My (Third) First Time

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LOUIS

Il mondo non ti cade addosso semplicemente. Segue una tattica tutta sua, studiata negli anni, che gli permette di distruggere noi, più piccoli di lui.

Prima si avvicina con lentezza, incutendo timore. Ti infonde paura, che si trasforma in terrore, man mano che l'attesa aumenta. Ti ritrovi a sospettare di tutti, a non fare nulla per non subire conseguenze, a non vivere. Poi, appena ti abitui a questa condizione di ansia perenne e appiccicosa; nel momento in cui inizi a pensare 'sto, forse, chissà, iniziando a stare decentemente', il mondo decide di farti diventare magicamente un sacco da boxe.

Ti colpisce ripetutamente. Non si sa quanto duri la pausa tra uno shock e l'altro. Alcuni colpi sono pesanti, alcuni al limite della leggerezza, ma tutti ti fanno male.

Il mondo non ti cade addosso una volta e basta. Il mondo ti cade addosso, si rialza e ti colpisce, come se fossi stato tu a cadere su di lui. Si vendica di un male che ti ha imposto lui. E tu non puoi spostarti un po' più in là, perché nonostante ci siano tanti pianeti, esseri viventi di esistenza discutibile, il sistema solare e la galassia, e le stelle, e la luna ed il sole, e tutte quelle cose che ti ritrovi a studiare a scuola, seduto al banco del tuo mondo, dell'aula del tuo mondo, nell'istituto del tuo mondo, della città del tuo mondo e così via, tu, tu appartieni al tuo mondo. E può giocare con te quanto vuole.

L'immagine del suo corpo spiaccicato su di lei mi tormenta. Le sue dita affusolate decorate da quello smalto nero luccicante percorrono avidamente le scapole di lui.

Si stavano toccando come se ne avessero bisogno, come due calamite dai poli opposti. Come... non ha mai fatto con me. Sorrideva, come non ha mai fatto con me.

Scuoto la testa violentemente e guardo il mio muro triste e vuoto. Sul suo colore bianco, proietto l'immagine vista dieci minuti prima. Non mi abbandona.

Lui ha vinto. Si è preso la rivincita. Si è preso lei.

Stringo i pugni così forte che le mie unghie affondano nella carne dei palmi delle mie mani. Il mio piede si alza e si riabbassa.

Guardo a destra, lo specchio sull'armadio, e mi viene in mente lei, il suo corpo nudo, la sua cicatrice, nella mia stanza, un posto dove non voleva stare.

Ora è rimasto il mio riflesso. L'immagine di un ragazzo giovane, ma bruciato dalle sue stesse fissazioni. E mi viene da vomitare, guardandomi, fissando i miei occhi sgranati e arrossati, le mie nocche bianche, il mio piede rimbalzare sul pavimento ed i miei capelli dall'aria sconvolta.

Ha potere su di me. Ed io sono sempre stato convinto del contrario.

Oh, Louis. Le donne non si conquistano con ricatti e quant'altro ed immagino lo sapessi.

Mentre pronuncio queste parole, mi indico nello specchio. Mi alzo in piedi.

Sei sempre stato così bello, Louis, con quei tuoi occhi simili ad una trappola, e con quel tuo modo di fare.

E non sono più io a parlare.

Gemma è davanti a me, mi sta mollando. Si alza gli occhiali da sole sulla testa, che continua a scuotere.

Le chiedo se può smetterla di dire stupidaggini, se può baciarmi. Ma lei continua a dire cose cattive, a sostenere che io non sia capace di amare. Le sue parole mi colpiscono forte e sono tentato di sbattere la testa contro il muro per farle uscire. Sono così aggrappate a me. Ogni lettera mi marchia con il ferro riscaldato in ogni parte del mio corpo, interna o esterna. Brucia.

- Louis, mi dispiace, ma non voglio più, non posso più. Non mi sento amata da te, non...

Le afferro le mani: - Non puoi abbandonarmi, io ho bisogno di te.

AmnesiaWhere stories live. Discover now