Un dolce ondeggiare
Il sole sulla pelle
Occhi socchiusiSi destò da quel leggero dormiveglia non appena riprese coscienza di sé.
Fece mente locale.
Era stata rapita, ora si trovava nella sua stanza, su una nave di legno.
Cazzo.
Si alzò delicatamente, la testa le girava, perché le girava?
Oddio.
La sera prima.
Aveva bevuto per rilassarsi, non avrebbe dovuto.
Ora era giorno, la luce filtrava dalla finestra e la nave ondeggiava più del solito.
Addosso aveva ancora il vestito bianco ormai sgualcito.
I suoi ricordi si fermavano a lei che ballava nella stanza e a quegli occhi gialli che le scaldavano la pelle.
Riusciva a ricordarsi la sua sensazione di libertà, di felicità in quel momento.
Si ricordava di come Silas la guardasse attento e di come questo la facesse sentire..
Represse subito il ricordo delle sue sensazioni e
tremó al pensiero di cosa fosse successo dopo.
Non riusciva a ricordare,la testa le faceva male.
Notó sul comodino un bicchiere di cristallo colmo d'acqua e tre fette di pane.
Non era la prima volta che si trovava ad affrontare un dopo sbornia e sapeva esattamente cosa fare.
Butto giù l'acqua e divorò a fatica il pane.
Camminò un po' per la stanza, usò il vaso da notte e si rimise sul letto.
Dormì ancora un po'.
Quando si risvegliò stava molto meglio anche se la testa le girava ancora un po' non aveva più la nausea.
Si sedette sul letto.
Doveva capire cosa fosse capitato la scorsa notte.
Che stupida che era stata!
Iniziò a prendere a pugni un cuscino per il nervoso per poi strapparsi il vestito di dosso e dirigersi verso l'armadio.
Estrasse un vestito rosso semi trasparente, a maniche lunghe e molto largo. Più che un vestito sembrava una camicia da notte.
Era molto comodo.
I capelli le cadevano mossi e scompigliati lungo le spalle e odoravano di sale marino.
Era stufa, voleva risposte.
Era tutto così assurdo.Aprì lentamente la porta.
Il corridoio era deserto, via libera.
Si diresse leggera verso le scale e in pochi minuti arrivò alla botola.
La aprì leggermente e osservó il ponte.
Il sole era coperto da nuvole e decine di uomini correvano urlando da una parte all'altra della nave.
Spalancò la botola e fu fuori.
-Ciao bambolina.
Un uomo vecchio e sporco le fece l'occhiolino.
-Mastro, si è svegliata!
Urlò un'altro.
Tutti la guardavano non curanti, intenti a tirare corde e legarne altre.
Perché erano tutti così indaffarati?
-Miss Wendy!
Mastro la salutò con un piccolo inchino.
-Ben svegliata.
-Grazie.
Ricambiò l'inchino cortese.
-Cosa sta succedendo?
-Stiamo partendo Miss.
Si ricordò immediatamente cosa le aveva detto Silas la sera prima.
-Avviso il capitano che siete sveglia.
Annunciò per poi sparire salendo le scale che portavano alla cabina di navigazione.
Un brivido le percorse la schiena.Iniziò a camminare sul ponte in maniera elegante e composta mentre gli uomini intorno a lei davano prova della loro forza.
Arrivò fino alla ringhiera per osservare la spiaggia bianca e gli alberi alti per l'ultima volta.
Il mare era increspato e cupo.
Il vento leggero le scuoteva i lunghi capelli rossi e le ghiacciava il viso.
-Catrinne.
Sentì una mano calda appoggiarsi sulla schiena e si voltò di colpo.
-Silas.
Mormorò con un filo di voce.
-Ti senti meglio?
-Mi..mi sento bene perché?
Chiese agitata.
-Ieri sera. Sei praticamente svenuta mentre ballavi.
Grazie a Dio, non era successo niente.
-Non dev'essere stata una bella visione.
Scherzò sollevata ma al contempo imbarazzata per la figuraccia.
-Perché? Hai una certa classe quando svieni.
Risero entrambi poi lei guardò il mare facendosi di colpo fredda come il ghiaccio.
-Non mi sembra il giorno migliore per navigare.
Il cielo era grigio e il mare ringhiava.
-Non lo è.
Si fece serio anche lui.
-Ci beccheremo sicuramente una tempesta.
Lei lo guardò sbalordita.
-E la cosa non ti tocca?
Silas la guardò divertito
-Non è la prima tempesta che affronto, ragazzina.
Sussurrò quell'ultima parola avvicinandosi a lei.
Quante poteva averne affrontare? Aveva si e no diciott'anni.
Lei staccó a fatica i suoi occhi da quelli gialli e profondi di lui per ripuntarli sul mare agitato.
-Non potremmo aspettare domani?
Cercò di posticipare la partenza, non sarebbe potuta scappare quando sarebbero stati in mezzo al mare.
-Non ti facevo così paurosa.
Un ghigno divertito gli scavò il volto, sapeva che quell'affermazione l'avrebbe fatta arrabbiare.
-Siete tutte uguali, voi donne.
La schernì con un veloce gesto della mano.
Stava scherzando? Ora sì che era furiosa.
-Se ho paura è perché ho un cervello e non voglio sprofondare in queste acque maledette con una setta di pazzi che va in giro vestita come se fossimo nel 1800!
Lui scoppió a ridere.
-Perché è questo che siete no? Una setta, dei fan accaniti di "pirati dei Caraibi" magari. Beh non mi interessa chi cazzo siete, dovete lasciarmi stare o quando la polizia mi troverà vi farò finire tutti sulla sedia elettrica!
Gli ringhiò contro furiosa.
Le sue minacce facevano pena e se ne rendeva conto.
-La sedia elettrica?
Le rise in faccia.
-Non ti troveranno mai, non l'hai ancora capito? Non possono trovarti, nessuno può.
-Tu sei pazzo.
Uno schiaffo le colpì il volto.
Chiuse gli occhi per non fare uscire le lacrime e quando li riaprì lui era ormai lontano.
Si sentiva così umiliata, aveva solo voglia di piangere e urlare, strapparsi la pelle di dosso.
Invece restó ferma, immobile, rivolta verso la spiaggia che si allontanava sempre di più.-Tenete.
Un ragazzino alto, magro e vestito in modo dimesso le porse una sigaretta lunga e lei l'afferró senza fiatare.
Gliela accese tra le labbra con un fiammifero.
-Non disperate mi lady, non vi troverete così male con noi.
-Chi siete voi?
Catrinne era spiazzata dalla sua gentilezza.
-Scusi, che sbadato.
Si pulì la mano sudicia sui vestiti e gliela porse.
-Jeremy, uno dei mozzi.
-Piacere, io sono Catrinne.
Fumarono insieme guardando la spiaggia ormai lontana.
-Che isola è quella?
Domandò sperando di ottenere risposte.
-È una delle isole sorelle.
-In che senso sorelle?
Lui la guardò stralunato, come se fosse la domanda più stupida del mondo.
-Quelle intorno all'Isola.
-Che Isola?
-Neverland ovviamente.
Ridacchiò lui.
Ma erano tutti pazzi?
-Non conosco quest'isola.
Certo conosceva quella del racconto di Peter Pan ma non aveva mai sentito di un'isola nel mondo con quel nome.
-Certo che non la conosci, la fuori nessuno la conosce.
Cosa intendeva con la fuori?
-Di dove sei?
Le chiese curioso accendendosi un'altra sigaretta e porgendone una nuova a lei.
-Londra.
Rispose Catrinne sconcertata da quella conversazione.
Gli occhi del ragazzo si illuminarono.
-Anch'io ero di lì.
Sembrava assorto in chissà quale lontano ricordo.
-E perché sei venuto qui?
-Sono stato scelto... Proprio come te.
Le toccó la punta del naso con un dito sorridendo.
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Neverland
RomanceIl destino esiste ma non è per tutti. C'è chi nasce libero, libero di compiere le proprie scelte, di vivere la propria vita. C'è poi chi nasce con il futuro inciso nelle vene, il destino che scorre nel sangue. Queste persone non hanno scelta, incate...