Capitolo 10.

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"E non ti nego
che vorrei
tu fossi il mio rifugio.
Non ti nascondo
che senza te,
non sto bene
in nessun posto."
-

Alcuni antichi filosofi, i così detti pluralisti, sostenevano l'esistenza di due differenti livelli della realtà: uno apparente, ed un altro confuso ed oscuro se preso di per sé, ma comprensibile se preso con un altro che ne è la causa.
La mia realtà apparente equivaleva a quella vita che conducevo ogni giorno da quando lui non c'era. Apparentemente perfetta.
Ma la vera realtà, quella oscura e confusa se presa di per sé, era che dentro stavo morendo; una realtà tanto, forse, triste quanto purtroppo e, forse, sfortunatamente vera. I giorni passavano, il tempo volava, ma era angoscia e tristezza ogni secondo che scorreva. Nella clessidra della mia vita, la sabbia a scivolare era terrore.
Comprensibile se presa con un'altra che ne è la causa: Harry. Era lui la mia causa, l'altra mia realtà. Perché niente avrebbe avuto senso senza di lui. Tutta la tristezza, la sofferenza, l'amore incontrollato, erano insignificanti. Perché senza lui, il bellissimo e assolutamente perfetto "noi", non era che un bellissimo e assolutamente perfetto ricordo.
E perché è sbagliato se mi rende felice?
Perché è un'illusione.
Perché cos'è esattamente la felicità?
Un universo dove tu non ci sei, è la felicità?
Desiderai poter sparire in quello stesso istante, quando i miei occhi scontrarono prima quelli del mio ragazzo, così delusi e confusi, e poi, quelli di Harry così tristi e rancorosi.
Mi guardavano come se si aspettassero entrambi, da me, che scegliessi con chi schierarmi. Ma non sapevano che non era una lotta tra di loro, tra Lucas ed Harry. Che non era loro questa battaglia. Ma quella lotta così dura, così sanguinosa, così violenta, era soltanto mia. Quello scontro era tra il mio cuore, che mi urlava così forte quanto fossi ancora innamorata di Harry, e la mia mente, che urlava forse addirittura più forte, che si sgolava per ricordarmi tutto il dolore, ogni singola sofferenza.
Così tanto rumore e così tanto silenzio da parte mia.
Ma il cuore batte per mantenermi in vita, e se non ha nulla per cui battere, per cui vivere, non c'è nulla che gli impedisce di fermarsi.
E tu, mio dolce Harry, sei ancora la ragione per cui questo mio cuore ferito ed irrimediabilmente fragile, deve battere?
Cercai di trovare le parole giuste, ma ognuna di queste mi morivano in gola non appena provavo ad aprire bocca. Così restavo ancora in silenzio, mentre Lucas si faceva avanti.
"Io sono Lucas, il ragazzo di Juliet." Si avvicinò, presentandosi ad Harry in un evidente tentativo di mettere in chiaro sin da subito che posto nella mia vita occupasse.
Harry sgranò gli occhi, prima di deglutire e ricomporsi. Strinse la mano che Lucas gli stava porgendo e gli sorrise flebilmente.
"Io sono Harry."
Fu lì che vidi la situazione ribaltarsi.
Se prima era Harry quello che sembrava intimorito, quasi spaventato da Lucas che aveva sin da subito espresso e chiarito chi fosse per me e che posto occupasse nella mia vita, adesso era Lucas stesso ad aver assunto la parte del quasi spaventato.
Lucas sapeva. Sapeva della nostra storia, sapeva del nostro amore, sapeva di ciò che avevo passato, sapeva di ciò che avevo affrontato.
Ed Harry lo capì, capì che lui sapeva tutto. Lo si leggeva negli occhi di Lucas, quanto fosse adesso terrorizzato di un faccia a faccia con colui che aveva sempre posseduto il mio cuore.
Allora Harry sorrise, acquistando sicurezza e guardando dritto negli occhi di Lucas, mentre ancora si stringevano la mano, consapevole della bomba che aveva appena lanciato contro il suo nemico.
Perché cosa può esserci di più pericoloso di una scintilla pronta a divampare e a diventare fuoco nella passione e nell'amore da un momento all'altro?
Lucas tirò via la mano dalla presa di Harry quasi sdegnato, mentre questo ancora se la rideva sotto.
"Harry?" Domandò, lanciandomi un'occhiata fugace.
Solo allora mi risvegliai dal mio stato di silenzio tombale e mi alzai dal tavolo prima che qualsiasi attacco entrambi fossero pronti a mettere in atto, si scatenasse e decretasse qualsiasi genere di finale.
"Lucas, che ci fai qui?"
Poggiai una mano sulla sua spalla.
"Potrei farti la stessa domanda, tesoro." Rispose dolcemente.
"I-io...stavo giusto andando via." Me ne uscii in preda all'ansia.
Harry scattò la testa verso di me, afferrando il mio polso, mentre raccoglievo le mie cose.
"No." Panico nella sua voce, "dove vai? Ed il nostro pranzo?" Domandò.
La mano di Lucas afferrò l'altra mia mano libera ed intrecciò le nostre dita insieme.
Harry ed io abbassammo gli occhi su quell'immagine e giuro d'aver potuto sentire e vedere il suo cuore spezzarsi, dai suoi occhi, che mi guardarono e mi pregarono di non andare via.
"Mi dispiace, Harry."
Mi dispiace farti del male.
Mi dispiace così tanto.
Non spettava a me scusarmi, ma a guardarlo con il panico nelle mani e la sofferenza negli occhi, mi tremarono le gambe.
Quel dolce ragazzo dagli occhi verdi, che mi guardava, mi stava scongiurando con gli occhi di restare. Lo conoscevo troppo bene per non capirlo.
"Juliet." Sussurrò il mio nome, lasciandomi il polso.
Ed io con il cuore in mille pezzi ed una tremenda voglia di piangere, sussurrai ancora un quasi inaudibile "scusa".
Poi andai via insieme a Lucas, con un cuore freddo e fuori posto.
Il mio posto sei tu.

Macchiati di nero [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora