Capitolo undici: sempre insieme.

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Non vedo né sento Brandon da un giorno e già mi manca. Mi aspetto di continuo che la porta della mia stanza si apra di botto e che lui compaia davanti a me, anche se a volte ho paura che mi becchi nel mio intimo più brutto.

Ripenso incessantemente alla mattina seguente in cui sentivo ancora il suo profumo addosso , percependolo perfino sul mio cuscino quando giravo il volto. Ho pensato fosse buono e in contrasto con il mio: dolce, quasi all'odor di caramella, che mischiato con il suo forma qualcosa di familiare. Lui mi fa sentire a casa. Mi fa sentire nel posto giusto e  mi fa pensare a quanto sia bella la vita. Mi sento come se gli appartenessi da sempre, come se tutte le remote delusioni amorose siano servite a portarmi da lui.

Sento ancora il suo profumo su di me come qualcosa di forte che non ha intenzione di scivolare via dalla mia pelle.

Ora, invece, cerco di capire perché non si sia fatto vivo e comincio a pensare che gli sia successo qualcosa.

«Ludo», sbraito cercando di farmi sentire per non dover alzarmi dal letto.

Lei arriva bella come non mai, in un vestitino nero che mette in mostra le sue curve sexy, i suoi capelli rossi e i suoi tatuaggi.

«Appuntamento galante eh?», le chiedo squadrandola da capo a piedi in modo malizioso, «Con mio cugino, deduco».

«Sì, mi porta a cena fuori. All'inizio stava per darmi buca perché Bradi ha preso la febbre a causa tua e si sente uno straccio», risponde lei cercando di incastrare l'anello al piccolo buco nell'orecchio.

«Brandon ha la febbre?», rimango scioccata, alzandomi di scatto e mettendo la prima cosa che trovo nell'armadio.

Vedo la faccia di Ludovica contrarsi per la disapprovazione del mio look, ovvero tuta e felpa, ma in fondo non devo andare mica a sfilare.

«Dove vive?», chiedo non avendo idea di dove possa trovarsi Bradi.

«Stai scherzando Rachi? Convive con tuo cugino e un altro ragazzo. Sai, per il discorso del calcio...», risponde vagamente.

«No, veramente non lo so», ammetto guardandola in cerca di una spiegazione.

Si sofferma ad alzare solamente le spalle, molto probabilmente perché non ne ha idea nemmeno lei.

Dopo avermi dato la via della "casa" o quel che è, mi avvio con la macchina nelle strade illuminate di Milano. La città è bellissima, ma ammetto che di notte mi fa un po' paura.

Arrivo sana e salva alla porta, per ora, non si sa mai che qualcuno in questo preciso istante mi blocchi la bocca con una mano e mi porti via. Il panico a quel pensiero prende il sopravvento, facendomi guardare intorno come le protagoniste di tutti gli Scary Movie quando stanno per essere uccise.

Non proprio film horror, ma a me fanno cagare addosso comunque.

«Sì?», una voce mi risponde al citofono, probabilmente quella del terzo coinquilino, e quasi mi viene spontaneo dire "sono io".

«Sono Rachele, sono venuta a far visita a Bradi. Apri, prima che qualcuno mi ammazzi in questo preciso istante», dico con una voce stridula.

Per due secondi buoni penso che il tipetto mi abbia lasciata fuori, ma poi risento la sua voce e non faccio fatica a capire che sta cercando di non ridere.

«Ventiduesimo piano», dice, infine, aprendomi il portone all'entrata.

Che è, un grattacielo?

Appena entro, mi trovo davanti ad un problemone: un ascensore che potrebbe portarmi in meno di un minuto a quel piano infinito, ma che potrebbe bloccarsi da un momento all'altro; delle meravigliose scale che mi faranno venire la carne greve l'indomani.

Quando lui guarda me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora