CAPITOLO 20

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                                                                                              GINEVRA

Quando apri' gli occhi intorno a me c'era tanta luce e per un attimo pensai di essere in paradiso ma

poi la mia mente ricordo' tutto, le frustate, Micael, l'uomo ucciso addosso a me e poi un dolore al

petto mi ricordo' cio' che avevo fatto... avevo sparato all'uomo che amavo! Le mie guance si

bagnarono di lacrime amare, di sofferenza, di rabbia, di tristezza ,di dolore e di un rimorso che mi

avrebbe perseguitato per il resto della mia vita, non c'era liberta' che potesse colmare il vuoto che

sentivo nel mio petto, avevo ucciso un uomo e no uno qualsiasi ma colui che mi aveva privato della

mia vita, quella stessa che voleva togliermi. Se non mi fossi difesa sarei stata io la vittima, ricordo la

sua espressione, il suo odio mentre teneva puntata la pistola su di me e quei meravigliosi occhi verdi

che mi fissavano prima di chiudersi, se non avessi sparato io per prima stavolta ero sicura che mi

avrebbe ucciso, ma allora perché pur sapendo che la mia e' stata legittima difesa mi sento questo

magone al cuore?

Con una smorfia di dolore mi alzai dal letto e mi guardai intorno, ero in una bella stanza, addosso

avevo una camicia da notte e non avevo la piu' pallida idea di dove fossi ne chi mi avesse portato li',

cercai il bagno e quando lo trovai mi lavai il viso e mi guardai allo specchio, avevo delle occhiaie

profonde e un taglio sulla guancia sinistra, quel mostro mi aveva lasciato un ricordo dubito che la

cicatrice sarebbe scomparsa, girai su me stessa tolsi la camicia e guardai le mie spalle ma non riusci'

a vedere niente visto che erano state fasciate, qualcuno si era preso cura di me.... ma chi? Indossai la

camicia e ritornai in camera e mentre stavo per sdraiarmi la porta si apri' e una donna entro'. Era

molto bella poteva avere la mia stessa eta' un bel fisico e un viso dolce.

<Ti sei svegliata? Come ti senti'?>

Non sapevo se potevo fidarmi di lei ma se la cura delle mie ferita era opera sua gli dovevo un po' di

riconoscenza.

<Ho un po' di male alla schiena.>

<Quando ieri sera ti hanno portato qui eri in condizioni pessime, ti ho disinfettato quelle brutte ferite

alla schiena e ricoperte con della crema antibiotica mi auguro che non rimangano i segni come

succedera' nel tuo viso.>

D'istinto mi accarezzai il brutto taglio alla guancia <Grazie> volevo sapere di piu' < dove sono?>

<Al momento non conta spere dove sei cerca di riposare ancora un po' e stasera avrai le risposte alle

tue domande, ora ti lascio se hai bisogno di me basta che mi chiami... perdonami non mi sono

nemmeno presentata, sono Beth.>

<Grazie Beth di tutto e non c'e' bisogno che mi presenti di sicuro saprai gia' come mi chiamo.>

Annui' e se ne ando' ed io mi riaddormentai.

Quando mi svegia la stanza era avvolta nel buio chissa' da quanto tempo dormivo, il mio corpo non

riposava cosi' bene dal giorno del mio rapimento e un sorriso mi sfioro' il viso ma si spense subito

quando le immagini di Matt che cadeva a terra guardandomi negli occhi non mi si paro' nella mia

mente e il magone al petto si ripresento'.... nonostante tutto l'amavo ancora. Mi misi a sedere e accesi

 la luce accanto a me mi alzai e andai in bagno dandomi una rinfrescata e quando usci' trovai Beth ad

 aspettarmi, come sapeva che mi ero svegliata?

<Ti trovo meglio > sorrisi <ti ho portato dei vestitti e appena sarai pronta ti accompagno giu' per

cena.>

<Chi mi aspetta?>

<Prima ti sbrighi prima lo scoprirai, ti aspetto fuori.>

Se ne ando' ed io mi vesti', cosa dovevo aspettarmi ora? Chi abitava in questa casa? Raccolsi i capelli

 in una coda e raggiunsi Beth. Percorremmo un corridoio dove alle pareti c'erano dei bellissimi quadri

 e quando scendemmo le scale mi ritrovai  in un grande atrio arredato solo da qualche mobile

antico e da un gande specchio al muro, la stanza aveva in entrambi i lati due ingressi e noi

prendemmo quello di sinistra e mi ritrovai in una grande sala dove c''era un grande camino in

pietra e di fronte ad esso due divani e immaginai come fosse bello trascorrere le serate d'inverno

appoggiati su quel divano con il calore del fuoco, al centro della sala c'era un lungo tavolo con le

sedie e in quel momento era apparecchiato da re e un uomo era seduto dandomi le spalle, alla mia

destra una grande finestra faceva filtrare l'aria fresca della sera. Non riuscivo a vedere in faccia

l'uomo seduto e iniziai a pensare cosa volesse da me, mi avrebbe liberata o fatta prigioniera?

Immersa nei miei pensieri non mi accorsi che Beth era andata via e la voce dell'uomo  che conoscevo

mi allarmo'.

<Non stare ferma davanti la porta, accomodati e cena con me.>

Micael! L'uomo seduto al tavolo e' il socio di Matt, voleva vendicarsi perché l'avevo ucciso? Era un

psicopatico anche lui, mi aveva violentato davanti a tutti quella sera da Matt e ricordo ancora le sue

viscide mani, le mie gambe si mossero da sole e arrivata al tavolo mi sedetti di fronte a lui. Era vestito

 in modo casual e nel suo viso non vvi era nessuna traccia di malvagita', se non sapessi delle crudelta'

 di cui e' capace direi che fosse un uommo normale. Intorno a noi calo' il silenzio ed io non avevo

nessuna voglia di iniziare una conversazione, fu lui a romperlo.

CUORI DANNATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora