CAPITOLO VIII

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"Siamo creature stupide ed incostanti, con la memoria corta ed un grandissimo talento per l'autosidtruzione."
(Hunger Games)

Poteva vedere nitide davanti ai suoi occhi tutte quelle immagini che da mesi le torturavano il sonno. Le sentiva. Sentiva le urla della mangiamorte. Sentiva il pavimento freddo. Sentiva la paura. Sentiva il dolore. Sentiva il suo sguardo. Sentiva quel momento. La guerra aveva lasciato segni evidenti in tutti e non solo esteriormente, infatti Hermione Granger non era più la strega di prima. Ne aveva passate tante ed aveva sofferto molto. Così ora poteva dirsi più forte, ma non felice.

Sapeva che guardarlo negl'occhi le avrebbe ricordato quella notte, quando quegli stessi occhi di ghiaccio la guardarono soffrire, quando lui non fece niente. Certo, si erano sempre odiati, ma lei non lo avrebbe lasciato morire lì. Nessun essere umano lo avrebbe meritato.

Era questo quello a cui pensava Hermione mentre fissava, senza vederlo, lo scaffale a pochi metri di distanza. Malfoy era ancora in piedi di fronte a lei maledicendosi per l'ennesima volta per quello che le aveva detto e pensando a quanto più dolorosa di un pugno al naso fosse stata la sua risposta.

"Giusto. Sarebbe la prima cosa buona che farei per il mondo magico... Perché averlo salvato dai mangiamorte non è stata una buona cosa? Ah certo. Non per te, tu sei uno di loro."

Aveva pronunciato le ultime parole quando solo pochi centimetri li separavano, aveva sentito il di lei respiro farsi pesante e le sue labbra rosee sputare quelle parole mentre si contraevano in un ghigno di disgusto. Quelle parole così dolorosamente vere. Poi la vide sedersi, avrebbe dovuto rispondere per non mostrarsi debole, lei lo aveva appena aggredito e lui non poteva farsi mettere i piedi in testa da una mezzosangue. Ma tutto quello che uscì dalla sua bocca in un sussurro fu un debole -Già- che la grifondoro udì appena.

Le sembrò di esserselo immaginato, comunque si era lasciata sfuggire una lacrima e si era ripromessa di correre via per raggiungere la sua stanza da prefetto, solo lì avrebbe pianto. Non altrove. Doveva sembrare forte. Era forte. Non poteva scoppiare lì. Ma quelle immagini continuavano a scorrerle chiare dinnanzi agl'occhi e lei pensava addirittura di starle vivendo di nuovo. In un attimo di lucidità si alzò e corse via mentre lui la chiamava.

-Granger!- urlò il buondo, ma lei non rispose e si avventuró di corsa nei corridoi. Lui sapeva perché aveva reagito così, lui come lei aveva sofferto quella notte. Era stato propio da allora, quella notte a Malfoy Manor, che aveva iniziato a chiedersi se la odiasse davvero, se quei sentimenti così forti che provava nei suoi confronti fossero realmente odio come per anni si era sforzato di autoconvincersi.

Ma se l'odiava perché vedendola in quello stato, quella notte, sentiva il petto bruciargli e tratteneva a stento l'impulso di gettarsi su di lei e subire tutti quei cruciatus al suo posto, perché si sentiva così dannatamente debole e perché non sopportava di vedere quella stupida cicatrice sul suo avambraccio?! Salazar, con tutti i problemi che già aveva ora ci si metteva anche la Granger!

***

Hermione era disperata, praticamente correva per i corridoi cercando di impediersi di scoppiare in lacrime. Quando finalmente arrivò al quadro della Signora Grassa si precipitò alle scale che portavano ai dormitori senza degnare di un saluto Harry e Ron. I due ragazzi erano seduti a ripassare Pozioni davanti al caldo camino quando la videro, Ron si accorse subito che la sua ragazza stava male e la chiamò attirando l'attenzione di Harry.

-Herm!- gridarono di nuovo in coro, ma la ragazza si era già chiusa nella sua stanza da prefetto.

<Stupida serpe! Viscido, idiota, arrogante, presuntuoso di un Malfoy!>

Era finalmente sotto le sue calde e profumate coperte rosso-oro e si sentiva a casa. Si sfogò, pianse per due ore. E poi, come sempre, si riprese e ritornò forte ed orgogliosa, pronta a combattere di nuovo. Non per niente era una grifondoro. Prese il libro di Antiche Rune e decise di indossare un maglioncino e una sciarpa calda di cui è inutile specificare il colore, prima di avviarsi al lago nero per rilassarsi e leggere ripassando quell'affascinante materia. Sapeva però che prima avrebbe dovuto affrontare Harry e Ronald, così si preparò per bene e si avventuró in Sala Comune.

-Hermione!- la chiamò il moro correndo ad abbracciarla.

-Ora mi spieghi che ti è successo.- aggiunse Ron baciandola dolcemente e facendola arrossire di botto.

-Niente io... quegl'incubi.-

Era la verità, aveva solo tralasciato gl'insulti di Malfoy per evitare che quei due se la sarebbero presa con lui.

-Ma.. Herm, di giorno?- Domandò dispiaciuto Harry.

-È solo un brutto periodo ragazzi sto bene, davvero.- li tranquillizzò liquidandoli con un bacio sulla guancia e avviandosi verso il lago.

Ma una volta lì, quando stava per prendere posto sulla la sua solita roccia per leggere tranquilla, lo vide. Un ragazzo dai capelli biondo cenere seduto su di un tronco che guardava lontano, "chissà a che pensa" si chiese Hermione, maledicendosi subito dopo per essere tanto curiosa di saperlo. Decise di ignorarlo e si sedette immergendosi nella per lei appassionante lettura del grosso tomo.

Lui aveva osservato con la coda dell'occhio tutti i di lei movimenti e, dopo averci pensato e ripensato, aveva deciso di calmare i suoi sensi di colpa e confermare i suoi dubbi; così le si avvicinò.

-Granger.-

-Merlino, Malfoy! Mi hai fatto prendere un colpo!- infatti la grifondoro era abituata dalla guerra a stare sempre all'erta e, nonostante ora sapesse di essere al sicuro, non riusciva ad abbassare la guardia.

-Hai pianto.- non era una domanda, ma un'affermazione.

-Cosa? Non per te di certo. Comunque, che vuoi?- fredda, dritta al punto.

-Salazar, devo volere per forza qualcosa? Non posso venire a parlarti?- rispose offeso.

Hermione era sorpresa e sempre più convinta che lui la stesse prendendo in giro, ma si sentì comunque in dovere di dire qualcosa.

-Malfoy quello che ho detto prima... io... non lo penso davvero. Io... tu non hai scelto e..-

-Avevi ragione- la interruppe bruscamente lasciandola allibita. Ma quello che più sorprese la grifondoro fu ciò che seguì. Il serpeverde le si sedette accanto e le prese la mano sinistra iniziando delicatamente ad alzarle la manica fino a scoprire la scritta "mudblood" e iniziando ad accarezzare la pelle cicatrizzata con le sue dita fredde. Un tocco gentile, premuroso, che non si direbbe appartenere a Draco Malfoy, ma che procurò comunque i brividi ad Hermione.

-Ti fa ancora male?- chiese, ancora intento a passare le sue dita gelide sulla di lei cicatrice.

-No.- rispose titubante.

-Invece sì.- constató il serpeverde -Quando ti arrabbi soprattutto.-

-Come... come fai a saperlo?-

-Prima, in biblioteca, quando ti sei arrabbiata massaggiavi l'avambraccio e facevi smorfie di dolore.-

Possibile che lui avesse fatto attenzione a così tante cose in un singolo istante? Che l'avesse osservata così attentamente?

-Che importanza ha? È quello che sono, una sanguesporco.-

·Spazio autrice·
Ok, ora mi odiate lo so.
Spero che la storia vi stia piacendo e, come di consueto, vi ringrazio per i commenti lasciati sotto i precedenti capitoli e vi chiedo di fare lo stesso anche con questo. Sono ben accette anche critiche perché, oltre a divertirmi, il mio obiettivo è migliorare nello scrivere.
Grazie a tutti!

She.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora