CAPITOLO 2

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                                                                                           GINEVRA

Adoro la mattina svegliarmi con la vista su Central Park, il mio appartamento l'ho acquistato due anni

fa su Upper East Side una zona residenziale dove a portata di mano ho tutto, boutique di alta moda

sulla Madison Avenue dove adoro spendere i miei soldi, vicino ho i musei della Museum Mile dove

qualche sabato trascorro i miei pomeriggi e poi il meraviglioso parco un'oasi di verde dove dimentichi

di essere a Manatthan e godi di buona aria e di famiglie intente a godersi un bel riposo.

Dopo una bella corsa, una doccia rilassante e una buona colazione sono diretta al mio ufficio

consapevole che oggi sara' una giornata lunga e stressante visto le riunioni in programma oggi,

quindi entrero' col sole e usciro' con la luna piena.

Le prime riunioni si conclusero all'ora di pranzo e visto che avevo solo mezz'ora di riposo decisi di

prendere qualcosa nei distributori che ci sono qui in azienda, presi un tramezzino e un caffe' e

mentre ritornavo al mio ufficio notai che il mio piano era completamente deserto, erano tutti fuori a

pranzo. Mentre giravo l'angolo una strana voce maschile m'incuriosi' e la cosa strana era che

provenisse da uno dei ripostigli  cosi' mi diressi in quella direzione; nel momento che stavo per

toccare la maniglia la porta si apri' e due occhi verdi mi trafissero facendomi indietreggiare, cosa

faceva Matt nel ripostiglio? E perché aveva quella voce? Guardandolo mi resi conto che davanti a me

non avevo per niente l'uomo imbranato del giorno prima ma un uomo pieno di sé che io non avevo

mai visto.

<Signorina Ginevra le serviva qualcosa?>

Mi aveva chiamato per nome e perché questo mi fece formicolare il corpo?

<Io...io... scusami Matt pensavo di essere sola, poi ho sentito qualcuno parlare e mi sono incuriosita.>

Matt fece di nuovo quel ghigno che credevo d'essermi immaginata il giorno prima e si avvicino' a me

con modo sicuro e senza rendermene conto mi trovai appoggiata con le spalle al muro con il

tramezzino in una mano e il caffe' nell'altra e il suo viso a pochi centrimeti dal mio e una strana

irrequietezza stava crescendo in me e la cosa assurda era che io non stavo facendo niente per

allontanarlo, cosa cazzo mi stava prendendo? Ci fissammo per un tempo che sembro' infinito e poi le

sue labbra si fermarono vicino al mio orecchio al punto di sentire il suo fiato caldo sul mio viso e il suo

profumo che mi destabilizzo'...era cosi' buono...strinzi il mio tramezzino cosi' forte da romperlo.

<Ginevra....... sai che " la curiosita' uccide il gatto?">

Cosa? Ma che cavolo voleva dire? Questo di fronte a me non era Matt, chi era allora?

<Matt cosa stai facendo? E cosa vuol dire quello che mi hai detto?>

Lo vidi indietreggiare e senza togliermi gli occhi di dosso mi rispose.

<Hai sentito qualcosa della mia conversazione?>

Ora il suo tono era freddo e mi stava facendo paura, cosa dovevo sentire? E perché lo preoccupa cosi'

tanto?

< Non ho sentito niente, non sono affari miei i tuoi dialoghi.>

<Allora perché eri dietro la porta?>

<Al diavolo  te l'ho spiegato! Matt ma cosa c'e'? Ti e' successo qualcosa? Sei strano oggi!>

Tutte quelle domande sembrarono scuoterlo da quell'aria minacciosa e alla fine mi ritrovai di nuovo

il Matt bravo ragazzo.

<Scusami Ginevra ho avuto una mattinata pesante e la banca non smette  di chiamarmi e questo mi

ha mandato fuori di testa.>

Perché non gli credevo e avevo il sospetto che mi nascondesse qualcosa? E perché m'interessava

saperlo? Poi un pensiero mi baleno' per la testa.

<Matt da quando mi dai del tu?>

<Tu me lo dai perché non dovrei io?>

<Touche'.. ora scusami ho una riunione e mi aspettano.>

Mi lascio' passare e mentre mi allontanavo sentivo i suoi occhi su di me e chissa' il perché non vedevo

l'ora di chiudermi nel mio ufficio.

Il pomeriggio trascorse tra una riunione e l'altra e solo quando senti' il mio stomaco brontolare e la

mia testa pulsare mi fermai, erano le otto di sera e in ufficio non c'era piu' nessuno e cosi' decisi di

tornarmene a casa presi la mia giacca e la mia ventiquattro ore e mi diressi all'ascensore che mi

porto' direttamente nei sotterranei dove la mia macchina era l'unica rimasta e mentre stavo per

aprire lo sportello uno strano verso mi mise in allarme, sapevo che dovevo salire in auto mettere in

moto e andarmene ma un secondo verso ancora piu' forte mi blocco', forse qualcuno si sentiva male

e aveva bisogno d'aiuto con quel pensiero chiusi lo sportello e andai verso quei versi senza rendermi

conto che quell'iniziativa sarebbe stata l'inizio della mia fine.......


CUORI DANNATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora