1 dicembre – venerdì
Come faccio ad essere così emozionato per una cosa così stupida? Dio, che sensazione bellissima! Apro appena la finestra che da sulle tegole del tetto spiovente e torno sul letto.
E’ normale che mi faccia così male la pancia? Anzi, non è proprio dolore, è un piacevole attorcigliamento di budella. Inizio a tremare, mi chiedo se verrà davvero o mi stava solo prendendo in giro, la mia casa non è poi così lontana dal suo appartamento, è vicino a Central Park. Perché mi sento così confuso? La testa sembra girarmi, eppure sono sdraiato, sarò malato?Ho paura.
Sono le stesse sensazioni che provavo con Kyle se non più potenti e non è un buon segno. Ho seriamente paura. Forse è qualcosa di più forte del piacere fisico o caratteriale che provo per lui, ma ci conosciamo da poco più di un mese e non credo sia possibile che Cupido mi abbia scoccato una delle sue maledette frecce così presto. O forse si?
Non devo farmi tutte queste domande, non ne troverei la risposta e finirò per impazzire. E poi perché scervellarmi tanto per un ragazzo che non solo sembra provare soltanto pietà nei miei confronti ma che è pure etero? Ecco, questa è una domanda a cui potrei dare una spiegazione: perché lui è Nathan e io sono pazzo. Uniamo le due cose e la vera risposta è che io sono pazzo di Nathan. Ora che me ne rendo davvero conto sono preoccupato.
Mi giro a pancia in sotto e sprofondo la testa nel cuscino, con gli occhi chiusi. Avverto il lieve vento freddo che passa nello spiffero tra il davanzale e la finestra aperta.
Non so quanto sia passato, non ho dormito, ho solo pensato, ma ora è tempo di riscuotermi dai miei pensieri perché sento un cigolio provenire dalla parte opposta della camera e qualcosa che si chiude: è lui. Faccio finta di dormire, tento di far stare la pupilla ferma così da non far vedere il movimento sotto la palpebra ma è impossibile, sono su di giri ormai.Un’impercettibile risata lascia le sue labbra, il mio corpo si inclina quando Nathan si siede sul bordo del letto e si stende accanto a me- Non dirmi che dormi davvero.- dice, girandosi di fianco.
Non resisto più, lentamente apro le palpebre e poso gli occhi sulla sua bellissima faccia- Non dormo.- dico. E’ buio e l’unica luce presente è quella tenue del lampione sul vialetto di casa, entra dalla finestra ormai chiusa e arriva ad illuminare i piedi del letto. A mala pena riesco a vederlo, spero che lui possa vedere il sorriso ampio che si è formato sulle mie labbra- Tu sei pazzo.-
Nathan trattiene una risata- Perché?-
-E’ venerdì sera, gli adolescenti di solito vanno alle feste o fanno un giro per la città, tu invece hai impiegato neanche venti minuti per venire qui soltanto per fare compagnia ad uno sfigato.- non mi reputo assolutamente uno sfigato, volevo sono sminuire il motivo della sua serata.
-Non è vero… io sono qui per vedere il tuo sistema solare!- esclama e io scoppio a ridere spostandomi a pancia in su- Dai, sul serio. Tu sei… tutto, ma non uno sfigato.- da quando ci siamo conosciuti siamo usciti insieme molte volte, e mai nella vita mi è capitato di conoscere così bene una persona appena conosciuta. E la stessa cosa sembra valere anche per lui.
Afferro il piccolo telecomando sul comodino e premo il pulsante bianco on, verso la struttura sopra di noi. I pianeti sono sparsi nel soffitto, circondati da selle fosforescenti, prima si accende Mercurio, poi a pochi centimetri Saturno e i suoi anelli, poco lontano da essi la luce fioca si sprigiona dalla Terra e da Venere; è la volta della luce celeste di Nettuno, poi tocca a Giove e a Plutone, poi a Marte, la cui luce è rossastra. Per ultima la Luna, un bagliore argenteo e debole. Il Sole non si accende, serve l’interruttore per farlo, lui è il lampadario attaccato al soffitto.
Tutti i pianeti girano su loro stessi, posizionati strategicamente intorno al centro della stanza. Giro la testa di lato per guadare Nathan, sta sorridendo a bocca chiusa, esamina ognuno di essi con stupore- Me lo ha appeso papà quando ero piccolo.- per un attimo ho avuto paura di poter scaturire una qualsiasi emozione negativa per via della parola “papà”, ma non influisce per niente su di lui- Sai, d’estate amo andare sul tetto di casa, o in giardino, o perfino a Central Park e mi stendo sulle tegole o sull’erba a guardare le stelle. Ascolto sempre la musica, mi aiuta a concentrarmi e a non pensare ad altro tranne alle stelle e alla luna.-Posa il suo sguardo tranquillo su di me e sorride più ampiamente- Allora mancano queste.- fruga nella tasca dei suoi pantaloni Frankie Garage e tira fuori un paio di cuffiette- Fammi provare quello che provi tu, Luke.- dice e io prendo il mio iPhone e attacco gli auricolari, una cuffia per uno. Faccio scorrere il dito sulla playlist e scelgo una canzone a caso. Appoggio il telefono sul materasso, nello spazio ristretto che ci divide.
Please, don’t see…
E la voce di Adam Levine risuona nelle nostre orecchie, mi piace molto questa canzone, non ricordo come l’ho conosciuta ma spero davvero che Nathan possa apprezzarla. La poca luce che filtra dalla finestra riesce ad illuminare il suo volto rivolto verso il soffitto, il sorriso è scomparso e vorrei tanto cambiare traccia, non sembra apprezzarla- Vuoi che cambi?-
Mette immediatamente una mano sopra la mia con cui stavo per afferrare il telefono- No, fermo.- dice- Amo questa canzone.-So let’s get drunk on our tears and…
E il ritornello comincio, la sua presa sulla mia mano si fa stretta e io mi dimentico come si respira. Sul serio, com’è che si faceva? Ma il colpo di grazia arriva quando lo sento cantilenare:- But are we all lost stars?- lentamente gira il suo corpo di lato e mi guarda.
Sorrido, dovrei dirgli di abbassare ancora di più il volume della sua voce, mamma potrebbe essere nei paraggi e sentirebbe, ma sinceramente non me ne importa più di tanto. Ora siamo solo noi due in tutto il mondo, distesi su questo letto che ci fissiamo e io non riesco a pensare a qualcosa di più bello. Vorrei tanto sapere a cosa sta pensando, ma come faccio se non so neanche quello che penso io?
La stessa cosa non vale per quello che provo: ci si può innamorare di qualcuno talmente lontano, non fisicamente, in così poco tempo?
Sì.
Mi sento così patetico e stupido, ma la sua mano sulla mia vorrà pure dire qualcosa, no? Beh, aggiungiamo ingenuo alla lista, e sottolineiamo più volte la parola stupido, perché solo uno stupido stringerebbe ancora di più la mano di qualcuno che non contraccambierà mai i suoi sentimenti:- Yesterday I saw a lion kiss a deer.- rispondo io con un accenno di musicalità e mi annoto di evidenziare l’aggettivo “patetico”.
Mi sta torturando senza rendersene conto, standomi così vicino mi ha fatto affezionare così tanto, troppo a lui e so che l’unico che ci rimetterà alla fine di tutta questa storia sarò io. Eppure come può una cosa così sbagliata rendermi felice?
Nathan fa salire la sua mano sul mio braccio e lo osserva, guarda le piccole cicatrici che mi sono inflitto. Con i polpastrelli accarezza ogni taglio rimarginato e sbiadito, i suoi occhi si chiudono quando avverte lo spessore delle ferite. So a cosa sta pensando, lo posso immaginare: “Perché ti odi così tanto, Luke? Perché ti sei fatto tutto questo?” ma io avrei la risposta pronta.Trasalgo per lo spavento quando mi tira a se e mi stringe in un abbraccio avvolgendomi per la schiena, il mio cervello va in confusione totale, dimentico tutto quello che ho saputo fin’ora. Sono spacciato, sento il cuore scoppiarmi e le ossa sciogliersi tra le suo braccia, non posso fare a meno di avvolgergli un fianco con il mio braccio e chiudere gli occhi.
Just the same...
“Perché morire sarebbe stato fin troppo facile.” avrei risposto.
Nota d'autrice: ecco il secondo capitolo che mi sono scordato di pubblicare, spero mi perdoniate, davvero.
Grace
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Little Wonders ||GayStory||
RomanceLuke Taller ha 17 anni, è un ragazzo intelligente e profondo ed è sessualmente confuso. A sconvolgere ancora di più la sua situazione è Nathan Murphy, un ragazzo dell'ultimo anno che gioca a basket. Impareranno a conoscersi in quel poco tempo gli p...