25.

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-Smettetela di prendervi gioco di me, vi prego.
Piagnucolò la ragazza.
-Oh miss Wendy, le assicuro che nessuno si sta prendendo gioco di voi.
Rispose Jakar con un grosso sorriso sulle labbra, come estraneo alla preoccupazione dei compagni, come superiore a tutto.
Ancora una volta Catrinne si trovava confusa e sconcertata.
Non era certo una novità, le sembrò addirittura normale.
-Cari compagni...
Il capitano interruppe il silenzio.

-È da sempre risaputo che le donne sono la rovina degli uomini e questo non cambierà di certo domani, quando arriveremo allo stretto.
Ma...
Io sono il Capitano Silas, ho affrontato guerre e rivoluzioni, non mi sono arreso neanche quando tutto, persino il mare, persino la terra sotto i miei piedi, si rivoltava contro di me. Una nobile stirpe un tempo governava questo luogo sacro e vi assicuro, avete la mia parola, che niente, neanche un mucchio di donne fameliche, mi impedirà di far riprendere alla mia famiglia il posto che le spetta.

F... Famiglia? Ma cosa?
La sua famiglia governava quel posto?
Cos'era? Una specie di principe spodestato?
Ma poi principe di cosa? Catrinne non aveva mai sentito quella storia, mentre guardava il Tg.
Dire che era sbalordita sarebbe un eufemismo.
Doveva essere pazzo davvero quel ragazzo!
-E ora correte a lavorare!
-Signor Si Capitano!
Urlarono in coro i marinai dirigendosi ai posti di lavoro.

La nave sfrecciava veloce sull'acqua, Catrinne era seduta su una cassa sul ponte, indecisa sul da farsi.
Ripeteva tutto ciò che aveva udito a memoria, cercando di fare ordine, di mettere insieme i pezzi.
Erano successe cose assurde da quando era lì, l'isola delle Afroditi, Madelinne che le appare in sogno, un'intero villaggio con persone vestite in modo ottocentesco, era forse tornata indietro nel tempo?
Non riusciva proprio a capire.
Non poteva scappare.
Sperava solo in un aereo, in una nave normale che passasse di lì.
A quel punto avrebbe gridato, si sarebbe fatta vedere, e avrebbero chiamato la polizia.
Cosa avrebbe raccontato quando l'avrebbero intervistata al Tg? Nessuno le avrebbe creduto.
Insomma, chi c'è ancora che crede nelle fate e nelle sirene?

Erano passate due ore e il capitano non era ancora uscito dalla sua cabina.
La ragazza si fece coraggio e decise di andare a chiedergli spiegazioni riguardo ciò che aveva detto a pranzo.
In poco tempo si trovò davanti alla grossa porta in legno massello.
Alzò incerta un pugno che poi scagliò con decisione sulla porta.
Nessuno rispose e quando riprovò la porta si schiuse leggermente.
Sbirciò dentro. Era vuota. Entró.
Richiuse silenziosamente la porta alle sue spalle. Il tappeto persiano riscaldato dal sole, le conferiva un piacevole calore sotto i piedi scalzi.
La luce filtrava chiara dalla finestra, il letto era fatto. Tutto era perfettamente in ordine.
Accarezzò delicatamente il velluto rosso della coperta, poi sobbalzò.
-Silas!
Il capitano era appoggiato a braccia incrociate sull'uscio della stanzina della vasca da bagno.
I rivoli d'acqua colavano delicati sulla sua pelle nuda, fermandosi di tanto in tanto incontrando le rientranze dei muscoli, andando ad asciugarsi quando incontravano il bianco del candido asciugamano che aveva avvolto in vita.
Gli occhi chiari sembravano stelle, in contrasto con i capelli bagnati e spettinati color notte.
Dio quanto era bello!
-Se volevate unirvi a me bastava chiedere.
Sorrise avvicinandosi alla ragazza.
Catrinne era così incantata dal suo aspetto che si accorse solo dopo un bel po' che il suo tatuaggio era scoperto.
Appena lo notò lui se lo coprì con la mano.
Fece in tempo solo a vedere che era come un'elaborata striscia che gli avvolgeva tutto il braccio.
-Voltatevi.
Sibilò il ragazzo minaccioso e lei non osò disobbedire.
Quando lui le afferrò un braccio e lei si girò , indossava una camicia sgualcita bianca e i soliti pantaloni beige.
-Che cosa volete?
Domandò scocciato.
Il fatto che lei gli avesse guardato il tatuaggio l'aveva innervosito.
-Io... Volevo avere informazioni su ciò che è avvenuto oggi.
-Cosa precisamente?
Mormorò mentre si strapazzava i capelli con l'asciugamano nel tentativo di asciugarli.

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