Capitolo quattro: numero di telefono?

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Non avevo idea che l'università potesse essere così tragica.

È solo il primo giorno che la frequento e il professore ha già fatto un lungo monologo su Skinner e i suoi esperimenti con la Skinner box, che fantasia!
Ma la cosa scioccante sono gli enormi e costosissimi libri che ci hanno fatto comprare e che probabilmente finirò di studiare fra tre o cinque anni, il tempo che dovrei metterci per laurearmi completamente.
Sto tornando a casa e stranamente oggi c'è il sole, forse perché sa che dovrò rimanere barricata nella mia stanza a studiare tutto il pomeriggio. Ma, pensandoci, non credo che gli darò questa soddisfazione. Ora probabilmente mi avrà sentito e starà parlando con la mia nuvola amica, consigliandole di far piovere solo sopra la mia testa.
Il centro è gremito di gente e soffermandomi ad osservare la diversità delle varie persone che camminano, m'imbatto in un signore, probabilmente sulla cinquantina, anche se pare avere settant'anni, che suona la chitarra nella speranza che qualcuno gli dia un po' di soldi.

È da una vita che non suono niente. Quando avevo otto anni, mia madre m'iscrisse a lezione di pianoforte e presto scoprii anche la mia passione per il canto, ma lasciai tutto quando andai alle superiori. A volte strimpello la chitarra che ho in casa e devo ammettere che cantare un po' mi manca, solo che ora ho altre priorità.
Certo, una performance nel centro di Milano potrebbe essere alquanto divertente. Magari avrei la botta di culo che qualcuno di famoso mi noti e mi regali un contratto, ma poi torno alla realtà, ricordandomi della mia amica sfiga che ha il piacere di accompagnarmi in qualunque occasione.
Ad un tratto, un ragazzo mi scosta bruscamente, passandomi davanti e dando cinque euro al signore che gli sorride calorosamente o almeno quel che può fare con i quattro denti che gli sono rimasti.

«Non pensavo fossi così tirchia. Te ne stai qui a sentire buona musica e non regali niente a questa povera persona», dice Brandon con un tono più di divertimento che di rimprovero.

Faccio finta di non essere troppo sconvolta nel vederlo, ma l'unica cosa che riesco a pensare è "che figo", superficiale, lo so, ma giusto.
«Bah, secondo me se avessi cantato e suonato io non mi avresti regalato un bel niente», faccio spallucce, cercando di ignorare la scarica elettrica provata dal mio corpo al suono della sua voce. Cuore di ghiaccio non abbandonarmi proprio adesso, dopo anni e anni di acidità non vorrai mica scioglierti ora e, soprattutto, con lui.
«Mettimi alla prova», dice sfoggiando quelle fastidiose fossette.
«Cosa vorresti dire?»
«Canta e suona davanti a tutta questa gente. Se trovi il coraggio di farlo, uscirai con me per un gelato, lo stesso che mi hai negato una settimana fa, se non trovi il coraggio uscirai comunque con me per un gelato».
«Che senso ha, cosa ci guadagno?»
«Un buonissimo gelato con me e vedrò anche di offrirtelo. Solo perché oggi mi sento buono», intravedo i suoi occhi sorridere, quasi completamente nascosti dallo stesso cappello che portava la scorsa sera al pub.
«Grazie per risparmiarmi i due euro e cinquanta, ma eviterò una figuraccia e verrò a prendere questo maledetto gelato con te. È come un'interrogazione: prima me la tolgo e meglio sto», rispondo convinta, beccandomi il suo bel sorriso.
Questo ragazzo deve avere per forza qualche difetto, carattere a parte, come ad esempio le dimensioni del suo pipino. Oddio... pipino, a chiamarlo così sembro una suora che non vede un'erezione da quando ha fatto il voto di castità.
Scaccio con la mano quei pensieri, notando successivamente il suo sguardo indagatore su di me.
«A cosa pensi?»
«No, nulla», solo alle dimensioni della tua erezione, penso.
Se solo i maschi sapessero quanto poco fini siamo noi ragazze, probabilmente preferirebbero uscire tra di loro che, al giorno d'oggi, sembrano molto più femminili di noi. Ci sono ragazzi che, credo, abbiano perfino meno peli di me, cosa che invidio parecchio.
Ci incamminiamo verso la gelateria e, mentre lui si becca occhiate di approvazione da ragazze veramente carine, l'unica persona su cui "faccio colpo" io è un uomo di colore che insiste nel regalarmi un braccialetto portafortuna, ma che con me non ha mai funzionato, dicendomi che i miei polsi gli sembrano troppo spogli.
Ci fermiamo davanti ad una vastissima scelta di gelati e, dopo vari tentennamenti su cosa prendere, decido di optare per quello che scelgo da quando avevo cinque anni: bacio e amarena. Io sì che sono una ragazza predisposta al cambiamento.

Quando lui guarda me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora