-Anche tu sei un prigioniero?
Domandò Catrinne incuriosita dalle sue parole.
Il ragazzo si mise a ridere
-Certo che no!
-E allora perché sei qui?
Chiese nuovamente affamata di risposte.
-Il capitano mi ha portato qui. Come a tutti gli altri.
Si girò facendo cenno alle decine di uomini che lavoravano sul ponte.
-Ma ti paga? Ti ha tipo assunto?
Rise ancora
-Mi da del cibo caldo in tavola è un tetto sotto cui dormire; a me va bene così.
La ragazza dai capelli rossi era visibilmente sbalordita.
Che tipo di accordo avevano?
-Sei disposto a vivere in questo covo di pazzi per un po' di pane e un alloggio su una nave di legno?
-Non sono pazzi, è la mia famiglia.
Si sporse dalla ringhiera guardando il solco che la barca produceva nel mare.
Catrinne riuscì a intravedere un lampo di malinconia segnargli il viso.
-L'unica che abbia mai avuto.
Catrinne si intristì per lui. Lo capiva, lei aveva una famiglia ma non ci era mai andata d'accordo.
Era sempre stata disprezzata e maltrattata dai suoi genitori che tra l'altro ultimamente aveva scoperto essere solo adottivi.
Sapeva cosa significasse sentirsi soli al mondo, non appartenenti a nessuno.
Appoggiò delicatamente la mano bianca su quella abbronzata di lui.
Il ragazzo sorrise dolce e lei ritiró la mano imbarazzata.
-Sai, se tu mi aiutassi a tornare a casa potrei darti molti soldi.
Cercò di far convergere il discorso a proprio vantaggio.
Lui sorrise
-Non ho bisogno di soldi e comunque non potrei mai aiutarti.
-Perché?
-Non è così semplice andare via da qui.
Disse calmo guardando il mare.
In effetti eravamo in mezzo al mare.
L'isola era ormai scomparsa e stava calando il buio.
-Ragazzo, non sei qui per parlare con le belle fanciulle.
Un uomo alto e grosso spuntò dietro i due ragazzi.
Jeremy sussultò.
-Si signore vado subito!
Porse un sorriso frettoloso alla ragazza e corse via.
L'uomo la scrutò attentamente.
Era alto, muscoloso con una pelle estremamente chiara.
La sua testa era calva ma aveva una barba piuttosto lunga e incolta bianca.
I suoi vestiti strappati e sporchi, che sembravano anch'essi provenire da un'altra epoca. In vita aveva una cintura nera in pelle con attaccata una sciabola scintillante.
Sulla sua spalla, un pappagallo colorato fissava
la ragazza.
L'uomo la guardava con un'espressione ostile e terrificante.
Catrinne riuscì a percepire la sua pelle incresparsi e i suoi peli rizzarsi, scossi dall'intensità di uno sguardo così truce.
-A lavorare!
La voce stridula del pappagallo fece sussultare la giovane.
Distolse gli occhi da quelli dell'uomo e si diresse velocemente verso la sua stanza decisa a rintanarsi lì.
Si sdraiò sul letto e sprofondó in un sonno profondo e inaspettato, come svenuta.Un forte rumore la svegliò di soprassalto.
La nave ondeggiava fortemente e fuori dalla finestra era buio pesto.
Le onde che si scagliavano contro la barca e le urla degli uomini riempivano il vento.
Cosa stava succedendo?
Uscì velocemente dalla stanza, il corridoio deserto.
Le assi scricchiolavano all'unisono e il pavimento tremava.
La giovane ragazza si precipitò di corsa sul ponte.
Era notte, gli uomini correvano urlando da tutte le parti, il cielo rimbombava, l'acqua cadeva dal cielo e le onde arrivavano fino al ponte inzuppandolo.
La barca ondeggiava così tanto che si faceva fatica a restare in piedi.
Silas correva da una parte all'altra del ponte, bagnato fradicio, urlando ordini.
-Si capitano!
Urlavano i marinai all'unisono.
La figura sottile della ragazzina sfilò tra quel caos lentamente e terrorizzata.
I suoi capelli e le sue vesti rosse divennero pesanti, appesantite dalla pioggia gelida che le rigava il volto.
L'acqua salata le arrivava fin sopra alle caviglie.
-Wendy! Cosa ci fate qui?!
Mastro le afferrò il braccio.
-Venite con me!
La strattonò al chiuso, senza lasciarle scelta.
-Cosa pensavate di fare?! Si può sapere?!
Mastro era agitato, fuori di se.
-C-cosa succede?
Chiese tremolante, anche se sapeva benissimo cosa stava succedendo.
-Una tempesta milady.
Iniziò a camminare avanti e indietro nervoso, sgocciolando sul pavimento asciutto.
-E come facciamo?
Catrinne era terrorizzata, non si era mai trovata in una situazione del genere.
-Stia tranquilla Miss, tra poco finirà.
Tentò di rassicurarla ma lei non ci credette molto.
Restó immobile e tremolante, lo sguardo perso nel vuoto.
-Vada nella sua stanza e si asciughi, non vorrà mica prendersi un malanno!
La spinse verso la stanza e la chiuse dentro a chiave.
No!
Catrinne iniziò a battere sulla porta urlando.
Se la nave fosse affondata lei sarebbe affondata con essa.
Colpì la porta così forte e così a lungo da riempirsi le mani e le gambe di lividi e graffi.
Il panico aveva preso possesso di lei.
Dopo circa un'ora di urla e calci contro il legno serrato, si accasciò a terra sfinita.
Stette li, rannicchiata, in silenzio.
Tremava dal freddo ma non si alzava a cambiarsi.
Sentiva tutto, i tuoni nel cielo, le urla degli uomini, le onde del mare, è ben presto tutta questa confusione divenne melodia.
L'oscillare irrequieto della nave divenne una culla e i rumori strazianti, una ninna nanna.Una mano calda le accarezzò il viso.
Aprì dolcemente gli occhi, il sole le scaldava la pelle.
Due occhi gialli si persero immediatamente nei suoi.
Silas la stava osservando.
Immediatamente ricordó e fece per alzarsi dal letto.
-Ehi calma.
Silas la respinse delicatamente sul materasso.
-Dove sono? Che succede?
Domandò agitata.
Nella stanza solo il capitano, la porta chiusa, il sole che filtrava dalla finestra.
-Sei nella tua stanza.
Il ragazzo cercò di calmarla.
-Ieri sera sei svenuta a terra.
Il rumore assordante delle onde le ritornò in mente.
Notó che era vestita diversamente. Al posto del vestito rosso, una camicia da notte celeste.
Arrossì forse per la prima volta nella sua vita.
Silas lo notò.
-Ho dovuto cambiarti... Eri fradicia.
Spiegò anche lui visibilmente imbarazzato.
La ragazza chiuse gli occhi per la vergogna poi cercò di cambiare argomento.
-La tempesta..
-É finita, non ti preoccupare.
-Siamo arrivati?
Domandò speranzosa e lui fece una smorfia di nervoso alzandosi dal letto.
-Non ancora.
Si avvicinò poi nuovamente a lei con un piatto di minestra.
-Se avessi mangiato regolarmente non saresti svenuta.
Si risedette sul letto appoggiandole la pietanza sul ventre.
Lei si tirò un po' su e afferrò il cucchiaio.
-Scusa papà.
Si infilò una cucchiaiata in bocca.
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Neverland
RomanceIl destino esiste ma non è per tutti. C'è chi nasce libero, libero di compiere le proprie scelte, di vivere la propria vita. C'è poi chi nasce con il futuro inciso nelle vene, il destino che scorre nel sangue. Queste persone non hanno scelta, incate...