Ormai era sera inoltrata.
Gli uomini erano andati a cena ormai da tempo e l'aria fredda bruciava la pelle della povera ragazza legata.
I vestiti e i capelli si erano ormai asciugati, la corda le scorticava la pelle.
Non aveva più la forza di lottare, con la corda così stretta riusciva a malapena a respirare.
Le stelle brillavano alte nel cielo e Catrinne non poteva fare a meno di chiedersi dove fosse.
Dalla sua permanenza lì non era passato neanche un aereo o un elicottero di ricerca.
Perché non l'avevano ancora trovata?
Era così frustrata, la sua vita era mutata in così poco tempo, lei era cambiata.
Ora il mondo non le sembrava più un posto limitato e stretto, ora era quasi infinito, misterioso e completamente inesplorato.-Miss Wendy.
Mastro spuntò da dietro di lei.
-Andiamo.
La slegò lasciandole legate solo le mani e la trascinò dentro la neve.
Lei camminava rassegnata, scese le le scale che portavano alla sua stanza e vi si diresse lentamente.
-Non li.
Ovviamente.
Scesero altre scale, quelle che pirtavano verso il buio.
Passarono per la stanza comune dove dormivano i marinai, dalla stiva piena di animali e scatoloni, per poi ritrovarsi in una stanza angusta e ottagonale, ogni parete dava su una cella con sbarre di legno massiccio e rozzo.
-Ora sarete una comune prigioniera.
Spiegò Mastro aprendone una.
La ragazza ci sgattaioló dentro.
Non le importava più di niente ormai.
Era in trappola e non voleva peggiorare ulteriormente la sua condizione.
Dopo aver chiuso la porta con un catenaccio, Mastro se ne andò.
La giovane ragazza, seduta su della paglia sporca, analizzò la stanza al di fuori della cella.
Delle candele illuminavano l'ambiente tetro e incrostato di sporcizia ed era presente solo una piccola finestra sbarrata.
Si accorse di non essere sola.
Due occhi grandi e neri la stavano squadrando.
Sussultò.
-Salve.
Provó ad attaccare bottone la ragazza.
Il ragazzo più piccolo e minuto che avesse mai visto era seduto nella cella accanto alla sua, attaccato alla parete, come da un'edera che gli ricopriva il corpo, lasciando scoperta solo la faccia.
Aveva capelli corti e neri, una pelle bianchissima piena di lentiggini e due occhi neri sproporzionatamente enormi.
Non sembrava umano, doveva essere malformato.
Il ragazzino sembró come risvegliarsi da un lungo sogno.
-S..salve.
Rispose confuso restando immobile.
-Mi chiamo Catrinne.
La ragazza provó a presentarsi.
-Tu come ti chiami?
Insistette non ricevendo risposta.
-J... J... Jekie.
Si presentò con la voce che gli si spezzava.
-Cos'hai fatto per finire qui?
-Io non lo so!
Il ragazzo si mise ad urlare tutto d'un tratto, come impossessato.
Tremava ed emetteva rumori strani, animaleschi.
Iniziò a tremare morbosamente.
-Va bene, va bene.
Catrinne cercò di calmarlo.
Era visibilmente pazzo ma voleva ricavare informazioni da quella specie di essere umano.
-La nave!
Urlava poi.
-Ehi calmati.
Provó a incoraggiarlo calmamente e sembró funzionare.
-Da dove vieni Jekie?
Non rispose.
Basta non c'era niente da fare, non riuscivano a comunicare. Ma poi perché era imprigionato dietro una pianta?
Le ore passarono e dopo poco il ragazzino chiuse gli occhi immergendosi probabilmente in un sonno profondo.
Catrinne non si riusciva a spiegare il comportamento di quello strano ragazzino deforme.
Era assurdo, tutta quella situazione era assurda ma ormai si era abituata.
Si era abituata di essere stata rapita, si era abituata di essere su una nave chissà dove, con un'intera comunità di persone che pensano di vivere nel 1800, di cui tutta l'umanità ignora l'esistenza.
È ora questo ragazzino strano.
Ormai non sapeva più cosa aspettarsi.
Aveva terribilmente fame.
Fuori dalla piccola finestrina lontana riusciva a intravedere il volto nero della notte.
Poco a poco, si addormentò sulla paglia ruvida.-Sveglia bambolina!
La voce dell'uomo con la cicatrice la fece sussultare.
Sgattaioló sul fondo della cella, l'uomo in piedi davanti a lei, le aveva spalancato la porta.
- Inizi a lavorare.
Il suo tono era cattivo e divertito.
La ragazza si alzò timorosa e si diresse verso l'uscita sgattaiolando nel poco spazio davanti all'uomo più in fretta che poteva.
Camminarono lungo il corridoio e, sulle scale, l'uomo provó ad alzarle la gonna, ormai corta e rovinata.
-Lasciami subito!
Ringhiò la ragazza spaventata, ma l'uomo sembró solo divertirsi di più.
-Fa come dice.
L'uomo col pappagallo li osservava dall'alto della scale.
Il molestatore digrignò i denti e spinse la ragazza su per le scale.
Catrinne fu così grata a quell'uomo.
Arrivati sul ponte,le diede un mocio e un secchio in mano con non curanza e le ordinò di pulire.
La ragazza ringhiò e si mise svogliatamente a pulire quel pavimento lercio e maleodorante.
A pranzo le fu dato un misero pasto e un'ora di pausa che impiegò per leggere il libro dei miti.
Di pomeriggio le fu ordinato di lavare i vestiti dei marinai.
Così passò ore con le mani nell'acqua, a lavare quei vestiti sporchi e schifosi.
Non aveva mai neanche fatto la lavatrice, o alzato un dito per pulire il suo piccolo appartamento di periferia, e ora si ritrovava a dover servire e riverire un'intera nave colma di marinai sgarbati e rozzi, che facevano battute maliziose a non finire, che le sfioravano i capelli e le afferravano il vestito quando passava, e che la trattavano come una schiava.
Se si rifiutava veniva ricondotta immediatamente in cella, e preferiva stare all'aperto e lavorare, piuttosto che marcire in quella gabbia.
Non c'era neanche la compagnia di Jeremy ad alleviare le sue pene, egli era infatti stato nominato sentinella e trascorreva tutto il giorno su una balaustra al di sopra delle vele, a scrutare l'orizzonte.
Ogni sera veniva riportata nella sua cella, dove provava a interagire con la creatura ma senza troppi successi.
Lei era sempre lì, dietro la pianta, immobile.
La sottomissione della ragazza durò due settimane, due settimane passate costantemente in mare a seguire chissà quale rotta, poi la sua pazienza giunse al termine.
-Esigo di vedere il capitano.
Ringhiò una mattina a Mastro.
La ragazza vedeva raramente il Capitanno , solo per qualche istante e ogni volta egli la ignorava, preoccupandosi soltanto di dare ordini alla ciurma o parlare con il primo ufficiale, Mastro.
-Il capitano è molto impegnato.
-Ma fammi il piacere!
Era esasperata è infuriata.
Non avrebbe ascoltato le canzoni di quegli odioti ubriaconi un giorno di più.
Ci aveva pensato a lungo, si sarebbe fatta uccidere o torturare piuttosto che continuare a tenere il capo basso davanti a loro.
- Scusatemi?
-Avete capito benissimo, portatemi dal capitano, ora.
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Neverland
RomanceIl destino esiste ma non è per tutti. C'è chi nasce libero, libero di compiere le proprie scelte, di vivere la propria vita. C'è poi chi nasce con il futuro inciso nelle vene, il destino che scorre nel sangue. Queste persone non hanno scelta, incate...