quelle parole, per un secondo ho pensato che possa essere così furioso perché Jason mi ha fatto ubriacare contro il mio volere, ma non potrebbe fregargli di meno- Non c'è bisogno, sul fatto del coglione ti do ragione, ma è mio amico e l'unico che ha il diritto di picchiarlo sono io, appena lo vedrò.- ridiamo entrambi- Che ore sono?-

-Le dieci e mezza.-
-Così tardi? Non volevo restare così tanto... cioè non volevo neanche venire, no... cioè si, ma non volevo essere un impiccio. Ti ho pure fatto venire via prima dalla festa, mi dispiace tanto.- balbetto tutte questo mentre mi infilo i pantaloni, in un imbarazzo mai provato prima. C'è uno specchio nel corridoio davanti alla sua camera, mi rendo conto di avere i capelli sparati in ogni direzione, non ho più la maschera e il mantello e tutto quello che mi rimane di Batman è la maglia.
-Ehi, ehi, calmati. Non preoccuparti, usa il bagno se vuoi. Dopo ti va di andare a fare colazione fuori?- mi offre.
-Uhm... tu non l'hai ancora fatta?-
Stringe le spalle con un sorriso un po' sforzato- Ti ho aspettato.-
Non so cosa rispondere, perciò annuisco come un imbecille e vado in bagno.
Nathan mi presta una sua giacca - troppo grande per me - perché io indosso solamente questa dannata maglietta progettata solamente per luoghi chiusi, lui mette la sua e usciamo di casa.

-Quindi è qui che passi il tempo?- chiede Nathan.
Abbiamo appena varcato una delle entrate di Central Park, non c'è molta gente in giro e la maggior parte sembrano turisti. L'aria è gelida e sono più che certo che mi prenderò un malanno con questa giacca che lascia entrare il freddo: è troppo larga, ma ne vale la pena. E' sua. E sono felice in questo momento, con lui che cammina accanto a me e io che cammino accanto a lui con un suo indumento addosso. Mi sento protetto e immensamente stupido, non dovrei pensare a lui come il ragazzo che mi piace - perché, cavolo, mi piace un sacco - ma come un amico appena conosciuto.
-Si, vengo spesso a correre a Central Park e...-
-Tu corri?- mi interrompe, fissandomi incredulo- Cioè, fai qualcosa del tipo corsa o atletica?-
-No, è solo che mi piace correre per il gusto di farlo, non per qualche gara o competizione. Per sfogarmi ecco.- rispondo. Camminiamo per il piccolo sentiero sterrato che finisce prima dell'inizio del ponte, sopra il fiumiciattolo, e lo conduco alla "mia" panchina- Qui è dove mi siedo sempre dopo aver corso o solamente per pensare.-
Indico a Nathan uno stormo infinito di uccelli che se ne va dall'albero sopra di noi e vola via, lui però guarda me e sorride, sono così buffo?
Ci sediamo entrambi sul marmo freddo, con le mani in tasca e la bocca nascosta sotto la cerniera della giacca. Nathan mi guarda con la coda dell'occhio e io vorrei tanto sapere a cosa sta pensando, glielo chiederei anche ma dopo sembrerebbe che mi interesso troppo - più di così? - a lui- Mi piace questa panchina perché alcune volte trovo delle scritte nuove.- continuo cercando di mostrarmi il più normale possibile, mentre dentro sto impazzendo al solo pensiero di lui seduto a pochi centimetri da me.
-Scritte?- chiede.
Io tiro fuori una mano dalla tasca e indico qualche nome sulla seduta- Vedi? La gente si siede qui e incide la pietra per ricordo, mi piace rileggere ogni frase, parola o simbolo ricalcato qui.-
-Tu non hai mai scritto niente?- scuoto la testa- Perché?-
Faccio spallucce mentre fisso i batuffoli grigi carichi di pioggia sopra gli alberi- Sinceramente non lo so, forse perché è troppo importante per me questa panchina o forse perché...-

-O forse perché preferisci incidere te stesso?- mi interrompe bruscamente. Io schiudo le labbra e lentamente mi giro verso di lui, deglutisco e con gli occhi cerco una spiegazione alla frase appena detta con tanto fastidio- Ho visto che cosa ti sei fatto nel corpo, Luke. Le cicatrici che hai sulle braccia e sui polsi, io non... perché?- le sopracciglia sono alzate e sembra avere uno sguardo implorante ora.
Chiudo gli occhi e sospiro- Come hai fatto a vederle?-
Tossicchia, è imbarazzato?- Beh, l'altra notte quando eri ancora mezzo ubriaco mentre cercavo di metterti a letto ti sei iniziato a spogliare e... ne ho viste alcune.- immediatamente affondo la faccia tra le mani, per nascondere la mia chiara vergogna.

Spogliarmi?, penso, Merda, merda, merda!

-Hai visto anche quella cicatrice?- mi riferisco al segno per niente sbiadito che mi ha fatto Kyle e per mia fortuna lui scuote la testa. Non deve aver visto neanche quelle poche che ho nel resto del corpo- Non volevo che nessuno lo sapesse, è una cosa personale questa.-
Nathan scatta in piedi arrabbiato- Non volevi che... Cristo, Luke! Tu ti tagli, sei autolesionista! Non stai bene, perché lo fai?- il suo tono di voce è troppo alto, ma non credo che qualcuno faccia caso a noi.
Anche io mi alzo- Non è un tuo problema, faccio quello che mi pare con me stesso!-
Nathan mi afferra con forza le spalle e mi scuote, mi fissa negli occhi- Luke ti stai uccidendo! Dio, perché lo fai? Non è una cosa normale!-

Gli premo una mano sul petto e lo spingo via da me, sono così arrabbiato con lui e con me stesso in questo momento- Niente in me è normale! Non puoi pretendere da uno come me una cosa normale, Nathan!- grido- Non è normale che mi piaccia un ragazzo, non è normale che mi tagli, non è normale che io, che ho tutto quello di cui ha bisogno, sia triste, ma è così! Io ho una cotta per un ragazzo! Io sono autolesionista! Io sono triste! Niente in me è normale, Nathan! E proprio non capisco perché continui a girarmi intorno e ad essere gentile con me se sono un irrimediabile disastro!-
La sua espressione cambia, non c'è più rabbia e preoccupazione nei suoi occhi, ora sembra essere tornato allo sguardo di quando mi stava esaminando l'occhio dopo la pallonata, pare stia provando pietà o senso di colpa o qualcosa di simile. Improvvisamente avvolge le sue braccia intorno a me e mi abbraccia così forte da farmi dimenticare come si respira, non sapendo bene cosa fare aggrappo le mie dita alla sua schiena e appoggio una tempia sulla sua spalla.

Perché mi stai abbracciando, Nathan? Non sai che così peggioreranno le cose?, penso- Vorrei dirti di lasciarmi andare.- con un filo di voce.
Mi stringe ancora di più, una sua mano mi cinge la schiena e l'altra mi accarezza i capelli come se fossi un bambino che ha bisogno d'affetto- Puoi anche dirlo, ma per ora non ti lascio andare da nessuna parte.- ribatte. Non so se piangere per la tristezza o ridere per la felicità, sto provando entrambi i sentimenti nello stesso momento e non so se sia una cosa buona.

Ma adesso vorrei soltanto che continuasse a stringermi e togliesse quel brutto "per ora".

Nota d'autrice: lettori! Ho deciso di pubblicare più spesso questo mese, non appena ne avrò l'occasione, perché ho scritto molti altri capitoli perciò spero vi facciate vivi presto per dirmi cosa ne pensate!
Grace

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